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IL CASO

Reazione avversa da vaccino: si blocca Chardy

Dopo essersi vaccinato, Jeremy Chardy è stato vittima di dolori definiti “paralizzanti”. Per settimane si è chiesto da cosa dipendesse: dopo aver ottenuto i risultati delle analisi, ha scelto di fermarsi a tempo indeterminato. “All'improvviso mi pento di essermi vaccinato”

Riccardo Bisti
24 settembre 2021

Un tennista bloccato dal vaccino. Chissà cosa ne penseranno Stefanos Tsitsipas e Novak Djokovic, due tra i più scettici sull'iniezione anti-COVID. Il primo ha detto che si vaccinerà entro fine anno, non per convinzione ma per evitare limitazioni alla sua vita sociale; il secondo non si è ancora espresso, anche se spera che il vaccino non diventi obbligatorio. Probabilmente le loro idee saranno rafforzate da quanto accaduto a Jeremy Chardy: il numero 73 ATP è costretto a fermarsi per gli effetti collaterali del vaccino Pfizer, a cui si è sottoposto dopo le Olimpiadi. Ne ha dato notizia lo stesso Chardy in un'intervista con AFP, principale agenzia di stampa francese. La sua frase è scioccante: “Da quando mi sono vaccinato ho un problema, sto lottando. Improvviamente non posso allenarmi, non posso giocare”.

Chardy sostiene di avvertire un dolore violento su tutto il corpo non appena effettua uno sforzo fisico. Dopo l'ottima prestazione olimpica, in cui è arrivato a un passo dalla zona medaglie (ha perso nei quarti contro Zverev, futuro vincitore), ha giocato solo due partite: a Cincinnati contro Sandgren e a New York contro Berrettini, perdendole entrambe. In questi giorni avrebbe dovuto partecipare al Moselle Open di Metz, ma ha dato forfait a tabellone già compilato, ufficialmente per un infortunio alla schiena. Sembrava un inghippo di routine, ma qualche giorno dopo è arrivata una notizia che sembra fare il paio con quella della pallavolista Francesca Marcon, che un mese fa ha annunciato di avere la pericardite a seguito della seconda dose del vaccino Pfizer. Per diverse settimane, Chardy si è chiesto quale fosse l'origine di dolori che ha definito quasi paralizzanti. “Poi sono andato da due medici, ho fatto degli esami, adesso so di cosa sono vittima e devo prendermi cura di me stesso. Preferisco prendermi più tempo per rimettermi in sesto ed essere sicuro che in futuro non avrò problemi, piuttosto che cercare di tornare in campo il prima possibile e poi ritrovarmi con ulteriori problemi di salute”.

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"All'improvviso mi pento di essermi vaccinato, però non potevo sapere in anticipo cosa sarebbe successo"
Jeremy Chardy

Jeremy Chardy a New York con la moglie Susan e il figlio Stone

Le affermazioni del 34enne di Pau sono scoraggianti: ammette che il momento è delicato perché non sa quanto durerà lo stop. Ancora sotto shock perché ha parlato poche ore dopo aver ricevuto i risultati delle analisi, ha ammesso di non sapere quando riprenderà. “È frustrante perchè avevo iniziato bene la stagione, poi alle Olimpiadi mi ero sentito benissimo. Adesso la mia carriera è ferma e non so quando riprenderà. È particolarmente doloroso perché so di non avere ancora 10 anni di carriera. All'improvviso mi pento di essermi vaccinato, però non potevo sapere in anticipo cosa sarebbe successo”. Coetaneo di Novak Djokovic e del nostro Fabio Fognini, il francese risiede a Londra e una settimana fa ha festeggiato il quarto anniversario di matrimonio con la moglie Susan. La coppia ha un bambino, Stone, curiosamente nato nello stesso giorno di Chardy (il 12 febbraio). La famiglia viaggia insieme a ogni torneo e Chardy si è spesso definito un fortunato.

"Amo il tennis, e non è così per tutti. Sono fortunato a praticare il mio sport preferito, mentre molte persone si trovano in situazioni davvero difficili” diceva a inizio anno, galvanizzato dagli ottimi risultati (semifinale a Melbourne-2, quarti a Rotterdam e Dubai). Oggi quell'entusiasmo sembra lontanissimo: probabilmente ritroverà un po' di ottimismo, ma adesso le sue dichiarazioni sono di altro tenore. “A febbraio compirò 35 anni ed è la prima volta che penso che la prossima stagione potrebbe essere l'ultima... È dura da accettare, perché mi divertivo e vorrei giocare più a lungo”. Un paio d'anni fa, Chardy si è impegnato per realizzare un ATP Challenger a Pau, sua città natale. Facendosi aiutare da un suo sponsor personale (Terega, ditta fornitrice di gas), aveva raccolto un budget di 500.000 euro e aveva messo in piedi un ottimo torneo. Dopo due edizioni a febbraio, quest'anno ha ottenuto una ricollocazione in calendario e si giocherà dal 15 al 21 novembre, in contemporanea alle ATP Finals. Diversi giocatori si sono reinventati in questo ruolo (l'ultimo è Fernando Verdasco, che dirigerà le Davis Cup Finals), ma Chardy non l'aveva fatto per ragioni di business.

Numero 25 del mondo nel 2013, Jeremy Chardy ha vinto un solo titolo ATP (Stoccarda 2009). Nel 2019 ha raggiunto la finale di doppio al Roland Garros

Jeremy Chardy ha giocato la sua ultima partita lo scorso 31 agosto, perdendo allo Us Open contro Matteo Berrettini

Pur avendo l'ambizione di portarlo nel circuito ATP, disse che era una sorta di indennizzo per la sua città natale. “Voglio restituire a Pau quello che mi aveva dato a inizio carriera, quando avevo bisogno di sostegno e denaro... ma non mi sto preparando per la mia carriera dopo il tennis: si tratta di una questione di cuore, non certo di business”. Adesso rischia di dover riconsiderare i suoi obiettivi sul breve e medio termine, e magari vivere con uno spirito diverso la prossima esperienza da direttore di torneo. Chardy ha toccato con mano i rischi di un vaccino di cui non sono mai stati nascoste, nemmeno dalla casa produttrice, le potenziali reazioni avverse. “Il problema è che non abbiamo idea degli effetti a lungo termine – ha detto Chardy – ci sono persone che hanno avuto effetti simili, ma le durate sono state molto diverse. I medici mi hanno detto così”. Chardy è l'unico tennista ad aver raccontato di essere vittima di effetti collaterali, ma ce ne sono altri che hanno avuto (o stanno avendo) problemi simili, pur non parlandone pubblicamente.

Sarà interessante verificare cosa succederà nei prossimi mesi, anche perché è sempre più vivo il dibattito sull'istituzione dell'obbligo vaccinale per i tennisti. Il recente Us Open ha imposto agli spettatori la prova di avvenuta vaccinazione per accedere all'impianto (non senza qualche polemica da parte di chi aveva già acquistato i biglietti), mentre l'imminente BNP Paribas di Indian Wells imporrà l'obbligo per tutte le persone che metteranno piede all'Indian Wells Tennis Garden... ad esclusione dei giocatori. Un paradosso: per questo, le discussioni sull'obbligo sono sempre più accese. Il caso di Chardy apre uno scenario tutto nuovo: i tennisti sono lavoratori autonomi e, in caso di obbligo ed eventuali reazioni avverse, chi li risarciscerebbe per i mancati guadagni? La questione dovrà essere affrontata con grande attenzione, anche in virtù di quello che sembra essere l'orientamento di Tennis Australia per il primo Slam stagionale: secondo alcune indiscrezioni, a Melbourne ci sarà un trattamento diverso tra vaccinati e non vaccinati, soprattutto in merito alla durata e alla durezza della quarantena una volta arrivati in Australia. Con la vaccinazione avvenuta, Jeremy Chardy è già certo di accedere al regime meno restrittivo. Il problema è che sembra rischiare di non andarci proprio, a Melbourne.