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MENTAL TENNIS

Il benessere nel colpire

Seconda puntata della rubrica sugli aspetti mentali legati al tennis: Gabriele Brambilla ci invita a cercare divertimento, benessere e sorriso mentre giochiamo. Troppo spesso focalizzati sul risultato, dimentichiamo di coltivare questo aspetto. Che è un'ottima arma per arrivare al successo.

Gabriele Brambilla
5 febbraio 2021

Che cos’è il benessere? Se lo si trova, se lo si sente, non si ha bisogno di futili descrizioni. È un po' come il jazz, a proposito del quale il caro Armostrong disse: “Cos'è il jazz? Amico, se lo devi chiedere, non lo saprai mai.”

Chiunque, immagino, durante una partita o un allenamento può dire di avere provato una piacevole sensazione viscerale, un qualcosa di bello e a volte definito magico perché stranamente raro, ma che in realtà è profondamente reale. Chiunque può ricordare di una partita giocata in una giornata diversa dalle altre, quando gli riuscì tutto (o quasi), quando fu felice, quando il suo tennis fu così pieno e leggero, quando fece cose che altri umani non avrebbero potuto immaginare.

Il benessere è come l'amore, una spinta vitale che ci guida, che ci fa focalizzare sulle cose positive e ci fa riuscire più di quando invece percepiamo sensazioni negative o semplicemente non ci divertiamo.

Sono sotto gli occhi di tutti i momenti “no” di giocatori professionisti, fasi della carriera in cui un Djokovic, ad esempio, non riusciva ad esprimersi al meglio perché turbato da dispiaceri privati. Ciò che spesso si sottovaluta è appunto il privato, la sfera emotiva oltre l'attività professionale, che naturalmente può incidere sulla prestazione.

Ecco il tifoso di turno che critica il proprio beniamino perché non ha saputo sconfiggere l'eterno rivale... Ma che ne sa questo appassionato, mi chiedo, dei motivi di un insuccesso del suo idolo? Vi sono infinite cause che possono aver portato a una sconfitta, a un errore gratuito, a un gesto non fluido. Spesso, dietro a una brutta giocata, a una scelta tattica scellerata (e non si guardi solo il tennis), c'è un malessere, un qualcosa che ci frena e che spesso non ci spieghiamo o non focalizziamo. È qui che può smuoverci il lavoro su noi stessi, in parte affrontato nel primo articolo di questo percorso quindicinale che vuole lanciare un messaggio di apertura verso il benessere e l'evoluzione. Perché è facile provare benessere laddove si è già nel benessere, laddove si è già in una giornata “sì”, laddove ci siamo svegliati bene, magari anche col sorriso oltre che con la tanto chiacchierata “carica agonistica” (che spesso però può trasformarsi in eccesso di foga se mal gestita). La cosa difficile, il lavoro che io invito a fare, è il cercare il benessere laddove non c'è, il costante allenarsi per giungere a sensazioni piacevoli che nel mio percorso (da qui l'ipotesi che possa essere utile non solo a me) mi hanno aiutato a riuscire, a esprimermi al meglio.

PLAY IT BOX
Provate a fare un intero game, o se ve la sentite anche un intero set o anche più, scegliendo di divertirvi in ogni scelta che prenderete.

E se è tanto vero che è quando ci si diverte che si riesce a esprimersi al meglio (seppur il benessere non sia soltanto il divertimento, ma è anche qualcosa di più profondo e viscerale), perché non allenarsi a questo fine? Perché non giocare con l'obiettivo primario di stare bene, di provare piacere nel colpire, di godere nel giocare? Perché non avere come priorità il sentirsi liberi, il sentire i muscoli rilassati, il sentirsi leggeri nei movimenti, il ricercare la soddisfazione piena in ogni movimento sul campo? La risposta è semplice: perché è il risultato ciò che preme. Siamo in una società che antepone il risultato a tutto. Se vinci, sei bravo. Se perdi, sei un fallito. Non c'è, a parte rari casi, un focus primario su altri valori rispetto a quello del “vincere”.

Quando si va a vedere un compagno di allenamenti a giocare, si tifa affinché vinca. Di base, non lo si sostiene affinché lui possa uscire felice da quella partita, risanato, sereno a prescindere dal risultato (che tra l'altro dipende anche dall'avversario). E, soprattutto, in rarissimi casi si pone attenzione su questa inconfutabile verità: se il mio amico è sereno e prova piacere nel giocare, è probabile che giochi bene e che possa incrementare le sue probabilità di vittoria.

Ecco il mio invito a provare, durante un allenamento o, meglio ancora, durante una partita, a sentire dentro l'obiettivo di stare bene, di provare piacere nel giocare, di fare delle scelte finalizzate al divertimento più che alla funzionalità tattica. Perché la determinazione di una scelta fatta con benessere ci può portare anche a riuscire in quel gesto tecnico, in quell'azione di gioco. Perché il piacere nel fare quella cosa ci porta a staccarci dal risultato, dalla sensazione di dovere vincere che spesso è la causa primaria di una sconfitta, perché causa rigidità, tensioni, malesseri, prestazioni non all'altezza del nostro potenziale. Il piacere del colpire ci può aiutare a vivere il “qui ed ora”, a staccarci da schemi di sorta legati alle classifiche, al risultato, ai numeri in generale. E più si lavora per vivere il presente, più si può giungere a quello stato di grazia che noi tutti decantiamo ma di cui non conosciamo le cause. E se la causa fosse l'aver raggiunto il benessere?

Se fosse davvero così (ed io ho più motivi per crederlo), perché non allenarci a questo fine?

Vi sono mille strade per farlo. Una volta, ricordo di essere stato a due passi dalla sconfitta contro un avversario bravo e alla mia portata. Decisi di andare oltre, e mi misi a fischiettare, a cantare a bassa voce una canzone che sentii alla radio poche ore prima. Lavorai per essere felice di essere in campo e cominciai a provare piacere nonostante le difficoltà del risultato. Mi risollevai e in benessere vinsi la partita, ma soprattutto fui soddisfatto di me stesso.

Le strade per il benessere sono infinite, me ne viene in mente un'altra. Provate a fare un intero game, o se ve la sentite anche un intero set o anche più, scegliendo di divertirvi in ogni scelta che prenderete. Provate a vedere che cosa succede. Ascoltatevi e chiedetevi se avete raggiunto il piacere e, se sì, se secondo voi siete stati anche presenti e vigili. Il piacere non per forza conduce allo stato di grazia e quindi anche al non sbagliare. Il piacere conduce al piacere e smuove altre porte: l'attenzione, la presenza nel senso di essere vigili e consapevoli, vanno comunque coltivate. Il lavoro è complesso, ma naturalmente il benessere è una delle dinamiche positive che possiamo trovare. Abituandoci a cercarla, poi ci verrà più naturale raggiungere anche le altre. E' l'equilibrio il fine ultimo, lo sprigionare tutta la nostra potenzialità, non soltanto una parte.

Qualora decideste di prendere questa strada, non demoralizzatevi dinanzi a un'eventuale sconfitta. Innanzitutto perché il fine non è (solo) la vittoria, bensì la crescita, e poi perché il benessere non è un tasto che si accende e funziona subito. Questa è una strada lunga e ardua e che richiede pazienza e tempo, oltre che tanto coraggio, per sperimentarla e valutarne i benefici. E per dirla con le parole di Biagio, grande poeta della strada: “Forza e coraggio che la vita è di passaggio!” E non si sottovaluti inoltre che potrebbe non bastare il lavoro sul campo da tennis... Trovo sia importante che l'allenamento continui anche in ogni altro comparto della vita. La ricerca del benessere è una pratica che va oltre i confini dello sport: più vi abituerete a prenderla in considerazione in ogni gesto quotidiano, più sarà probabile che il vostro tennis possa essere pieno di benessere.

Al prossimo appuntamento dunque, tra quindici giorni, che sarà dedicato al tema “Devo giocare il mio tennis!”, frase pronunciata ad ogni livello e che spesso nasconde delle chiusure al cambiarsi per migliorare il proprio tennis.


L'autore, Gabriele Brambilla.
Attraverso l'attività di maestro di tennis ho sempre cercato di esprimere una filosofia, un pensiero che andasse oltre certi rigidi schemi che credo limitino l'esprimerci al meglio, dentro e fuori il campo da tennis. Sin dalle mie prime esperienze di insegnamento ho provato a unire la mia passione per il tennis con la mia predisposizione a temi quali la psicologia, l'introspezione e l'ascolto di se stessi, frutto di percorsi di vita tra scrittura, psicoterapia, recitazione, creazioni musicali. Di recente ho deciso di definire queste tematiche come Benessere ed evoluzione pur non avendo piena fiducia nelle definizioni dato che corrono il rischio di schematizzare qualcosa che ha infinite pretese.

Benessere ed evoluzione vanno nella direzione dello stare bene e della crescita, due valori che nella nostra cultura sono spesso visti come incompatibili. Qualcosa sta finalmente cambiando nella nostra società e molte persone sanno ammettere che si può migliorare attraverso il sorriso.

Ma attenzione: lo spazio da me curato su Tennis Magazine Italia non vuole essere un manuale su cosa fare per arrivare a un risultato dentro e fuori il campo da tennis. Vuole essere innanzitutto l'espressione di una filosofia che su di me ha funzionato e che mi ha portato a ottenere tante soddisfazioni, pur intervallate da grandi delusioni. Non ho la pretesa di voler imporre un metodo valido per tutti: il percorso è personale, sempre. Io metterò in luce ciò che credo sia stato utile per la mia crescita.

A volte descriverò esercizi pratici che credo possano portare a risultati positivi. Tuttavia voglio rimanere nell'umiltà di pensare che la mia filosofia possa non essere valida per alcuni o possa essere soltanto di spunto, di ispirazione per altri, i quali proseguiranno comunque in una loro strada fatta di personali intuizioni.

Da poco è sul web il mio podcast Tennis Benessere ed Evoluzione dedicato a questi temi. Lo si può trovare su Spreaker e su altre piattaforme (Spotify, iTunes), così come sul mio sito www.gabrielebrambilla.net.