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US OPEN

Nè martire, né carnefice: Djokovic è un semplice colpevole

L'episodio della squalifica di Novak Djokovic deve essere visto per quello che è: un'enorme, gigantesca (ma colpevole) sfortuna. Giusta l'estromissione dal torneo, severa la multa, ma finisce qui. L'episodio non deve essere un pretesto per crocifiggere il serbo. Eppure, il rischio sembra esserci.

Riccardo Bisti
7 settembre 2020

Il messaggio di scuse su Instagram comprende un'ammissione di colpa. L'obiettivo, legittimo, è chiudere il caso. Novak Djokovic è stato squalificato dallo Us Open e ha messo fine alla sua striscia vincente nel modo peggiore: incassato il break del 5-6 contro Pablo Carreno Busta, in un gesto di stizza ha lanciato la pallina contro il telone di fondocampo. C'era più scocciatura che rabbia nel suo gesto, ma ha avuto l'enorme sfortuna di colpire in gola una giudice di linea. Il regolamento degli Slam, in casi del genere, prevede la squalifica immediata. A nulla è servita la lunga trattativa tra Nole e i due ufficiali di gara intervenuti, lo svizzero Andreas Egli e il tedesco Soren Friemel. “Avete un'altra opzione” diceva Djokovic quando gli veniva detto che non avevano scelta. Forse alludeva al caso di Aljaz Bedene, che non più tardi di due settimane fa ha evitato la squalifica dopo che una sua pallata aveva colpito un cameraman.

O forse a Guillermo Coria, che nella semifinale parigina del 2003 colpì una raccattapalle con una racchettata. Fu miracolosamente graziato. Purtroppo per Nole, il regolamento prevede la squalifica quando una palla viene colpita intenzionalmente in modo pericoloso, sconsiderato o negligente, trascurando le possibili conseguenze. Djokovic è stato incredibilmente sfortunato, perché situazioni del genere si verificano molto spesso, senza conseguenze. Gli è andata malissimo. Il serbo ha saltato qualsiasi appuntamento con la stampa e circa mezz'ora dopo è scappato via da Flushing Meadows. Soltanto nella tranquillità della sua casa in affitto, ritrovata un briciolo di lucidità, ha diffuso un comunicato in cui non cerca scuse.

"Devo fare un passo indietro e trasformare tutto questo in una lezione per la mia crescita ed evoluzione come giocatore ed essere umano. Chiedo scusa al torneo per il mio comportamento" Novak Djokovic
L'episodio che è costato a Novak Djokovic una storica squalifica

“Questa situazione mi ha lasciato triste e vuoto – ha scritto – mi sono preoccupato per la salute della giudice di linea e il torneo mi ha fatto sapere che sta bene. Sono estremamente dispiaciuto di averle causato questo stress. Così involontario. Così sbagliato. Non faccio il suo nome per difenderne la privacy. In merito alla squalifica, devo fare un passo indietro e trasformare tutto questo in una lezione per la mia crescita ed evoluzione come giocatore ed essere umano. Chiedo scusa al torneo per il mio comportamento”. E poi via ai ringraziamenti di rito. Djokovic ha scelto di non alimentare le polemiche, e fa bene. Già nell'occhio del ciclone per le sue posizioni no-vax, poi per l'Adria Tour che ha generato diversi positivi al COVID-19, infine per la sua decisione nel creare un sindacato di giocatori indipendente dall'ATP, non aveva bisogno di questo episodio. Anche perché macchia l'unico luogo laddove tutto filava liscio: il campo da tennis.

La sua serie positiva si ferma a 26 partite e spalanca le porte a un nuovo vincitore Slam, molto probabilmente un nato negli anni 90. Non era ancora successo. A impedire l'eventualità potrebbe essere il solo Felix Auger Aliassime, classe 2000. Il caso Djokovic ha fatto scatenare gli appassionati (e non solo). La notizia ha trovato ampio spazio anche nell'informazione mainstream: d'altra parte, non succede tutti i giorni che uno degli atleti più famosi, il migliore nella sua disciplina, venga squalificato così da uno dei tornei più importanti. Legittimo. Così come era prevedibile che nascessero due fazioni, innocentisti e colpevolisti. In realtà sbagliano entrambe: è giusto che Djokovic sia stato squalificato, perché le regole (giuste) lo prevedono. Ma è sbagliato condannarlo, crocifiggerlo o magari utilizzare l'episodio per giudicarlo negativamente.

Novak Djokovic prova a soccorrere la donna colpita: un gesto che non gli eviterà la squalifica
La discussione tra Novak Djokovic, Andreas Egli e Soren Friemel

Nel caso specifico, è stato più sfortunato che colpevole. La scalogna è doppia, poiché il tutto avviene in un torneo a porte chiuse (dunque con meno possibilità che accada qualcosa del genere), e proprio quando i giudici di linea sono stati aboliti in 11 campi su 13. Ci fosse stato Hawk-Eye Live, l'avrebbe passata liscia. Non c'era niente di cattivo, niente di violento nel suo gesto. Si è subito interessato alla donna colpita: in effetti, sulle prime, le immagini non erano così tranquillizzanti. L'episodio ha ricordato vagamente la squalifica di David Nalbandian al Queen's 2012, quando diede un calcio a un pannello e ferì alla gamba un giudice di linea. Anche allora, squalifica immediata. In quel caso c'era l'aggravante del gesto violento, mentre in effetti Djokovic non aveva tirato chissà quale bordata. Poco importa: ha superato il limite del lecito e la squalifica è giusta. È un po' troppo severa la punizione, poiché gli toglieranno i punti e il prize money conquistato a New York, oltre a una multa per l'incidente in sé. Francamente, potevano limitarsi a questo. Djokovic non va condannato per aver cercato in tutti i modi di evitare la squalifica: nella concitazione del momento, ha avuto la percezione di essere vittima di un'ingiustizia.

A mente fredda, ha capito di aver sbagliato e non ha cercato appigli. Si è assunto le sue responsabilità (enormi, visto che si tratta di uno degli sportivi più in vista), ma il caso finisce qui. Non è un martire, non è un carnefice. È un'atleta che ha commesso un errore e ne pagherà le conseguenze (forse eccessive, se relazionate alla gravità dell'episodio), ma non merita in nessun modo di essere etichettato per questo. Ahilui, sembra che una buona fetta di osservatori abbia già scelto di condannarlo. Non è giusto. Nessuno ricorda Nalbandian per quel calcione, Shapovalov per la pallata con cui rischiò di acciecare un giudice di sedia, o Henman per aver colpito una raccattapalle a Wimbledon. L'episodio va ricordato, analizzato, condannato (entro i limiti) e poi archiviato. Le conseguenze dovrebbero finire qui. Speriamo di cuore che accada.