The Club: Bola Padel Roma
IL PERSONAGGIO

Kazakhstan, stavolta l'acquisto è giusto

L'impressionante scalata di Elena Rybakina. Un anno fa era a stento tra le top-200, oggi “vede” le top-10. Il merito è della federtennis kazaka, che ha scelto di “acquistarla” quando era sconosciuta, e del potersi concentrare sul tennis con un coach a tempo pieno. Prima c'era la scuola...

Riccardo Bisti
24 febbraio 2020

Voleva chiudere il 2019 tra le prime ottanta, invece si è spinta fino al numero 36. Per l'anno nuovo, Elena Rybakina aveva parlato di un possibile ingresso tra le top-20. Le sono bastati meno di due mesi per centrare l'obiettivo, in virtù di un avvio di stagione fantastico: finale a Shenzhen, vittoria a Hobart (la seconda in carriera dopo Bucarest 2019), ancora finale a San Pietroburgo e Dubai. In mezzo, una buona partecipazione all'Australian Open, in cui si è arresa al terzo turno alla numero 1 Ashleigh Barty. Con i suoi 184 centimetri, è una delle giocatrici più alte del tour: fu proprio la sua altezza a farla scivolare verso il tennis, quando aveva sei anni. Prima di allora, praticava ginnastica e pattinaggio insieme alla sorella. Ma le dissero che era troppo alta per aspirare a diventare una professionista, così decise di virare sul tennis. In fondo, papà si era innamorato dal gioco dopo averlo scoperto a 20 anni. Se nelle altre discipline era un handicap, nel tennis l'altezza può dare una mano. Elena serve alla grande e sta lavorando nella transizione verso la rete, perché vuole essere una giocatrice aggressiva, di volo. Non ama gli scambi lunghi e fa di tutto per evitarli. Per adesso la strategia funziona: ha inaugurato il 2020 vincendo 19 partite su 23, raccogliendo due scalpi di prestigio a Dubai: appena arrivata da San Pietroburgo (laddove si era arresa in finale) ha superato la vincitrice dell'Australian Open Sofia Kenin (n.5 WTA), poi si è ripetuta contro Karolina Pliskova (n.3). Per fermarla, c'è voluta l'ostinazione di Simona Halep. La sensazione è che Elena sia molto, molto vicina a un grande exploit. “Ho sempre amato il tennis – racconta – per me è sempre stato un gioco e mai un lavoro. Se non riesco a fare qualcosa, mi piace lavorarci per migliorarlo. Mi piace tutto di questa disciplina”. Vallo a spiegare ad Alexander Bublik, che proprio in questi giorni ha ammesso di “odiare” il tennis e di giocare soltanto per soldi. I due, tuttavia, hanno qualcosa in comune: giocano entrambi per il Kazakhstan dopo aver rappresentato la Russia. Da diversi anni, ormai, il tennis kazako fa la spesa nei Paesi limitrofi, ingaggiando ottimi tennisti in cambio di denaro e assistenza.

“Ho sempre amato il tennis. Per me è sempre stato un gioco e mai un lavoro. Se non riesco a fare qualcosa, mi piace lavorarci per migliorarlo. Mi piace tutto di questa disciplina”
Elena Rybakina

Gli highlights della finale di Dubai, persa in tre set contro Simona Halep

Mi hanno contattato loro – dice la Rybakina – e per me è stato facile accettare, perché hanno creduto in me quando non ero così forte. Il loro aiuto è stato fondamentale”. A differenza di qualche anno fa, quando il Kazakhstan prendeva giocatori già affermati, ma fondamentalmente gli “scarti” della Russia, adesso punta giovani promettenti che possono diventare ottimi giocatori. È certamente il caso della Rybakina, nata il 17 giugno 1999 ed ex numero 3 nella classifica giovanile. “In realtà ho capito piuttosto tardi di poter diventare una tennista – dice la kazaka d'importazione – soltanto quando ho iniziato a giocare gli Slam junior. Quando frequentavo la scuola tennis non ero così forte: perdevo sempre al primo o al secondo turno, mentre le mie compagne arrivavano in fondo. Anche l'approccio al circuito junior non è stato semplice: all'inizio giocavo tornei di Grado 3, 4 e 5... ma non ottenevo risultati. Poi mi è capitato di vincere un Grado 3 partendo dalle qualificazioni e da lì è cambiato tutto”. La particolarità della Rybakina sta in una crescita graduale, quasi inusuale per una giocatrice del suo talento. I suoi genitori le hanno imposto di terminare le scuole superiori, evitando che diventasse una baby-professionista già a 13-14 anni. Al mattino andava a scuola, il tennis era l'attività pomeridiana. Una scelta di vita che l'ha un po' rallentata, fino a quando è arrivato il diploma. Finita la scuola, doveva decidere se tuffarsi nel professionismo oppure andare al college. Diverse università americane l'hanno contattata. “Ho ricevuto almeno 15 offerte, ma ho rifiutato perchè volevo giocare a tennis. Mio padre spingeva in quel senso, era preoccupato per la mia educazione, ma poi l'ho convinto grazie ai miei risultati. Non avevamo molte risorse economiche, ma proprio in quel momento è arrivata l'offerta del Kazakhstan”. Da allora è diventato tutto più facile, poi la chiusura del cerchio è arrivata con l'ingaggio di un coach a tempo pieno, il croato Stefano Vukov. Prima lavorava con un nome importante, Andrei Chesnokov, ma l'ex top-10 russo non la seguiva in giro per il mondo. Al contrario, Vukov ha sposato il progetto al 100% e ci ha anche messo un po' d'Italia. Durante la preparazione invernale, l'ha portata a Roma per effettuare uno step di preparazione con Adriano Albanesi (ex coach di Lesia Tsurenko) e lo staff del Team Motustech. Avrebbero dovuto fermarsi un paio di settimane, invece hanno trascorso ancora più tempo perché erano convinti della bontà del lavoro. I risultati sono tutti dalla loro parte.

Quando frequentavo la scuola tennis perdevo sempre al primo o al secondo turno, mentre le mie compagne arrivavano in fondo. Anche l'approccio al circuito junior non è stato semplice: all'inizio giocavo tornei di Grado 3, 4 e 5... ma non ottenevo risultati”

La chiave della mia crescita? Facile: l'anno scorso mi sono finalmente concentrata sul tennis, perché prima andavo a scuola, non potevo fare assenze e non avevo un allenatore itinerante. Adesso c'è Stefano, che mi aiuta moltissimo”. E allora, mentre Elena festeggia un best ranking al n. WTA, le ragazze che un tempo le stavano davanti si sono dissolte, almeno tennisticamente. “Molte di loro hanno smesso di giocare, altre hanno proseguito con gli studi – dice Elena – non credo che i risultati giovanili abbiano valore, ma capita di vedere genitori che imnpazziscono per le vittorie nei tornei under 12 o 14. Al contrario, io giocavo a tennis perché i miei genitori volevano che facessi qualcosa dopo la scuola. Non pensavo a diventare una professionista ma poi, in effetti, le cose sono cambiate”. L'improvvisa crescita, unita alla popolarità, cambierà la percezione delle avversarie. E per lei non sarà facile vivere lo spogliatoio: “Ho alcune amiche nel circuito, ma le più strette non gareggiano nel circuito WTA perché io sono salita troppo in fretta. Ho alcune amiche, però non conosco ancora le top-players”. C'è da credere che abbiano già inquadrato il suo volto. Il volto della terza più giovane tra le top-20 (soltanto Andreescu e Vondrousova la precedono in questa speciale classifica), priva di un vero e proprio hobby. È così perché non aveva tempo a sufficienza: al mattino andava a scuola, al pomeriggio si allenava. Niente fronzoli, niente tempo perso. “Però era divertente, perché facevo corsi collettivi”. Adesso ha più tempo libero, ma lo dedica principalmente agli amici e alla famiglia perché non trascorre più molto tempo a casa. “Dopo 3-5 giorni devo ripartire. In effetti è un bel cambio, perché prima non giocavo molto". A ben vedere, la sua unica passione è l'amata cagnolina Mulia, un beagle che compare spesso nei suoi post sui social network. Per il resto, c'è soltanto il tennis. Per le avversarie potrebbe essere una cattiva notizia.

Dall'alto dei suoi 184 centimetri, Elena Rybakina è dotata di un gran servizio
ASICS ROMA