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MUTUA MADRID OPEN

Rublev, questa è la tua strada!

Nonostante la febbre e un precario stato di forma, Andrey Rublev si ritrova a Madrid e si aggiudica il suo secondo Masters 1000. Batte Felix Auger-Aliassime più nettamente di quanto dica il punteggio, e può essere tra i beneficiari della nuova fase in cui sta entrando il tennis.

Riccardo Bisti
6 maggio 2024

Il tennis offre sempre una nuova opportunità. Puoi giocare male per uno, cinque, dieci tornei... ma il lunedì successivo puoi sempre ripartire. E la rinascita può essere dietro l'angolo. Lo sa bene Andrey Rublev, la cui vittoria al Mutua Madrid Open è una piccola favola. Non tanto per le sue qualità, ma per come si era presentato alla Caja Magica. Dopo la squalifica a Dubai per aver inveito contro un giudice di linea, aveva perso quattro partite su cinque. E sulla terra era ancora a secco. Nulla, davvero nulla, faceva pensare che il sedicesimo titolo in carriera (secondo Masters 1000) sarebbe arrivato proprio a Madrid. Ma il tennis sta tornando in una fase in cui certi dogmi stanno venendo meno. Per esempio, il clamoroso dominio dei Fab Four. Da Amburgo 2002 a Parigi Bercy 2023, il quartetto composto da Novak Djokovic (40), Rafael Nadal (36), Roger Federer (28) ed Andy Murray (14) hanno praticamente monopolizzato la categoria, vincendone 118 su 187. Una percentuale mostruosa, ancora più impressionante se relazionata al lunghissimo arco temporale.

Ci siamo abituati a considerare questi tornei una sorta di proprietà privata, ma storicamente non è così. E tutto fa pensare che torneremo alla normalità. Situazioni come quelle vissute a Madrid torneranno a essere frequenti, con qualche forfait di troppo e risultati contro pronostico. Nell'ecatombe madrilena si è fatto strada il russo, che da anni si allena in Spagna e ha un team tutto iberico, guidato da Fernando Vicente e a cui si è aggiunto l'altro ex giocatore Alberto “Beto” Martin, laureato in psicologia che prova a incanalare nel modo giusto i pensieri negativi di Andrey. “Dubai non è stato l'unico episodio che mi ha dato segnali sul mio comportamento – ha detto Rublev – ci sono state tante situazioni in cui poteva succedere qualcosa di brutto. Mi piace pensare che io stia migliorando. Ognuno ha le sue paure, nella vita e nello sport. Quando ritieni che qualcosa sia importante, è normale essere nervosi”.

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    Le città in cui Andrey Rublev ha conquistato titoli ATP. Il suo palmares ne conferma la versatilità: si è aggiudicato tornei in tutte le superfici tranne l'erba. Fino a oggi ha piazzato la sua bandierina a Umago (2017), Mosca (2019), Doha, Adelaide, Amburgo, San Pietroburgo e Vienna (2020), Rotterdam (2021), Marsiglia, Dubai, Belgrado e Gijon (2022), Monte-Carlo e Bastad (2023) oltre a Hong Kong e Madrid nel 2024. Gli manca un titolo sull'erba, ma c'è andato vicinissimo nel 2021 e nel 2023, anni in cui è giunto in finale ad Halle.

E allora non c'è da stupirsi di una frase: "È il titolo di cui vado più orgoglioso". Intanto per la qualità del suo gioco, sublimata dalla vittoria nei quarti contro Alcaraz (che a Madrid era imbattuto da 14 partite), la semifinale contro Taylor Fritz e la gestione – soprattutto mentale – del match clou. Si sa che Rublev può dare di matto da un momento all'altro, e il match contro Auger-Aliassime sembrava perfetto in questo senso: un avvio disastroso (due doppi falli di fila nel primo game e uno svantaggio iniziale di 4-1 e 40-0) e tante occasioni sciupate erano la base perfetta per arrendersi. Invece Andrey ha accettato la bagarre, la lotta spalla a spalla, ed è stato premiato in extremis sia nel secondo che nel terzo set. È finita 4-6 7-5 7-5 in due ore e quarantotto minuti, ma è un risultato bugiardo. Se è vero che l'avvio è stato pessimo, nel resto del match è stato il miglior giocatore in campo. Non ha più fronteggiato palle break (è andato ai vantaggi soltanto sul 3-3 nel secondo) e si è procurato diverse chance sul servizio del canadese. Sembrava una maledizione, tra ace di Auger-Aliassime (alla fine saranno 14) e grandi giocate altrui nel momento del bisogno.

Ma Rublev è riuscito a evitare il tie-break sia nel secondo che nel terzo, sdraiandosi sulla terra battuta dopo il doppio fallo del canadese sul matchpoint, proprio come Iga Swiatek 24 ore prima. Alla fine aveva più benzina: nel terzo set, l'avversario ha chiesto per due volte l'intervento del fisioterapista per spasmi muscolari. Si è tenuto a galla col servizio, ma non appena iniziava lo scambio era Rublev a comandare. La metafora è un po' fuoriluogo, vista la situazione geopolitica della Russia, ma è come se fosse stata una partita a Risiko: piano piano, Rublev conquistava territori (ergo, allontanava l'avversario dalla linea di fondo) e piazzava bandierine in varie zone del campo. Un accerchiamento che non poteva avere un epilogo diverso. E poi c'è la parte poetica, ovvero la capacità di vincere nonostante un generale stato di malessere. “Sono stato malato per tutta la settimana – ha rivelato Rublev – sto ancora male, domani andrò in ospedale per un controllo completo. Non so esattamente cosa stia succedendo, ma sono malato da 8-9 giorni. Di solito me ne bastano 2-3 per riprendermi. Negli ultimi giorni non ho dormito, ero quasi morto. I medici del torneo sono dei maghi!”.

Andrey Rublev spiega i guai fisici con cui convive da quasi dieci giorni

Gli esami diranno di cosa si tratta, ma pare che si tratti di angina. Non riusciva a deglutire, mangiare e aveva un costante mal di testa. Come se non bastasse aveva dita e piedi infiammati, al punto da faticare nell'indossare un paio di scarpe. “Sono sempre sceso in campo sotto l'effetto di antidolorifici”. Vedendo il suo forcing da fondocampo, un po' monocorde ma molto efficace, è difficile credere a quello che ha passato in questi giorni. “Sono felice perché ho mostrato un grande livello in ogni match. Sembra quasi che il brutto periodo non ci sia mai stato. E voglio essere al 100% per Roma” dice il primo russo a vincere a Madrid dopo 20 anni. L'ultimo era stato Marat Safin nel 2004, ma allora si giocava sul cemento indoor. Intanto Andrey è diventato il primo giocatore a vincere questo torneo sia in singolare che in doppio, poiché l'anno scorso si era imposto insieme a Karen Khachanov. Un po' oscurato da chi gli sta davanti, Rublev si sta costruendo un palmares di tutto rispetto. Sedici titoli a 26 anni sono un bel bottino, così come quattro partecipazioni consecutive alle ATP Finals.

E la quinta posizione artigliata nella Race stagionale fa pensare che bisognerà fare i conti con lui anche nel 2024, soprattutto se dovesse abbattere il tabù che lo attanaglia da qualche anno: i quarti di finale in uno Slam. Ne ha giocati dieci su venticinque partecipazioni (sei nelle ultime sette), ma non ha mai superato lo scoglio. Brutta faccenda, potrebbe nascerne un complesso. Ma torniamo a quanto detto a inizio articolo: da Wimbledon 2003 allo Us Open 2023, i Fab Four (anche se qui il contributo di Murray è stato minimo) hanno vinto 69 Slam su 81. Hanno cannibalizzato tutto, lasciando le briciole agli altri. Adesso le cose stanno cambiando e potrebbero crearsi spazi inediti. Qualche piccola crepa si è vista negli ultimi anni, con i primi titoli di Carlos Alcaraz e Jannik Sinner (che non sembrano cannibali come chi li ha preceduti) e il titolo conquistato da Daniil Medvedev. In tutto questo, Andrey Rublev può provare a infilarsi. Vincere uno Slam significa scalare un Everest tennistico, ma agguantare almeno una semifinale deve essere l'obiettivo immediato. Intanto si gode il successo di Madrid. Fare un check-up in ospedale con un trofeo tra le mani è tutta un'altra cosa.

MASTERS 100 MADRID – FINALE
Andrey Rublev (RUS) b. Felix Auger-Aliassime (CAN) 4-6 7-5 7-5