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CASO DJOKOVIC

Novak Djokovic e quel match da giocare in trasferta

Novak Djokovic dovrebbe scoprire lunedì se potrà giocare l'Australian Open. Alcuni esperti provano a ipotizzare gli scenari: probabilmente i suoi legali punteranno sull'illegittimità della revoca del visto, l'intervento tardivo del governo e (forse) una scorretta influenza politica. Dovesse perdere, non ci sarebbero i tempi tecnici per un appello in tempo utile.

Riccardo Bisti
8 gennaio 2022

NOTA - Questo articolo è stato scritto prima che fossero diffusi i contenuti del ricorso degli avvocati di Djokovic


Mancano poche ore all'udienza che stabilirà se Novak Djokovic dovrà lasciare l'Australia, magari col rischio di un'interdizione triennale, oppure se potrà restare a Melbourne e difendere il titolo all'Australian Open. Superato lo shock emotivo degli ultimi giorni, e cercato di mettere ordine nel delirio informativo, cerchiamo di capire cosa potrà accadere in sede di giudizio. A Djokovic è stato inizialmente garantito il visto d'ingresso per giocare l'Australian Open: poiché l'Australia ha ancora regole COVID che vietano a buona parte degli stranieri l'ingresso nel Paese, è probabile che abbia richiesto un visto per attività temporanea, che permette agli stranieri di partecipare a grandi eventi, utilizzato da quasi tutti i giocatori. Ma c'è di più: le norme attuali vietano l'ingresso agli stranieri che non hanno completato il ciclo vaccinale o non sono in possesso di un'esenzione medica. Come è noto, il serbo è contrario alla vaccinazione.

Tuttavia aveva ottenuto un'esenzione secondo il protocollo stabilito da Tennis Australia (“Siamo andati oltre i normali requisiti australiani per garantire l'ingresso nel Paese ai non vaccinati” aveva detto Craig Tiley) e basato sulla valutazione di una doppia commissione medica. Tuttavia, al suo arrivo, Djokovic non sarebbe stato in grado di dimostrare la validità dell'esenzione stessa. Su questo punto, sono state date varie interpretazioni (problemi di vista, documentazione insufficiente, motivazione non valida e teorie ancora più fantasiose). In questo senso, non ha dato una mano il Premier Scott Morrison: “Tutto quello che posso dire è che le prove fornite si sono rivelate insufficienti” ha detto. Gli hanno revocato il visto e lo hanno condotto nel luogo che abbiamo imparato a conoscere, in attesa di espulsione. Il team legale di Djokovic (guidato dal legale Nick Wood) ha immediatamente impugnato la decisione e gli hanno concesso un'ingiunzione temporanea che ha evitato l'espulsione immediata.

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«Probabilmente i legali di Djokovic cercheranno di sostenere che il visto gli era stato concesso e poi revocato. Qualsiasi revoca richiede una motivazione piuttosto chiara, ed esistono alcuni passaggi legali che devono essere seguiti per revocare un visto d'ingresso»

Alcuni aggiornamenti e filmati su quanto sta accadendo a Melbourne in queste ore

Per provare a chiarire la questione, BBC Australia si è rivolta a un paio di esperti: il professor Donald Rockwell, esperto di diritto internazionale presso l'Australian National University, sostiene che “L'ammissione all'evento sportivo non ha nulla a che fare con il suo visto. Probabilmente i legali di Djokovic cercheranno di sostenere che il visto gli era stato concesso e poi revocato. Qualsiasi revoca richiede una motivazione piuttosto chiara, ed esistono alcuni passaggi legali che devono essere seguiti per revocare un visto d'ingresso”. Gli stranieri possono imbarcarsi sull'aereo con un visto richiesto online, ma se all'arrivo viene ravvisata qualche irregolarità allo sportello immigrazione, non hanno molto margine di manovra nel loro progetto di ricorso. È l'opinione di un altro esperto ascoltato da BBC, la professoressa Mary Crock, esperta di diritto dell'immigrazione dell'Università di Sydney. “Quando andrà in tribunale, non potrà dire di essere il numero 1 del mondo e dunque con il diritto di giocare”. Il Migration Act australiano consente alle autorità di annullare il visto per diverse ragioni.

Una di queste è la presenza di informazioni errate. Interpretando le parole di Morrison, sembrerebbe questo il caso: Djokovic sostiene di avere un'esenzione medica che gli consentirebbe di evitare il vaccino, almeno per sei mesi, ma i funzionari sostengono che non lo avrebbe dimostrato, almeno secondo gli standard richiesti. L'articolo BBC sostiene che potrebbero esserci ulteriori appigli per contestare la decisione, anche se le conoscenze attuali fanno pensare a una corretta applicazione della legge. Da parte sua, Morrison ha respinto le accuse del governo serbo, secondo cui Djokovic sarebbe stato preso di mira. “Si tratta di un caso specifico riguardante un individuo, le leggi sui confini sovrani e la loro applicazione” ha detto, salvo poi aggiungere che la polizia di frontiera agisce in base alle proprie conoscenze. “E quelli che pubblicizzano il loro ingresso sui social media attirano un'attenzione aggiuntiva”. Un modo implicito per affermare che sì, se Djokovic si fosse mosso sotto traccia, e non avesse parlato di esenzione, probabilmente oggi avrebbe già un paio di allenamenti nelle gambe.

Anthony Kelly è il giudice chiamato a esprimersi su questa delicata faccenda

Anche in Australia c'è chi sostiene che Djokovic giocherà l'Australian Open, ipotizzando che la causa andrà per le lunghe

Una strada percorribile dai difensori di Djokovic riguarda le tempistiche, che potrebbero giocare a suo favore. “Si tratta di un personaggio di alto profilo, tutti sapevano che era in arrivo e non credo sia accettabile che il governo federale esca all'improvviso, dicendo che non sapeva nulla fino a quando non è arrivato in Australia - continua la professoressa Crock - sapevano e lo hanno lasciato salire sull'aereo”. A suo dire, un altro appiglio potrebbe essere un riferimento al circo politico. Come è noto, l'Australia è in campagna elettorale (le elezioni si terranno entro il 21 maggio) e il Paese è in subbuglio a causa del COVID. La strategia di perseguire il contagio zero si è rivelata fallimentare, e qualcuno sospetta che l'accanimento contro Djokovic sia un modo per distrarre un'opinione pubblica stremata da due anni di rinunce e restrizioni. La sola città di Melbourne ha trascorso 262 giorni in lockdown. Secondo la Crock, l'influenza politica potrebbe essere considerata una violazione nel processo decisionale su Djokovic. “Si tratta di un caso dallo straordinario valore politico. Per questo, potrebbero sostenere che l'ufficiale di frontiera che ha preso la decisione abbia agito sotto il condizionamento, o addirittura sotto dettatura del Primo Ministro. Ma si tratta di un territorio molto complicato”.

Dimostrare un forte condizionamento del governo è molto difficile, se non impossibile. Detto che è difficile fare ipotesi, se non sottolineare che Djokovic parte con l'enorme svantaggio di giocare in trasferta, cosa succederebbe in caso di vittoria? La revoca sarebbe annullata con effetto immediato, e a quel punto avrebbe una settimana per ripulire il cervello, ritrovare i muscoli e preparare l'Australian Open. Ma ci sarebbe sempre la possibilità di appello presso l'Alta Corte. Lo stesso ragionamento vale in caso di sconfitta: potrebbe non essere espulso immediatamente in caso di ulteriore ricorso in secondo grado. A quel punto, tuttavia, sarebbe soprattutto una questione di principio e ci si domanderebbe se ne valga la pena. Trascorrerebbe ulteriori giorni in quarantena e chissà se potrebbe allenarsi, anche se le autorità serbe sono già al lavoro per garantirgli un alloggio più confortevole. Dato importante: in caso di udienza d'appello, ci vorrebbe almeno una settimana per organizzarla, quindi si sforerebbe la data d'inizio del torneo. E questa la conclusione del professor Rockwell: a suo dire, l'esito del primo grado sarà dirimente per vederlo almeno in tabellone a Melbourne. “Se dovesse perdere, la finestra temporale – anche pensando un'estrema velocizzazione delle pratiche – sarebbe troppo breve, una sua partecipazione sembrerebbe davvero impossibile”. Anche se non tutti la pensano così.