The Club: Bola Padel Roma
MENTAL TENNIS

La sensazione di inferiorità

Capita spesso di scendere in campo contro un avversario nettamente superiore. E allora subentra profonda frustrazione, il timore che non ci sia partita. Ecco alcuni consigli su come affrontare queste situazioni. E ricordiamoci che la vittoria non è importante quanto la crescita.

Gabriele Brambilla
4 giugno 2021

"Non ci sarà partita!" oppure "Non mi conviene neanche entrare in campo!" oppure ancora "Questo gioca un altro sport!". Sono alcune delle frasi più utilizzate quando da giocatori (ma anche da tifosi) si avverte la sensazione di essere nettamente inferiori al proprio avversario. Partirei dall'analisi letterale, innanzitutto. Perché non ci dovrebbe essere partita? Anche un secco 6-0 6-0 comporta una partita. Perché non dovrebbe convenire neanche entrare in campo? Convenire da che punto di vista? Se voglio anche solo divertirmi, mi potrebbe convenire, al di là di ogni esito riguardo al risultato. Perché quell'altro dovrebbe giocare un altro sport? Gioca pur sempre a tennis. Semplicemente è molto bravo a giocare a tennis. Lo so. Mi è chiaro che tali frasi sono volutamente esasperate per esprimere un'abissale differenza di percorso tennistico tra due rivali. Tuttavia, come sempre invito a fare, occhio e (soprattutto orecchio) alle frasi viscerali, quelle dette di pancia.

Perché possono innanzitutto influenzarci, anche letteralmente, così da non invogliarci a mettere alcuna energia, alcuno sforzo, al fine di migliorare la nostra prestazione. Inoltre, tali espressioni non fanno altro che alimentare un volgare susseguirsi di dichiarazioni che sentiamo spesso anche in TV e leggiamo sui giornali. Ormai è diffuso un linguaggio senza ricerca, un modo di esprimersi senza alcun fine di evoluzione, ma col solo fine di buttare fuori una rabbia, un'emozione. Cosa positiva, sia chiaro: il punto è che, come al solito, non c'è un lavoro di crescita. Anche a me capita (seppur di rado) di cadere in tali espressioni. Tuttavia lo faccio consapevolmente, registrando il mio sentire e capendo quale direzione sto prendendo. Perché il mio fine è il benessere (lo sfogo in questo caso), ma anche l'evoluzione (la crescita, appunto).

PLAY IT BOX
Io potrei essere inferiore al mio avversario se questi mi batte sempre, tuttavia posso essergli superiore in altri ambiti: magari esco dalle mie partite più soddisfatto di lui, più divertito, più in forma, più consapevole, più evoluto. E in tal caso chi è superiore?

Alla recente finale del Foro Italico, Karolina Pliskova ha incassato un durissimo 6-0 6-0 contro Iga Swiatek

Ci sono molte dinamiche che ci posso spingere a sentire che l'avversario (o avversaria) è nettamente superiore a noi. Ma, innanzitutto, mi soffermerei sul concetto di superiorità: superiore da che punto di vista? Qui si intende sempre o quasi sempre il punto di vista tecnico, di percorso puramente tennistico. Si intende la forza che porta a vincere. Ed è un peccato, perché ancora una volta si cade nell'unico concetto che interessa alla nostra società: il successo (o il fallimento). E facendo così si perdono gli altri valori. Perché io potrei essere inferiore al mio avversario se questi mi batte sempre, tuttavia posso essergli superiore in altri ambiti: magari esco dalle mie partite più soddisfatto di lui, più divertito, più in forma, più consapevole, più evoluto. E in tal caso chi è superiore? Io invito a specificare. Già basterebbe un: "Il mio avversario mi è superiore tecnicamente." Già vi sarebbe un'apertura all'idea che si possa essere superiori in altro rispetto al mero risultato.

Addentriamoci in quella situazione, per affrontare il tema più dal punto di vista pratico. Il nostro avversario o la nostra avversaria vince un punto dietro l'altro e noi non sappiamo come gestire questa situazione. Andiamo in malessere perché siamo incollati all'idea che si entra in campo per vincere. Certo, si entra in campo per vincere. Ma non può e non deve essere l'unico obiettivo. Abbiamo tre strade principali, su un ventaglio di infinite strade: strringere la mano all'avversario e abbandonare, giocare continuando a lamentarci perché ci sentiamo inferiori e non riusciamo a vincere punti a sufficienza oppure stare in campo e provare a fare del nostro meglio. È abbastanza logico (anche se può parere semplicistico) considerare la terza ipotesi come la più evoluta. Tuttavia è naturalmente la più difficile. Accettare di essere inferiori dal punto di vista tecnico e lottare per dare del nostro meglio non è così semplice. Perché la pallina del rivale va più veloce della nostra, i tempi sono ridotti al minimo, la partita scorre rapida e le nostre sensazioni non sono di certo di grande benessere.

Che cosa fare? Si può pensare di rallentare lo scambio qualora l'intensità fosse eccessiva per noi. Si può cercare di alzare pallonetti ogni tanto, di utilizzare traiettorie più a parabola, sempre per allungare i tempi e magari rendere la partita più difficile per il nostro avversario. Si può provare a sfruttare l'energia delle pallina che arriva per colpire con poco sforzo ma con un'ottima resa. Si può cercare di destabilizzare lo sfidante con un servizio dal basso. Si può giocare dal punto di vista psicologico e fargli presente che si è lì, pronti e con la testa alta, calmi, ad affrontarlo, nonostante tutto. Si può sfruttare una tale partita per provare cose nuove, tanto "non ho nulla da perdere." E allora perché non sperimentare? Considerato che è facile che si perda il punto anche qualora si giocasse solidi, perché non lasciarsi andare più del solito? Ci sono mille cose che si possono fare, anche se credo che la cosa più importante sia l'accettazione. Accettare che oggi va così.

Non c'è molto da fare, se non scegliere cosa fare. E trovo che l'errore più comune sia quello di giudicare i nostri sforzi in base al risultato. Mi è capitato di confrontarmi con allievi i quali dicevano di aver provato invano a mettere in difficoltà l'avversario, sebbene fosse appunto molto più forte di loro. E allora io risposi loro: "Non è lì che devi giudicare. Già l'atto di stare e provare è un miglioramento. Gioca con questa convinzione! Accetta il fatto che stai migliorando, sebbene tu non stia vincendo un punto!" E poi, chissà, magari l'accettazione, il continuare a provare, il lottare, può anche portarci a vincere una partita da sfavoriti, seppur la vittoria (a mio avviso) vada concepita soltanto come secondo fine rispetto alla crescita. A risentirci tra un paio di settimane circa. Cercherò di sviscerare il concetto che anche una partita può essere considerata come un allenamento, così come un allenamento può essere considerato alla stregua di una partita: stiamo giocando semplicemente a tennis!


LE PUNTATE PRECEDENTI

- Il concetto di sportività (Parte 2)

- Il concetto di sportività (Parte 1)

- "Qui e ora" E da nessun'altra parte

- Cos'è davvero la tecnica? E i fondamentali?

- Il vortice delle emozioni

- Devo giocare il mio tennis!

- Benessere ed evoluzione

- Il benessere nel colpire

L'autore, Gabriele Brambilla.
Attraverso l'attività di maestro di tennis ho sempre cercato di esprimere una filosofia, un pensiero che andasse oltre certi rigidi schemi che credo limitino l'esprimerci al meglio, dentro e fuori il campo da tennis. Sin dalle mie prime esperienze di insegnamento ho provato a unire la mia passione per il tennis con la mia predisposizione a temi quali la psicologia, l'introspezione e l'ascolto di se stessi, frutto di percorsi di vita tra scrittura, psicoterapia, recitazione, creazioni musicali. Di recente ho deciso di definire queste tematiche come Benessere ed evoluzione pur non avendo piena fiducia nelle definizioni dato che corrono il rischio di schematizzare qualcosa che ha infinite pretese.

Benessere ed evoluzione vanno nella direzione dello stare bene e della crescita, due valori che nella nostra cultura sono spesso visti come incompatibili. Qualcosa sta finalmente cambiando nella nostra società e molte persone sanno ammettere che si può migliorare attraverso il sorriso.

Ma attenzione: lo spazio da me curato su Tennis Magazine Italia non vuole essere un manuale su cosa fare per arrivare a un risultato dentro e fuori il campo da tennis. Vuole essere innanzitutto l'espressione di una filosofia che su di me ha funzionato e che mi ha portato a ottenere tante soddisfazioni, pur intervallate da grandi delusioni. Non ho la pretesa di voler imporre un metodo valido per tutti: il percorso è personale, sempre. Io metterò in luce ciò che credo sia stato utile per la mia crescita.

A volte descriverò esercizi pratici che credo possano portare a risultati positivi. Tuttavia voglio rimanere nell'umiltà di pensare che la mia filosofia possa non essere valida per alcuni o possa essere soltanto di spunto, di ispirazione per altri, i quali proseguiranno comunque in una loro strada fatta di personali intuizioni.

Da poco è sul web il mio podcast Tennis Benessere ed Evoluzione dedicato a questi temi. Lo si può trovare su Spreaker e su altre piattaforme (Spotify, iTunes), così come sul mio sito www.gabrielebrambilla.net.