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WIMBLEDON

La campionessa che non esulta mai

Una brutta finale premia Elena Rybakina: la russa col passaporto kazako approfitta del calo di Ons Jabeur e si impone alla distanza, festeggiando con l'esultanza più sobria che si ricordi. La sua vittoria scatena l'imbarazzo di un torneo che ha bandito russi e bielorussi. 

Riccardo Bisti
9 luglio 2022

Nella sua penultima intervista sul Centre Court prima di andare in pensione, Sue Barker ha sottolineato che Bulat Utemuratov, presidente della federtennis kazaka, era lo spettatore più entusiasta durante la finale femminile. Non sappiamo se l'abbia detto di sua iniziativa o meno, ma non c'è dubbio che conveniva – al mondo british – ricordare che Elena Rybakina è una giocatrice kazaka. O meglio, gioca per il Kazakhstan. Vi abbiamo raccontato il percorso che ha portato la moscovita a rappresentare il suo nuovo Paese, ma la suggestione è enorme, infinita. Nell'anno in cui russi e bielorussi sono stati banditi, il torneo è stato vinto proprio da una russa, come non accadeva dal 2004 (anno del primo Slam di Maria Sharapova). Che la Rybakina rappresenti il Kazakhstan è puramente accessorio, anche se dalle parti di Nur Sultan (l'ex Astana, che ha preso il nome dell'ex presidente) saranno in corso festeggiamenti.

Qualcuno ha parlato di karma, altri di punizione divina. Ad altri ancora non è sfuggito il disagio evdenziato da Kate Middleton quando ha consegnato il Venus Rosewater Dish nelle mani della Rybakina. E allora viene da credere che la citazione a Mister Utemuratov non sia stata casuale. E viene da pensare che la Rybakina non avrebbe vinto questo torneo se non ci fosse stato il boicottaggio a russi e bielorussi. Benedetto karma. I suoi risultati erano chiari: nulla faceva pensare a un trionfo del genere. Prima di Wimbledon aveva giocato due tornei sull'erba, vincendo solo una partita, peraltro con la n.227 WTA (Jamie Loeb). Non a caso, quando si è presentata a Londra, ha detto che l'obiettivo massimo sarebbe stato un piazzamento nella seconda settimana. Invece ha edificato una favola, sublimata dal 3-6 6-2 6-2 con cui ha battuto Ons Jabeur in finale. Una brutta partita, in cui la tunisina ha sfruttato il suo miglior bagaglio tecnico nel primo set, poi si è sciolta come neve al sole, nel caldo pomeriggio di Londra.

«Ero nervosa prima della partita, ero nervosa durante... onestamente sono contenta che sia finita!» 
Elena Rybakina
PLAY IT BOX

Il momento in cui Elena Rybakina diventa campionessa di Wimbledon

Nessuna delle due è un Cuor di Leone. La curiosità principale, in avvio di partita, riguardava proprio l'aspetto mentale: chi sarebbe crollata per prima? Chi avrebbe tenuto i nervi saldi? A disegnare l'esito finale è stata soprattutto la Jabeur: partita meglio, si è lentamente sgretolata. Al contrario, la Rybakina ha giocato un match semplice, ordinato, senza inventarsi nulla: grande attenzione nello scambio, accelerazioni al momento giusto e grande umiltà nel rincorrere le decine di smorzate della sua avversaria. “Non avrò più bisogno di fare preparazione atletica!” ha scherzato durante la premiazione dopo aver ammesso di aver corso moltissimo.

Ha anche commesso parecchi errori grossolani nei pressi della rete, segno di una mano non troppo educata. Però ha avuto il merito di non demoralizzarsi: non era scontato, visto che la sua carriera e già densa di episodi in cui si è un po' mangiata la vittoria. In carriera ha giocato 98 partite al terzo set, vincendone 54. Non esattamente una percentuale straordinaria, ma ciò che conta è che abbia vinto il più importante. Quando ha capito che il traguardo era a un passo, la Jabeur è andata in confusione e ha commesso molti errori, oltre a eccedere con la palla corta. Arma importante, ma ha preso a giocarla anche quando non c'era senso tattico. Ha avuto una chance importante nel sesto game del terzo set: con la Rybakina avanti 3-2 e servizio, si è trovata 15-40 ma non ha sfruttato l'occasione.

ASICS

Bulat Utemuratov è stato il primo ad abbracciare Elena Rybakina

Le prime parole di un'impacciata Elena Rybakina dopo il trionfo

Abbiamo capito che il match era finito nel punto che ha dato alla Rybakina il 4-2: una sua volèe è stata corretta dal nastro, apparecchiandole il campo per quella successiva, a campo aperto. Un po' come Serena Williams nel 2009, quando fu salvata da una volèe deviata dal nastro nel matchpoint per Elena Dementieva. Il resto è quasi surreale: un po' per la simbologia del successo, un po' per la (non) esultanza della Rybakina. Dopo l'ultimo punto ha appena agitato il pugnetto, come se avesse vinto un match di primo turno. È stata un po' impacciata anche durante la premiazione nell'intervista con Sue Barker, in cui ha messo insieme parole e concetti un po' disordinati.

Si era dimenticata di menzionare i suoi genitori, assenti in tribuna, poi si è salvata in corner dicendo che “Senza di loro non sarei stata qui”. E giù risate. Wimbledon in gonnella termina qui, col sorriso imbarazzato di Elena Rybakina e il dispiacere immenso di Ons Jabeur, che ha detto: “Elena ha rubato il mio titolo, ma va bene così. Il tennis è questo e prevede un solo vincitore”. Al momento di salutare tutti, ha augurato Eid Mubarak a tutti i musulmani. Già, perché la finale si è giocata nel giorno della “Festa del Sacrificio”, la più importante per il mondo islamico, in cui si celebra il sacrificio di Abramo. Non era mai successo che geopolitica e tennis fossero così vicini, ma gli inglesi se la sono un po' cercata. Amen.

WIMBLEDON 2022
Finale Donne
Elena Rybakina (KAZ) b. Ons Jabeur (TUN) 3-6 6-2 6-2