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IL CASO

Il vaccino della discordia: che faranno i tennisti?

Diversi giocatori mostrano un vivo scetticismo sulla campagna vaccinale. Qualcuno vuole aspettare, altri hanno paura a esporsi, altri ancora temono i possibili effetti collaterali. Per adesso non ci sono obblighi, ma la faccenda può diventare delicata.

Riccardo Bisti
31 marzo 2021

C'è grande voglia di tornare alla normalità. I numeri del contagio sono ancora elevati, ma si vede una speranza in fondo al tunnel. La luce è rappresentata dalla campagna vaccinale, oggetto di polemiche sia per la scelta delle categorie privilegiate che per la sicurezza dei vaccini stessi. I tennisti sono tra i lavoratori che avrebbero i maggiori benefici: ancora oggi, a ogni torneo devono sottoporsi a test continui e vivere in bolle di biosicurezza più o meno rigide. Tuttavia, il dibattito è molto acceso. Se ne sta parlando parecchio a Miami, soprattutto dopo un tweet di Diego Schwartzman. Consapevole della delicatezza dell'argomento, l'argentino ha voluto chiarire il suo pensiero dopo aver risposto in inglese a una domanda sul tema. “Vorrei chiarire quello che ho risposto a Ben Rothenberg in una lingua che non è la mia specialità. Mi vaccinerò quando sarà il mio turno, non voglio passare davanti alla mia famiglia o a quelli che ne hanno maggiormente bisogno”. L'argentino ha sentito il bisogno di un chiarimento perché, lo scorso anno, le dichiarazioni vagamente no-vax di Djokovic avevano generato parecchie polemiche.

Persino Rafael Nadal, solitamente politically correct, aveva detto: “Djokovic dovrà vaccinarsi se vuole continuare a giocare ad alti livelli. Lo stesso vale per me. Dobbiamo seguire le regole”. Ancy Murray era d'accordo con lo spagnolo, pur ammettendo che per un po' non conosceremo gli effetti a lungo termine della vaccinazione. “Ma da quello che ho sentito in TV e ai telegiornali non dovrebbero esserci rischi”. Ma cosa aveva detto Schwartzman? E perché temeva che le sue parole potessero essere fraintese? “Per me il vaccino non è una priorità, perché in Argentina abbiamo parecchi problemi a ottenerlo. Adesso siamo in America e qui ci sono molte opportunità, ma non penso di sfruttarle. Se avrò la possibilità, in futuro darò una mano alla mia famiglia a ottenerne uno, ma io non amo i vaccini”. In effetti l'Argentina non è esattamente al top nella somministrazione: nel momento in cui scriviamo si trova all'ottantesimo posto come numero di vaccinati su 100 abitanti (8,07: l'Italia è 49esima con 15,98). Ci sono state polemiche simili a quelle italiane, con alcune categorie (membri del governo e familiari) che hanno avuto accesso al vaccino pur senza averne diritto: da qui, le dimissioni del Ministro della Salute.

ASICS ROMA
"Stavo pensando di vaccinarmi, ma alcuni amici mi hanno convinto ad aspettare ancora un po': ci sono stati alcuni casi di effetti collaterali
Elina Svitolina

Le dichiarazioni no-vax di Novak Djokovic avevano destato molto scalpore: persino la nota agenzia Reuters vi aveva dedicato un servizio

Il tennis è tra gli sport maggiormente colpiti dall'impatto del COVID: pochi (o zero) spettatori, bolle e viaggi iper-controllati. In questo momento, la vaccinazione non è in cima al dibattito: ATP e WTA non hanno stabilito obblighi e/o imposizioni, e per ora il passaporto vaccinale è ancora lontano dall'essere un obbligo. Ogni Paese sta organizzando la campagna vaccinale per conto proprio, senza dare particolare priorità (e ci mancherebbe...) agli atleti professionisti. Tuttavia, l'argomento occupa le prime pagine dei notiziari: la gente è stufa di vivere a porte chiuse, o con forti limitazioni, e vede il vaccino come lo strumento per tornare alla normalità. Il tennis non fa eccezione. Durante il Miami Open, il noto cronista Ben Rothenberg ha chiesto a diversi giocatori se avessero intenzione di vaccinarsi. Come era prevedibile, ha ottenuto risposte imbarazzate e riluttanza a esporsi. Ha scelto Twitter per riassumere il sentore generale, pubblicando screenshot e trascrizioni. A suo dire, i giocatori sono generalmente dubbiosi-esitanti-diffidenti. La più disponibile a parlarne è Naomi Osaka: forse responsabilizzata dalle sue campagne sociali, ha detto di essere pronta a vaccinarsi “non appena ne avrò il diritto”. Dovrebbe accadere presto: essendo residente negli Stati Uniti (e in possesso della doppia cittadinanza), già a metà aprile potrebbe mettersi in lista. Anche Ashleigh Barty è favorevole, oltre ad aggiungere che i suoi familiari faranno lo stesso. Va detto che la n.1 del mondo dovrebbe restare in giro per tutta la stagione. “I miei saranno vaccinati non appena l'Australia inizierà la campagna, e dovranno attenersi alla loro fase”.

Chi si è già tolta il pensiero è Simona Halep: qualche settimana fa, la rumena aveva dato massima visibilità alla sua vaccinazione, lasciandosi fotografare al momento della puntura. Tuttavia, c'è chi la pensa diversamente. “Se potessi scegliere, e con la possibilità di non farlo, non mi vaccinerei – ha detto Andrey Rublev – non c'è un motivo particolare... non so, è una sensazione, perché non mi sono mai vaccinato, nemmeno da piccolo”. Senza entrare nel merito sulla sicurezza o meno delle iniezioni, e ancor meno sulla faccenda riguardante Astrazeneca, la principale ragione che invita alla prudenza è la rapidità con cui i vaccini sono stati preparati, sperimentati e messi in commercio. Se è vero che è stata messa in campo una ricerca senza precedenti (il che ha velocizzato le operazioni), lo stesso Istituto Superiore di Sanità, in tempi non sospetti (2017), aveva parlato di fasi di sviluppo particolarmente lunghe, che possono arrivare anche a dieci anni. La sfiducia verso il vaccino è abbastanza diffusa in Russia, il paese di Rublev, laddove addirittura il 62% della popolazione si era detta contraria alla somministrazione di Sputnik V. In questo momento, soltanto il 4% dei russi risulta vaccinato.

Elina Svitolina è preoccupata dai possibili effetti collaterali del vaccino

Lo scorso febbraio, Simona Halep si è sottoposta al vaccino Pfizer

La questione Astrazeneca ha raffreddato le certezze di Elina Svitolina. Come è noto, il vaccino è stato sospeso e poi riattivato in alcuni Paesi dell'Unione Europea (Italia compresa) per un raro rischio di trombosi legata all'iniezione. “Stavo pensando di vaccinarmi, ma alcuni amici mi hanno convinto ad aspettare ancora un po', perché ci sono stati alcuni casi di effetti collaterali. A essere onesta, non so. Tra un paio di settimane potrei avere la possibilità di farne uno, ma ci voglio pensare. C'è un altro lato della medaglia: oggi devi metterti in quarantena per 24 ore non appena arrivi in un posto. Se ti vaccini puoi ridurre i sintomi, ma c'è ancora il rischio di ammalarsi. A oggi non ha quasi senso fare qualcosa che è stato testato per un periodo così breve. Probabilmente aspetterò”. È sulla stessa lunghezza d'onda Aryna Sabalenka: anche lei preferisce aspettare un po' per verificare eventuali effetti collaterali. “Per adesso non mi fido. Non lo voglio ancora fare, ed è lo stesso per la mia famiglia. Ci penserò. Se sarò costretta lo farò, perché la nostra vita è costantemente in viaggio e siamo noi quelli che dovremmo eventualmente farlo, ma vedrò”.

Come era prevedibile, queste affermazioni hanno scatenato un certo dibattito. Qualcuno potrebbe pensare che sono da irresponsabili, considerando l'impressionante numero di morti attribuite al COVID (oltre 3 milioni nel mondo, 500.000 negli Stati Uniti, 100.000 in Italia). Il tennis ha fatto registrare diversi casi di positività, ma nessuno ha realmente avuto reali problemi di salute. L'unico ad aver ammesso di aver avuto sintomi di rilievo è stato Grigor Dimitrov (che probabilmente lo ha contratto durante l'Adria Tour dello scorso giugno). La sensazione è che diversi giocatori non abbiano una percezione chiarissima del problema, ma non è il caso di puntare il dito sulla loro presunta ignoranza o scarsa sensibilità sociale: semplicemente, per le persone sotto i 50 anni prive di patologie, i danni generati dal COVID sono per la maggior parte nulli. E allora può esserci il rischio di sottovalutare il problema. È capitato a molti.