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IL CASO

Putiferio COVID, ma l'Australian Open s'ha da fare

Inizia nel peggiore dei modi la quarantena pre Australian Open: a causa di un paio di positività, 47 giocatori dovranno sottoporsi a isolamento duro e non potranno allenarsi. Tuttavia, lo sforzo per tenere in piedi il torneo era necessario: Melbourne avrebbe rischiato di perderlo.

Riccardo Bisti
17 gennaio 2021

Notizie, rivelazioni, indiscrezioni più o meno verificate. Poco importano dati, nomi e circostanze: la verità è che l'Australian Open 2021 è un immenso caos. Un torneo che passerà alla storia per una confusione organizzativa senza precedenti, la cui responsabilità va divisa tra le autorità sanitarie del Victoria (le cui regole anti-COVID sembrano un tantino severe) e Tennis Australia, che pur di salvare il torneo ha messo in piedi una maxi organizzazione tanto costosa quanto complicata. Era prevedibile che si aprisse qualche breccia nel sistema, ma nessuno si aspettava che ci fossero casi di positività accertati già all'arrivo, peraltro in due voli diversi. Il risultato è devastante: tutti i passeggeri di quegli aerei, anche se negativi, dovranno sottoporsi a 14 giorni di isolamento duro, senza la possibilità di allenarsi e di godere delle cinque ore d'aria faticosamente ottenute dopo mesi di trattative. Sono ben 47 i giocatori che non potranno allenarsi fino a fine gennaio, con un'evidente disparità rispetto agli altri.

A fine quarantena avranno soltanto nove giorni, tempo insufficiente per preparare in modo adeguato un torneo del Grande Slam, soprattutto tra gli uomini. I fatti: 24 tennisti provenienti da Los Angeles sono stati bloccati (era il volo su cui è salito Tennys Sandgren dopo mille polemiche), mentre altri 23 – tutte donne o quasi – provenivano da Abu Dhabi e hanno avuto la stessa sorte. La scelta di mettere in isolamento atleti risultati negativi appare fin troppo severa, ma sullo sfondo c'è la forte pressione dell'opinione pubblica australiana, scocciata per la decisione di consentire l'arrivo di oltre 1.200 persone quando diversi residenti del Victoria sono bloccati in altri stati australiani, e i voli internazionali sono stati tagliati a causa della temuta variante britannica del COVID-19. Nelle ultime ore è giunta la rivelazione di Sylvain Bruneau, allenatore di Bianca Andreescu: era lui il positivo nel volo proveniente da Abu Dhabi. Mentre le tenniste sono in quarantena regolare, lui (come gli altri positivi) è stato trasportato in un hotel strutturato per l'occasione. Tennis Australia ha diffuso un comunicato dopo l'altro, ammettendo che le condizioni sono ormai cambiate.

ASICS ROMA
"Metà dei giocatori dell'Australian Open dovrà isolarsi. Settimane di duro allenamento andranno sprecate per una persona positiva in un aereo vuoto per tre quarti. Scusate, ma è folle"
Alize Cornet
I notiziari australiani informano sul caos COVID

In altri tempi sarebbe stato difficile conoscere l'opinione dei giocatori, ma il megafono dei social network ha fatto il giro del mondo. Tra le opinioni più forti, quella di Alize Cornet. “Metà dei giocatori dell'Australian Open dovrà isolarsi. Settimane di duro allenamento andranno sprecate per una persona positiva in un aereo vuoto per tre quarti. Scusate, ma è folle”. Se le misure possono essere discutibili, è inaccettabile l'assenza di una buona comunicazione. Secondo la Cornet, le informazioni erano diverse: in sintesi, gli aerei erano stati divisi in sezioni da 10 persone. La quarantena dura sarebbe scattata soltanto nel caso in cui ci si trovasse nella stessa sezione della persona positiva. “E non tutti i passeggeri dell'aereo”. Ormai il danno è fatto: lo ha confermato Craig Tiley, ma soprattutto l'ente governativo che sta supervisionando le operazioni, COVID-19 Victoria.

Le persone positive sono state trasferite in un hotel attrezzato per i contagiati, come accade per ogni caso. Tutti gli altri passeggeri sono stati classificati come contatti stretti. Tra loro, tutti i giocatori e lo staff non potranno lasciare la quarantena per allenarsi”. Gli altri membri dell'equipaggio, una volta risultati negativi, hanno potuto lasciare l'Australia senza passeggeri. Da parte sua, Tennis Australia ha inviato una lettera agli interessati. In pochi minuti, la girandola dei social network l'ha resa pubblica. Il tono è preoccupato, eccessivamente drammatico. “Sappiamo che non immaginavi che i preparativi per l'Australian Open sarebbero iniziati così, ma siamo qui per sostenerti e faremo tutto il possibile per farti superare questo momento. Sarai contattato dai nostri medici, disponibili 24 ore su 24, per avere supporto su preoccupazioni mediche, di salute mentale o di benessere. Devi sapere che non sei da solo e che siamo qui per fornirti tutto quello di cui hai bisogno”. È inutile aggiungere altri dettagli, anche perché le storie di vita dei giocatori (topi nella stanza di Yulia Putintseva, la mediocrità del cibo evidenziata da molti) sono ampiamente documentate sui social network.

Dopo aver trovato un topo nella sua stanza d'albergo, Yulia Putintseva ha fatto sapere che - in caso di informazioni più trasparenti - avrebbe valutato con più attenzione se recarsi a Melbourne
Le surreali scene dei giocatori al loro arrivo in hotel a Melbourne

Emergono due domande. 1) Valeva la pena mettere in piedi un'organizzazione così grande e complessa? 2) Ci sono delle responsabilità? Partiamo dal fondo: è evidente che il problema principale è stata la comunicazione. Fino a pochi giorni dalla partenza, molti giocatori non conoscevano i dettagli del viaggio. Inoltre, alcuni sostengono che le le condizioni di quarantena e la definizione di contatti stretti non è stata chiarita correttamente. La stessa Putintseva ha detto che – se avesse conosciuto termini e condizioni – ci avrebbe pensato due volte prima di imbarcarsi. Sul piano della comunicazione, nonostante gli sforzi, hanno toppato. Quanto alla prima domanda... sì, era necessario. Motivo? In caso di mancata organizzazione, l'Australian Open avrebbe potuto spostarsi altrove, con buona pace dell'accordo che ha prolungato la permanenza a Melbourne fino al 2039.

Lo ha detto il Premier del Victoria Daniel Andrews, affermando che la perdita del torneo avrebbe causato uno scenario devastante per l'economica del Paese. “Se l'Australian Open non si fosse tenuto a Melbourne, lo avrebbero organizzato da qualche altra parte – ha detto – in Giappone, in Cina, a Singapore. Il rischio è che poi non sarebbe tornato. Siamo concentrati sul futuro di questo evento, non tanto per il presente ma per le sue prospettive. Ci sono molte città che farebbero qualsiasi cosa pur di ospitare uno Slam. E sarebbero in grado di costruire una struttura nuova di zecca pur di averlo”. L'Australian Open garantisce 25.000 posti di lavoro e ha bisogno di andare avanti perché negli ultimi dieci anni è stato speso un miliardo e mezzo di dollari australiani per ammodernare Melbourne Park. Soldi che saranno ammortizzati soltanto con la sopravvivenza del torneo. “In definitiva, l'Australian Open è molto importante per la nostra città e il nostro Stato – ha concluso Andrews – per questo, vale la pena compiere questi sforzi per assicurarsi che si possa giocare, ovviamente in sicurezza”. Piaccia o non piaccia, così è stabilito. L'udienza è tolta.