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POLITICA SPORTIVA

Malagò non invitato al Foro: “Uno sgarbo senza precedenti”

Il presidente CONI punzecchia gli organizzatori degli Internazionali BNL d'Italia. “Questo mancato invito è in linea con le dichiarazioni di Binaghi, che fatica a rassegnarsi al giudizio delle elezioni”. Storia di un rapporto complicato e giunto a un frattura che sembra definitiva. E il futuro?

Riccardo Bisti
20 maggio 2021

Non ho avuto il privilegio di ricevere un invito da parte degli organizzatori degli Internazionali d'Italia di tennis. Penso sia stato uno sgarbo istituzionale di una gravità senza precedenti, non nei confronti della mia persona ma dell'ente che rappresento e al tempo stesso anche del segretario generale. Ma questo è in linea con le dichiarazioni fatte dal presidente Binaghi in conferenza stampa, che fatica a rassegnarsi a quello che è il giudizio chiaro e super democratico delle elezioni”. Giovanni Malagò ha voluto togliersi un sassolino dalla scarpa nella prima uscita pubblica dopo la rielezione a presidente del CONI, avvenuta lo scorso 13 maggio. Al di là del fatto in sé (puramente simbolico), è l'ennesimo segnale di una frattura tra CONI e FIT – o meglio, tra i suoi presidenti – che si è ricreata nel 2019 dopo anni di distensione). I rapporti tra Binaghi e Malagò non sono idilliaci sin dalla fine del 20esimo secolo, quando il primo era consigliere della FIT presieduta da Francesco Ricci Bitti e il secondo era a capo del comitato organizzatore degli Internazionali BNL d'Italia. Caratteri forti, personalità diverse, difficili da conciliare. Per questo, Binaghi ci rimase malissimo quando Malagò fu eletto presidente CONI nel 2013, superando un Raffaele Pagnozzi che sognava la presidenza dopo un ventennio come Segretario Generale. Binaghi era tra i più vivi sostenitori di Pagnozzi, anche perché era il candidato del presidente uscente Gianni Petrucci, dal quale il presidente FIT aveva ricevuto massima collaborazione.

Ma in politica gli scenari cambiano spesso: basi vedere cosa è successo negli ultimi anni in ambiti più delicati dello sport. Tra Malagò e Binaghi c'è stato un lento riavvicinamento tra le parti, che ha raggiunto l'apice nel 2016. Binaghi riconobbe che – dato il governo di allora (c'era il centro-sinistra) - Malagò riuscì a fare cose che difficilmente sarebbero riuscite a Petrucci (o chi per lui). E ammise di aver trovato un Malagò diverso rispetto ad anni prima. Tale distensione portò a un fatto quasi clamoroso: su spinta di Malagò, Adriano Panatta rimise piede al Foro Italico per la celebrazione dei 40 anni dal successo italiano in Coppa Davis. Anche chi non conosce i fatti del 2002, che portarono all'allontanamento di Panatta, si sarebbe accorto della tensione che serpeggiava nel catino del Centrale, sia pure stemperata da Simply the Best sparata a tutto volume per celebrare i Quattro Moschettieri del 1976 (c'erano anche Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli). Insomma, in nome di una nuova collaborazione – forse persino alleanza – tra CONI e FIT, si turarono tutti il naso e furono salvate le apparenze. Malagò ha continuato a presenziare agli Internazionali fino al 2019. Quell'anno, la presentazione si è tenuta addirittura a Palazzo Chigi. Qualche settimana dopo, era a Torino per celebrare l'assegnazione delle ATP Finals.

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“Io rappresento l’ala più spiccatamente riformista, che oggi è una parte minoritaria di un sistema autoreferenziale che non accetta indicazioni e riforme da una parte importante del nostro Paese, la parte politica, con la quale io invece credo che sia importante dialogare, confrontarsi”
Angelo Binaghi

Malagò spiega le ragioni delle lettere inviate al CIO nel 2019. "Anche loro si sono stupiti del clamore. Era un atto doveroso"

Da allora, qualcosa è cambiato. I rapporti si sono incrinati quando Malagò fece presente al CIO, con una famosa lettera, i contenuti della Legge del dicembre 2018, in cui i soldi pubblici destinati al CONI finivano nella nuova società Sport e Salute (ex CONI Servizi), depauperando il Comitato Olimpico Nazionale Italiano della sua autonomia, prevista e richiesta dalla Carta Olimpica. Il rischio erano importanti sanzioni internazionali: l'esclusione dai Giochi, la revoca di Milano-Cortina 2026, o magari la presenza degli atleti italiani a Tokyo senza inno né bandiera (umiliazione che toccherà ai russi, col loro Paese sanzionato per il doping di stato accertato qualche tempo fa). La faccenda si è risolta in extremis, con uno degli ultimissimi atti del governo di Giuseppe Conte prima delle dimissioni, un DL passato alla storia come “Salva-Olimpiadi”, che ha irrobustito nuovamente la struttura del CONI. Fu la spaccatura tra CONI e Sport e Salute ad accendere una miccia tra i due: al termine di una riunione tra il nuovo organo i presidenti delle Federazioni, Binaghi disse: “Abbiamo scoperto che il CONI si è opposto alla realizzazione della copertura sul centrale del tennis perché non è ancora pronto il contratto di servizio con Sport e Salute. Strano, in sei anni Coni Servizi non ha fatto nulla”.

Malagò rispose stizzito tramite l'ANSA. “Leggo con totale stupore le dichiarazioni di Binaghi. Non è la prima volta che si espone in queste deliranti considerazioni su temi riguardanti argomenti non di sua competenza. Tutti sanno che non è certo il Centrale solo del tennis, ma fino a prova contraria di tutte le manifestazioni sportive. A questo punto, però, visto che il CONI non è proprietario dell'area, non è coinvolto finanziariamente, non ha nessun tipo di legame con la gestione nè l'utilizzo e oltretutto tutti sanno perfettamente l'assoluta non considerazione istituzionale che è stata data dalla Sport e Salute nei confronti del CONI, non so cosa voglia Binaghi dal CONI. C'è la Sport e Salute, che questi fenomeni facessero quello che lui dice”. A stretto giro di posta, arrivò la contro-replica di Binaghi via Adnkronos: “Non sono certo io quello che delira. Per avere conferma di cosa ha detto il Segretario Generale del CONI Mornati basta chiedere a chi ha partecipato a quella riunione”. Secondo Binaghi, la reazione di Malagò era un tentativo per sviare l'attenzione dalla questione internazionale, della sua famosa lettera al CIO. “I contenuti di quelle lettere parlano da soli”. Aggiunse poi che si aspettava ben altra considerazione dal numero 1 dello sport italiano per un movimento di successo come quello del tennis. "Invece mi sembra che siamo quasi alle minacce, mentre in caso di divergenze il Presidente del CONI dovrebbe avere il dovere di creare un clima di confronto anche per chi, come me, non ha mai negato di pensarla in modo differente su tanti aspetti”.

Giovanni Malagò con Giuseppe Conte e Giancarlo Giorgetti nel giorno della nomina di Milano-Cortina per le Olimpiadi invernali

L'astensione di Binaghi quando il CONI propose un documento comune contro la riforma dello sport 

È evidente che quanto emerso pubblicamente sia solo la punta dell'iceberg di un rapporto molto difficile. Del tetto sul Centrale del Foro Italico vi abbiamo ampiamente relazionato durante il torneo. Il bando è stato lanciato da Sport e Salute, ma dobbiamo ancora conoscere i componenti della commissione che dovrà valutare i 33 progetti pervenuti. Nel frattempo proseguiva la campagna elettorale per la presidenza CONI. Da una parte Malagò per il terzo mandato, dall'altra Renato Di Rocco spalleggiato da Binaghi e Paolo Barelli (presidente della federnuoto). La tornata elettorale ha sorriso a Malagò, eletto con 55 voti a 13. Nella dichiarazioni riportate a inizio articolo alludeva a quello, visto che Binaghi e Barelli sarebbero stati i principali sostenitori di Di Rocco. In effetti, nella conferenza stampa post-Internazionali, Binaghi ha ribadito la sua posizione: ritiene la struttura dello sport italiano obsoleta, anacronistica e inefficiente. Oltre ad auspicare un diverso peso tra le varie federazioni, ritiene che l'attuale sistema non accetti indicazioni e risorse della politica: “Con la quale io invece credo che sia importante dialogare, confrontarsi”.

In virtù di questo, potrebbe essere contento di quanto detto da Malagò nello stesso evento in cui ha ricordato il suo mancato invito agli Internazionali: domenica scorsa ha ricevuto una telefonata dal premier Mario Draghi, con promessa di un incontro a breve. Inoltre, ha avuto un colloquio con Giancarlo Giorgetti (Ministro dello Svilupo Economico) che fu l'artefice della discussa legge del 2018. “Una chiacchierata bella e importante, improntata al fair play. Resettiamo tutto perché è inutile ricordare il passato. Un incontro che mi ha reso particolarmente felice”. Sembra quasi che abbia seguito l'auspicio di Binaghi di confrontarsi con la politica. Quel che è certo è che, non potendosi ricandidare nel 2025, Malagò potrà concedersi un atteggiamento meno diplomatico nei prossimi quattro anni. E potrebbe essere un osso ancora più duro per i suoi avversari. Quanto al futuro, qualcuno ha sussurrato che potrebbe spingere per una presidente donna (hanno citato Federica Pellegrini, verso cui nutre particolare stima, se avrà voglia di studiare da dirigente). Sarà poi interessante vedere come si organizzerà il fronte opposto. E chi sceglierà di candidare.