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L'ETERNO DIBATTITO

Roger Federer e la dura legge del GOAT

Interrogato sul migliore di sempre, Roger Federer fa capire quanto fatichi a digerire la supremazia di Djokovic. “Difficile rispondere, non avremo una risposta definitiva fino a quando Nadal sarà ancora in attività”. Ma se al posto del serbo ci fosse stato lo spagnolo, avrebbe risposto così?

Riccardo Bisti
22 giugno 2023

La frase ricorre ogni volta che si fa un pensiero poco ortodosso, magari malizioso. L'hanno attribuita a Giulio Andreotti, anche se il primo a pronunciarla fu Pio XI, Papa giusto un secolo fa: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. Inevitabile citarla dopo le parole di Roger Federer durante il giorno a lui dedicato al torneo ATP di Halle. Insieme all'evento casalingo di Basilea è l'unico che ha vinto dieci volte, ma soprattutto i tedeschi gli hanno dedicato la via che conduce all'impianto, 300 metri denominati Roger Federer Allee nel 2012. “Significa che sarò sempre qui – disse a suo tempo – i tedeschi sono stati un passo avanti rispetto agli svizzeri”. Punti nell'orgoglio, i suoi connazionali gli dedicarono la strada del Centro Tecnico di Swiss Tennis a Biel. Ma era il 2016 e, soprattutto, è un'altra storia. Il pensiero malizioso nasce dalla risposta data da Federer quando gli hanno chiesto se Novak Djokovic è già il più grande tennista di sempre. “È incredibile, quello che ha fatto è assolutamente gigantesco – dice Federer, che ha appeso la racchetta al chiodo nove mesi fa – il migliore di sempre? Difficile rispondere.

L'ho detto a un amico: è più difficile vincere Wimbledon a 17 anni come Boris Becker o il Roland Garros a 36 come Novak? Non lo so. Quello che ha fatto può essere sufficiente, ma finché Nadal è ancora in attività non si può rispondere in modo definitivo”. Eccolo, il pensiero malizioso: Federer sa benissimo che Djokovic è davanti in tutti gli indicatori, intimamente è già convinto che il serbo sia il GOAT (o almeno il più forte dell'ultima generazione, quello che gli interessa davvero), ma gli rode ammetterlo. Tutti sanno che è grande amico di Nadal, mentre non ha lo stesso rapporto con il serbo. Alcune delle sconfitte più brucianti della sua carriera sono arrivate proprio contro Djokovic, peraltro in match decisivi per definire le gerarchie, e sembra che non le abbia ancora digerite. Umano, comprensibile. Niente da dire. Ma se al posto di Djokovic ci fosse stato Nadal, avrebbe dato la stessa risposta? Oppure avrebbe virtualmente consegnato lo scettro del GOAT al suo amico? Dubbio malizioso, ok. Nadal è ancora in attività, ma è improbabile che possa migliorare in modo significativo il suo palmares.

Roger Federer è stato celebrato nel contesto dei festeggiamenti per il trentennale del torneo ATP di Halle

«Quello che ha fatto Djokovic può essere sufficiente, ma finché Nadal è ancora in attività non si può rispondere in modo definitivo» 
Roger Federer
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Ha vinto Meno Slam, meno Masters 1000 e meno tornei di Djokovic, oltre a essere in svantaggio negli scontri diretti. E, soprattutto, il serbo ha più chance di lui di rimpinguare il bottino. Anche il nadaliano più accanito sa benissimo che – allo stato attuale – la massima aspirazione per Nadal è vincere ancora qualcosa sulla terra battuta, magari infilare il quindicesimo trionfo al Roland Garros. Ma provate ad andare in una qualsiasi agenzia di scommesse e chiedete cosa è più probabile: il 23esimo Slam di Nadal o il 24esimo (e oltre) di Djokovic? Al momento non ci sono grossi dubbi. Quanto a Federer, la stima sportiva verso Djokovic non deve necessariamente corrispondere a quella personale, e in diversi hanno notato come non gli abbia fatto i complimenti d'ordinanza dopo il recente successo a Parigi (a differenza di Nadal). E poi, in tutta onestà, cosa c'entra con il GOAT l'osservazione sulla difficoltà di vincere Wimbledon a 17 anni e il Roland Garros a 36? Le osservazioni su Djokovic sono le più significative di una giornata in cui Federer è stato celebrato da un torneo che lo ha amato a non finire.

Grande amico del fondatore Gerry Weber, ha avuto un rapporto ancora più stretto con il figlio Ralf, attuale direttore del torneo. Fu durante una chiacchierata informale con lui che decise di giocare a vita nella cittadina della Westfalia, con poco più di 20.000 abitanti. Federer ha giocato per la prima volta ad Halle nel 2000: gli avevano preparato una wild card, ma entrò in tabellone. Fu il primo tassello di un legame sublimato durante il Roland Garros 2009 (torneo magico per lui, quello in cui completò il Career Grand Slam). “Ralf, potrei immaginare di giocare il tuo torneo per il resto della mia vita” disse a Weber jr. Il manager Tony Godsick rimase stupito, pensava a un accordo biennale, invece Federer firmò un contratto a vita, sigillato negli uffici del torneo come uno dei cimeli più preziosi. Non poteva che essere Halle, dunque, il luogo della prima apparizione tennistica di Federer a nove mesi dal ritiro-strappalacrime durante la Laver Cup. Nella sua permanenza ad Halle, con giacca scura e maglietta bianca, King Roger ha detto parecchie cose. La parlantina, in fondo, non gli è mai mancata. Vale la pena riportare le più interessanti.

Roger Federer premiato da Ralf Weber, direttore del torneo ATP di Halle

Roger Federer è molto attivo con la sua fondazione benefica: il mese scorso è andato in Lesotho

“Trascorro in modo diverso il tempo con la mia famiglia. Oggi sono più rilassato, perché so di avere più giorni e più ore a disposizione. Ma sono sempre stato con loro, anche se era un impegno logistico enorme”

“La cosa che ho apprezzato di più dopo la carriera? Sciare. L'ultima volta era stata nel 2008, poi l'anno dopo sono nate le gemelle. Non mi avevano mai visto sciare, per me è stato un sogno andare sulle piste con loro”.

“Dopo il ritiro ho rifiutato quasi ogni richiesta. Questa è la parte che mi piace meno, ma ne arrivano un numero enorme. Ho chiesto come vanno le cose a Janine Handel, CEO della Roger Federer Foundation: mi ha detto di aver ricevuto 1.200 richieste negli ultimi sei mesi. Ma è anche colpa mia, perché a molti ho detto di contattarmi dopo il mio ritiro. Mi hanno preso in parola. Prendiamo le cose molto seriamente, guardiamo con attenzione le richieste importanti e ci prendiamo il tempo per rifiutare nel modo giusto. Questa è solo la parte fondamentale, poi c'è anche quella commerciale”

“Se fossi in perfetta forma, probabilmente giocherei qualche esibizione. Vado ancora in palestra 4-5 volte a settimana, cerco di rimettere in sesto il mio corpo con il ginocchio. Per questo non ho la sensazione di starmi perdendo qualcosa. A tennis gioco solo con i miei figli. Non ho mai prenotato un campo con gli amici, dicendo: 'Dai, andiamo ad allenarci'. Ma sono spesso in campo con i bambini, adoro giocare con loro”

“Sono sorpreso da quanto sia ancora interessato al tennis. Non guardo tanti match, ma gli highlights mi interessano moltissimo. Dò un'occhiata ai risultati 3-4 volte al giorno, sono contento che il tennis mi interessi ancora così tanto”

“Fare il commentatore? Ho pensato è che sarebbe stato bello commentare i match della generazione contro cui ho giocato. Li conosco molto bene. Però non mi sembrava giusto diventare commentatore nell'anno successivo al mio ritiro. Forse un giorno commenterò, forse non lo farò mai”.

Il tutto in una vita ancora densa di viaggi, un po' per ragioni di sponsor, un po' per piacere. In questi mesi è stato in Lesotho per la sua fondazione, ha viaggiato sull'Orient Express insieme ai genitori, lo abbiamo visto al Gran Premio di F1 a Miami, a seguire i New Knicks di basket e alla Settimana della Moda a Parigi. Sentiremo ancora parlare di lui, ma intanto si è concesso un ultimo abbraccio con Gerry Berry, l'orso gigante che dal 2007 è la mascotte del torneo di Halle, accompagna l'ingresso in campo dei giocatori e si occupa dell'intrattenimento del pubblico. C'era anche lui, nel Roger Federer Day. Inevitabile provare un po' di nostalgia.