The Club: Bola Padel Roma
ATTUALITÀ

Il calendario ideale è un'utopia?

Il Telegraph ha ospitato le riflessioni di Judy Murray sulla struttura del calendario, a suo dire troppo faticoso. La mamma di Andy alterna affermazioni condivisibili ad altre meno corrette, tra necessità di un Commissioner e l'ossessione per l'uguaglianza di genere.

Riccardo Bisti
2 gennaio 2023

Da quando l'ATP ha preso in mano il tennis mondiale, il 2023 sarà il primo con qualche novità sostanziale nel calendario, dopo che per oltre trent'anni abbiamo assistito a semplici aggiustamenti. Il varo dei Masters 1000 di due settimane (che sarà completato nel 2025, quando anche Canadian Open e Cincinnati assumeranno questo format) è interessante, ma c'è qualcosa che rimane sempre uguale: la lunghezza. La stagione è scattata il 29 dicembre con i primi match della United Cup e terminerà il 26 novembre con la finale di Coppa Davis. Undici mesi senza sosta, con appena trenta giorni per ricaricare le batterie. Tema antico, ampiamente dibattuto, ma di difficile soluzione. Nel primo giorno dell'anno, il Telegraph ha ospitato un interessante articolo di Judy Murray, mamma di Andy e allenatrice di lunga esperienza. In oltre cento righe ha espresso le sue idee sul calendario e toccato diversi temi. Vale la pena riprendere e analizzare le sue parole, perché sono l'esempio di quanto sia maledettamente difficile venire a capo del problema e che – salvo rivoluzioni – l'aspetto del tennis sia destinato a restare tale. “La storia ostacola il cambiamento” dice Judy, e ha ragione.

L'articolo parte bene perché ripropone un tema utopico ma sacrosanto: la necessità di un Commissioner, una figura indipendente, conadiuvata da un consiglio composto dai migliori cervelli creativi e imprenditoriali. “Sono convinta che se esistesse questa figura e potesse lavorare su un foglio bianco, cambierebbe molte cose. Porterebbe un livello di leadership oggi assente, creando una sorta di ombrello per aiutare tutti gli organismi a fare un calendario migliore. Ha ragione: d'altra parte l'idea è antica, lanciata per la prima volta nel 1994 da Sports Illustrated nel celeberrimo articolo “Is Tennis Dying?”. Il calendario attuale è influenzato da quattro elementi (ATP, WTA, ITF e tornei del Grande Slam) che sono comprensibilmente protettivi dei loro prodotti. “Nessuno vuole abbandonare il proprio territorio, con l'esito di un calendario congestionato che non risponde agli interessi dei giocatori, degli appassionati e della disciplina”. È vero, ma proprio per questo è impensabile ipotizzare un Commissioner. I vari organi di governo dovrebbero fare un passo indietro e accettare una figura più importante di loro. In altre parole, auto-ridurre la propria influenza. E il proprio potere. Uno scenario simile sarebbe possibile soltanto con dirigenti (molto) illuminati, la cui priorità è il tennis e non la tutela di interessi. Auguri.

ASICS ROMA
«Il calendario perfetto dovrebbe essere di dieci mesi e costruito attorno alle sue parti forti: Slam, competizioni a squadre (Coppa Davis e BJK Cup) ed eventi misti» 
Judy Murray

Il doppio misto con in campo Roger Federer e Serena Wiilliams è stato uno degli eventi più seguiti degli ultimi anni

UNITED CUP
Secondo Judy, la United Cup è qualcosa di cui il tennis aveva bisogno. “Sostituisce la Hopman Cup, che ho adorato prima che fosse cancellata. Uno dei miei ricordi preferiti è quando Federer e Serena si sono affrontati in doppio misto. Ci fu grande attenzione, e senza la Hopman Cup non sarebbe mai stato possibile. Quando l'hanno annullata, ho pensato a cosa diavolo stessero facendo”. A suo dire, la United Cup ha il pregio aggiuntivo di offrire punti validi per la classifica mondiale. Tuttavia, si è focalizzata sulla sua natura “mista”, un vantaggio che il tennis non sfrutterebbe abbastanza. “Il doppio misto è molto popolare ma si gioca poco – scrive – è un bel modo per evidenziare l'uguaglianza di genere, in cui il tennis è leader grazie al lavoro di Billie Jean King e delle Original Nine, che lanciarono il circuito femminile”. E aggiunge che sempre più sport olimpici stanno lanciando eventi misti, perché è un prodotto che piace molto. Qui non siamo d'accordo. La United Cup è un progetto interessante, ma non può diventare un pilastro del calendario. L'uguaglianza di genere è poi un concetto sacrosanto, ma lo sport del ventunesimo secolo è soprattutto business: se un circuito genera più interesse e fatturato dell'altro, perché dovrebbe desiderare una fusione? Quanto al doppio misto, Judy sbaglia: è una competizione divertente ma poco credibile. Nessuno si allena per giocare e vincere il doppio misto. Va benissimo per eventi di questo tipo, ma forse andrebbe ribaltato il ragionamento: ha senso mantenerlo nei tornei del Grande Slam, laddove non è seguito praticamente da nessuno? Offre una fonte di guadagno in più per qualche decina di giocatori (prevalentemente doppisti), ma che benefici offre ai tornei? E al tennis in generale? Diverso il discorso per le Olimpiadi ed eventi di questo tipo, contesti in cui – in effetti - può diventare centrale.

IL CALENDARIO IDEALE
Judy si traveste da Commissioner e ipotizza il suo calendario perfetto. Dovrebbe essere di dieci mesi e incentrato sulle sue parti forti: Slam, competizioni a squadre (Coppa Davis e BJK Cup) ed eventi misti (!). “In questo modo, i tennisti sarebbero invogliati a giocare per la propria nazione. Anche se non apprezzo il format con i set brevi, mi piace anche il concetto di Next Gen Finals, laddove si possono vedere i migliori giovani in crescita. Per questo, organizzerei i tornei ATP-WTA in base a questi grandi eventi e aumenterei le settimane condivise tra uomini e donne”. Per la verità, è già così. I calendari sono chiaramente organizzati in base agli Slam: i quattro Major sono anticipati da diversi tornei preparatori, con stagioni anche piuttosto lunghe in avvicinamento a Roland Garros e Us Open. Quanto alle gare a squadre, per natura, non possono avere eventi preparatori, a prescindere dal loro format. Sulle competizioni miste, Judy sbaglia: non sono né saranno mai “parti forti” del calendario. La United Cup ha senso di esistere come prova generale per l'Australian Open, mentre è lei stessa ad essere perplessa sulla nuova Hopman Cup (“Non ha senso costringere i giocatori a passare dall'erba alla terra e poi al cemento in poche settimane”). Ma è così perché l'evento non è una parte forte del calendario, dunque l'ITF si è accontentata di un format ridotto pur di reinserirla in calendario. Judy affronta poi il tema dei Challenger: a suo dire, il calendario proposto permetterebbe di aumentare il numero di questo tipo di tornei. Ma i Challenger sono già tantissimi: nel solo 2022 se ne sono giocati 184, con diverse settimane in cui ce n'erano cinque, e addirittura un paio (la prima di ottobre e la seconda di novembre) con ben sei eventi. Inoltre sono state cancellate dieci tappe, altrimenti ci si sarebbe avvicinati a quota 200. C'è il problema opposto: i Challenger sono talmente tanti che il livello degli stessi rischia di essere molto basso. Non a caso, abbiamo visto alcuni tornei il cui cut-off era intorno al numero 500 ATP. Quanto al 2023, nei primi tre mesi dell'anno ne sono già stati programmati 43. “Una off-season più lunga darebbe poi spazio per organizzare più esibizioni”. Anche qui non siamo d'accordo: se da una parte si chiede più tempo per riposare, allenarsi e trascorrere tempo in famiglia, per quale motivo bisogna aumentare il numero di esibizioni?

Le Billie Jean King Cup non ha mai avuto lo stesso appeal della Coppa Davis

Secondo Judy Murray, il tennis dovrebbe investire sempre di più in eventi combinati tra uomini e donne

COPPA DAVIS E BILLIE JEAN KING CUP
Qui il parere di Judy è più condivisibile. “Il format con le partite in casa e in trasferta era quanto di più simile al calcio potesse offrire il tennis. Quello attuale è una replica della già dismessa ATP Cup e non ha lo stesso fascino, per nessuno. Molta della storia che ha reso grandi queste competizioni è andata persa: certi elementi non avrebbero dovuto essere manomessi”. Il principio è corretto e lo abbiamo espresso più volte. Semmai è opportuno fare un distinguo tra le due competizioni: se la Davis ha davvero fatto la storia del tennis, la BJK Cup è molto meno importante. Intanto ha meno storia (quest'anno compirà 60 anni), ha già cambiato due volte nome e il format attuale è una semplice riproposizione di quello che era fino a 20-25 anni fa. Judy Murray è una paladina dell'uguaglianza di genere e il suo punto di vista è comprensibile, ma se il cambio di format della Davis è stato un trauma, non si può dire altrettanto per la competizione femminile. Se poi anche la BJK tornasse al format casa-trasferta... benissimo.

CONCLUSIONI
È certamente vero che gli organizzatori lavorano soprattutto per se stessi e non siedono al tavolo “con una solida conoscenza del mondo contemporaneo, ascoltando giocatori e appassionati, studiando i competitors e organizzando di conseguenza il calendario”. In questo senso, sia pure in una gestione non sempre impeccabile, è apprezzabile che Andrea Gaudenzi si sia fatto promotore di una maggiore unità d'intenti. Vedremo a cosa porterà il processo di unificazione, per ora sublimato dalla United Cup. Ma ci sentiamo di dire che questa competizione deve essere un mezzo, e non un fine. “Devono lavorare insieme per fare sì che questo evento possa davvero brillare” conclude Judy. Con tutto il rispetto, lo splendore della United Cup non può essere una priorità per lo sviluppo del tennis. Quanto al resto, ci stupiremmo se il calendario sarà oggetto di sconvolgimenti. Aggiustamenti sì, ma difficilmente si potrà andare oltre.