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WTA FINALS

WTA Finals, disastro annunciato?

L'Estadio Paradisus di Cancun sarà agibile soltanto sabato, alla vigilia dei primi incontri. È il tragicomico esito della scelta di portare il Masters femminile in Messico, sede annunciata poco più di un mese fa. Il silenzio imbarazzato di giocatrici e WTA aggrava il problema.

Riccardo Bisti
27 ottobre 2023

Il Masters di fine anno dovrebbe rappresentare l'eccellenza del tennis, dentro e fuori dal campo. Quanto sta accadendo a Cancun, sede delle WTA Finals 2023, ha invece del surreale. A partire dal nome del campo in cui si giocherà, Estadio Paradisus. È difficile raccontare quello che sta accadendo al chilometro 15 di Boulevard Kukulkan, laddove stanno costruendo l'impianto che da domenica ospiterà le migliori otto giocatrici del mondo (più le migliori coppie di doppio). I media ufficiali tacciono, ma da qualche giorno compaiono foto e video che mostrano l'avanzamento dei lavori. A poche ore dall'inizio, il Centrale da 4.200 posti (capienza quasi umiliante per un Masters) è ancora in alto mare. Il campo non è pronto e le tribune sono un cantiere. Le giocatrici si stanno allenando sui due campi di allenamento dell'Hotel Melia Paradisus, lussuoso punto di riferimento per la vita extra-tennis. Se date un'occhiata agli account social ufficiali, troverete immagini piene di allegria. Mare, spiagge, sorrisi. Al suo arrivo in Messico, ogni tennista ha trovato una banda mariachi ad attenderla. Ma non c'è neanche un'immagine del campo di gioco. Le foto degli allenamenti sono strette, strettissime, quasi a non voler far capire che le giocatrici stanno colpendo sui campi dell'hotel, a cui è stata rifatta la superficie. Almeno quello.

Quasi tutte hanno scelto il silenzio, forse su preghiera della WTA che ha comunque garantito un montepremi di 9 milioni di dollari (di cui 3 all'eventuale vincitrice imbattuta). L'unico clan che si è concesso qualche lamentela è quello della numero 1 Aryna Sabalenka: via Instagram, la bielorussa ha fatto presente che ci sono soltanto due campi di allenamento (ritenuti insufficienti per un plotoncino di oltre venti giocatrici, doppiste comprese) e – fatto ancora più grave – c'è un solo incordatore. Considerando le abitudini ormai consolidate delle professioniste, col cambio racchetta in corrispondenza di ogni cambio palle, può essere un problema. Come se non bastasse, coach Anton Dubrov ha diffuso un breve filmato degli allenamenti. Tutto sembra, fuorché un Masters. Ma come è stato possibile tutto questo? La cronistoria è semplice: qualcuno sostiene che la WTA avrebbe voluto andare in Arabia Saudita, incassando il secco “no” di alcune figure carismatiche come Martina Navratilova e Chris Evert (che però ha solo rinviato la questione: sembra che il trasloco avverrà nel 2024). C'era la forte candidatura della Repubblica Ceca (Ostrava quest'anno, poi Praga), ma la via non è stata ritenuta percorribile perché il governo locale ha rifiutato l'ingresso di alcune tenniste russe in occasione del torneo WTA di Praga. Intanto il tempo passava.

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Otto sessioni per otto giorni

Le WTA Finals 2023 si giocheranno dal 29 ottobre al 5 novembre. Ci sarà un totale di otto sessioni, una per ogni giornata. Fino a sabato, il programma inizierà alle 14.30 locali (le 21.30 italiane) con un match di doppio, poi i due singolari si giocheranno a partire dalle 17 (mezzanotte italiana), seguiti dall'ultimo doppio. Domenica 5 novembre, la finale del doppio sarà alle 16.30 di Cancun, quella del singolare alle 19.

Ormai con le spalle al muro, hanno annunciato Cancun lo scorso 7 settembre, ad appena 52 giorni dal via. Un preavviso così breve può ostacolare la promozione dell'evento, ma – al massimo – sono problemi degli organizzatori (la GS Sport Management di Gustavo Santoscoy e del figlio Gustavo jr.). Ma diventa un problema per tutti se la struttura non esiste e deve essere costruita in così poco tempo. Lo scorso anno, in fondo, bastò stendere un tappeto sintetico alla Dickies Arena di Fort Worth, impianto fin troppo avveniristico. A Cancun non è possibile, e ci ritroviamo a poche ore dal via con le immagini che vedete a corredo di questo articolo. Intervistato da un media locale un paio di settimane fa, Santoscoy diceva che il campo era “praticamente pronto”, con i lavori stimati intorno all'80%. Giudicate voi. La struttura si trova su un campo da golf a nove buche, nella zona alberghiera più esclusiva di Cancun. “Sarà uno spettacolo visivo straordinario – diceva – da una parte c'è il mare, dall'altra la laguna. Lo stadio? Un impianto smontabile come quello di due anni fa a Guadalajara (realizzato dalla stessa ditta, che peraltro lavora anche con la Formula 1, ndr), con la differenza che si trova a pochi metri dal mare. Ci aspettiamo un pubblico rilassato, che va in spiaggia al mattino e segue il tennis al pomeriggio”. Frasi che perdono credibilità nel momento in cui non è stata rispettata nessuna scandenza.

Fino a qualche giorno fa, era stato promesso che il Centrale sarebbe stato pronto per giovedì, con tre giorni d'anticipo rispetto al via. Invece, secondo le ultime notizie, sarà agibile soltanto sabato. Surreale. Tragicomico. Fosse successo da qualsiasi altra parte sarebbero partiti processi mediatici senza difesa d'ufficio. In Messico, invece, tutto tace. L'indignazione scorre sul web tramite i pochi media interessati. Il Paese in cui la storia ha maggiore risonanza è la Polonia, vista la presenza di Iga Swiatek. Il sito Sport.Pl ha inviato una serie di domande alla WTA: quando sarà completato il campo, quando sarà agibile, quando saranno pronte le tribune, se i biglietti sono già in vendita e con quali risultati. L'imbarazzata risposta della WTA dice tutto: "Non vediamo l'ora di ospitare le WTA Finals quest'anno a Cancun, sarà un evento emozionante. Il nostro team ha lavorato duramente per preparare questo evento nel breve tempo a disposizione e siamo fiduciosi che tutto sarà pronto. Come per tutte le WTA Finals abbiamo un campo di gara e due campi di allenamento aggiuntivi dove le giocatrici si allenano". Nessuna risposta specifica sui temi più scivolosi. Non resta che aggrapparsi al ricordo di due anni fa, quando l'avvicinamento al Masters di Guadalajara ebbe problemi simili. Ce la fecero per un pelo e fu una bella edizione, soprattutto in termini di entusiasmo. Non a caso, la WTA ha concesso alla GS Sport Management l'organizzazione di un WTA 1000, rimasto in calendario nonostante il ritorno della Cina.

Come dovrebbe apparire il complesso dell'Estadio Paradisus a lavori ultimati

La festosa accoglienza dei messicani per Coco Gauff

“Abbiamo il mare, le spiagge, la cultura messicana... tutte cose che piacciono alle giocatrici” diceva Santoscoy qualche giorno fa, quando ipotizzava la ricaduta economica dell'evento sul territorio. A suo dire, le WTA Finals possono generare un giro d'affari di circa un miliardo di pesos messicani, circa 50 milioni di euro. “E mi aspetto la presenza di circa 50.000 spettatori, di cui il 75% proveniente da fuori Cancun o addirittura dall'estero”. Stima fin troppo ottimistica, perchè prevederebbe il sold out per ciascuna sessione. Dando un'occhiata alla biglietteria, si scopre che c'è ancora ampia disponibilità per tutte le sessioni, semifinali e finale comprese. La prevendita è decisamente fiacca per la fase a gironi. Appena migliore per il weekend conclusivo, ma c'è ancora posto. I prezzi per la finale oscillano tra i 2.500 e gli 8.000 pesos (da 130 a 420 euro). I tagliandi più economici (il terzo livello dello stadio per la prima giornata) costano 1.400 pesos, l'equivalente di 70 euro. Gli organizzatori hanno annusato il flop: proprio in queste ore è stata annunciata una promozione che, per ogni biglietto adulti, ce ne sono due in omaggio per i bambini. Lo scopo è evidente: evitare di mostrare gli spalti vuoti in mondovisione. D'altra parte l'ampia disponibilità di tagliandi per tutte le sessioni non mente. Insomma, c'è il rischio di una figuraccia su scala globale. Non tanto per il Messico (che avrà l'alibi dello scarso preavviso), ma per una WTA che si è mostrata incapace di vendere, promuovere e organizzare a dovere un evento che dovrebbe rappresentare un fiore all'occhiello.

Nove milioni di montepremi sono un buon incentivo per tenere tranquille le giocatrici, ma la situazione complessiva non è sostenibile. La differenza con le ATP Finals è abissale, così come l'interesse mediatico. Steve Simon ha risposto stizzito alle parole di Yuriy Polskiy, vicepresidente della federtennis kazaka, che aveva parlato di un possibile fallimento dell'associazione nel 2026-2027. A suo dire, la WTA è in buone condizioni economiche. Sarà (anche se l'ultimo bilancio disponibile, quello del 2021, parla di un passivo di circa 15 milioni), ma non c'è dubbio che sul piano organizzativo stia attraversando una crisi senza precedenti. Le difficoltà per le WTA Finals si accompagnano a un calendario sempre più povero, tra tornei scomparsi e altri in difficoltà. Gli eventi combined sono gli unici in buona salute, ma è fin troppo facile associarla al traino del tennis maschile. E qualcuno già rimpiange la presidenza di Stacey Allaster: pur esagerando con i tornei in Oriente, aveva creato una struttura di marketing piuttosto efficace e alcune edizioni del Masters ben organizzate tra Istanbul e Singapore. Da parte sua, Steve Simon aveva puntato ancora più con la Cina, siglando un accordo decennale con Shenzhen. Lì è stato sfortunato, perché il Covid e il caso Shuai Peng hanno bloccato (dopo appena un'edizione) un progetto che avrebbe garantito moltissimi soldi. Ma l'incapacità di trovare soluzioni alternative in tre anni, beh, è un peccato che non dovrebbe restare senza conseguenze. Per adesso, vediamo che succederà a Cancun. Sperando che non piova.