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MENTAL TENNIS

Il concetto di sportività (Parte 2)

I concetti espressi nel precedente articolo potrebbero portare a reazioni contrarie, o addirittura critiche. Ma  accettare un componente come la fortuna, senza necessariamente rispettare le etichette comportamentali, può essere un buon esercizio per imparare a gestire ogni tipo di emozione.

Gabriele Brambilla
15 maggio 2021

Il mio ultimo articolo sul tema sportività (che invito a leggere per comprendere meglio il seguente) potrebbe avere provocato reazioni viscerali (di pancia) in qualche lettore o lettrice che sente il tennis come uno sport particolarmente onesto, sportivo, di classe, pulito e migliore, dal punto di vista del fair play, rispetto ad altre discipline. Il calcio su tutte. Nel comprendere queste probabili reazioni (anche perché anche io considero il tennis avanti, in talune cose, rispetto ad altri sport), rimango convinto e determinato nell'esprimere che ci siano tante situazioni, di mero gioco e non, laddove potremmo almeno porci delle domande, riflettere sul perché di certe azioni.

Ad esempio dinanzi al tema fortuna conseguente un nastro o al tema "Questo mi sta prendendo in giro!" rivolto a un avversario che serve dal basso. Ogni cosa, ogni azione ha un significato recondito e che, se sviscerata (nel senso di compresa, analizzata) in modo anche divertito e, come dico io, "in benessere" (ovvero col sorriso), può indicarci una strada, può esserci utile nel nostro cammino, può darci spunti interessanti. Laddove rimaniamo nella superficie delle cose, avremo magari un benessere più immediato, facile (e benvenuto, sia chiaro!), ma non andremo oltre. Dovremo accontentarci di una soddisfazione di facciata. A voi la scelta!

PLAY IT BOX
Quando mi accorgo che il nastro mi ha agevolato al fine della vittoria del punto, io provo imbarazzo qualora scegliessi di non chiedere scusa. Non mi è assolutamente facile prendere questa strada.

L'esistenza di un'etichetta legata alla sportività non significa necessariamente che sia giusta al 100%

Ho voluto riprendere l'argomento per affrontare anche l'aspetto più concreto e di campo durante il classico "Scusa!", il come (per lo meno io) gestisco emozionalmente queste situazioni. Perché si potrebbe pensare che io la faccia facile, semplice, nel momento in cui propongo di rimanere in quell'imbarazzo, invitando a non chiedere scusa e a proseguire a giocare forti del fatto che la fortuna faccia parte del gioco. La verità è che, quando mi accorgo che il nastro mi ha agevolato al fine della vittoria del punto, io provo imbarazzo qualora scegliessi di non chiedere scusa. Non mi è assolutamente facile prendere questa strada. Mi risulterebbe più semplice andare incontro al mio avversario che in quel momento non vuole altro che sentirsi dire "Scusami!", sentendosi trafitto al cuore e probabilmente non capendo che la fortuna fa solo parte del gioco e andrebbe accettata come tale, serenamente e lavorando magari sulla gestione delle emozioni al fine di dare del proprio meglio e magari anche vincere il match. È dunque sempre un lavoro su me stesso quello che mi spingo a fare. Nonostante io creda che la fortuna faccia parte del gioco, provo imbarazzo (molto!) all'idea di non chiedere scusa. Ecco che mi pongo una domanda: "Ma perché? Sarebbe come non credere in me stesso, sarebbe come non seguire la mia filosofia." E allora mi dico: "Vale la pena soffrire un po', seguendo questo imbarazzo e standoci dentro, godendomelo il più possibile."

Credo che con questi atti di coraggio verso me stesso (e ognuno può riconoscere quali sono i propri limiti e le proprie sfide da intraprendere) io possa lavorare sui miei limiti (e superarli), svicerare certi automatismi che non mi fanno giocare libero all'interno di un campo da tennis. Perché laddove io riuscissi a gestire un imbarazzo, posso sentirla come spinta per allenarmi a gestire altri tipi di emozioni, quali la paura di sbagliare, il terrore di vincere, la fretta di andare a rete, e così via. Più ci abituiamo a lavorare sulle emozioni, meno queste possono sorprenderci nel corso di una partita. A volte scelgo anche di dialogare con il mio avversario, proprio su questi temi. Un po' per lanciare messaggi di benessere ed evoluzione, e un po' per gestire quel mio imbarazzo eventuale. Prima di iniziare la partita, gli dico: "Guarda, qualora io colpissi un nastro, non te la prendere... Non ti chiederò scusa perché credo faccia parte del gioco. Così come qualora servissi dal basso, non te la prendere perché non c'é alcuna mancanza di rispetto. Applico solo il regolamento."

Di fronte a tali frasi, nessuno si è mai lamentato. Anzi, ho sempre trovato tutti d'accordo. Ma è nel mentre che cade l'asino, nel mentre di un'emozione. Chi è incapace di gestire le proprie viscere o ha un pensiero poco flessibile, dubito sia in grado di accettare che l'avversario colpisca una riga senza poi chiedere scusa: è facile accettarne l'idea prima dell'inizio di un match, è dura accettarlo nel mentre. Tornando ai fini del dialogo con il mio avversario, a volte lo faccio anche per allentare la tensione. Perché, dovesse poi capitare un nastro o una riga, sarei più tranquillo a non chiedere scusa.

Avrei seguito la mia filosofia, ed allo stesso modo sarei andato incontro al mio avversario con una spiegazione. Le due cose insieme. L'esito è di una gestione equilibrata del mio sentire e di un mio eventuale conflitto. E di conflitti interiori, lo sappiamo, il tennis è pieno, così come la vita. Se se ne è consapevoli, se ci si lavora, forse il primo passo verso il successo è compiuto! Forse. Spero che i miei esempi vi siano stati di aiuto o comunque di riflessione. A risentirci tra quindici giori circa per un altro tema nella direzione benessere ed evoluzione. Il prossimo sarà: che fare quando avvertiamo la sensazione che l'avversario è molto più forte di noi?


LE PUNTATE PRECEDENTI

- Il concetto di sportività (Parte 1)

- "Qui e ora" E da nessun'altra parte

- Cos'è davvero la tecnica? E i fondamentali?
- Il vortice delle emozioni

- Devo giocare il mio tennis!

- Benessere ed evoluzione

- Il benessere nel colpire

L'autore, Gabriele Brambilla.
Attraverso l'attività di maestro di tennis ho sempre cercato di esprimere una filosofia, un pensiero che andasse oltre certi rigidi schemi che credo limitino l'esprimerci al meglio, dentro e fuori il campo da tennis. Sin dalle mie prime esperienze di insegnamento ho provato a unire la mia passione per il tennis con la mia predisposizione a temi quali la psicologia, l'introspezione e l'ascolto di se stessi, frutto di percorsi di vita tra scrittura, psicoterapia, recitazione, creazioni musicali. Di recente ho deciso di definire queste tematiche come Benessere ed evoluzione pur non avendo piena fiducia nelle definizioni dato che corrono il rischio di schematizzare qualcosa che ha infinite pretese.

Benessere ed evoluzione vanno nella direzione dello stare bene e della crescita, due valori che nella nostra cultura sono spesso visti come incompatibili. Qualcosa sta finalmente cambiando nella nostra società e molte persone sanno ammettere che si può migliorare attraverso il sorriso.

Ma attenzione: lo spazio da me curato su Tennis Magazine Italia non vuole essere un manuale su cosa fare per arrivare a un risultato dentro e fuori il campo da tennis. Vuole essere innanzitutto l'espressione di una filosofia che su di me ha funzionato e che mi ha portato a ottenere tante soddisfazioni, pur intervallate da grandi delusioni. Non ho la pretesa di voler imporre un metodo valido per tutti: il percorso è personale, sempre. Io metterò in luce ciò che credo sia stato utile per la mia crescita.

A volte descriverò esercizi pratici che credo possano portare a risultati positivi. Tuttavia voglio rimanere nell'umiltà di pensare che la mia filosofia possa non essere valida per alcuni o possa essere soltanto di spunto, di ispirazione per altri, i quali proseguiranno comunque in una loro strada fatta di personali intuizioni.

Da poco è sul web il mio podcast Tennis Benessere ed Evoluzione dedicato a questi temi. Lo si può trovare su Spreaker e su altre piattaforme (Spotify, iTunes), così come sul mio sito www.gabrielebrambilla.net.