The Club: Bola Padel Roma
US OPEN

L'Ultimo Ballo

Una notte densa di emozioni ha messo fine alla carriera di Serena Williams. Le ha provate tutte per battere Ajla Tomljanovic, ma ha finito la benzina dopo aver vinto il secondo set. Durante l'abbraccio virtuale con il pubblico si è lasciata andare alla commozione. “Ma sono lacrime di gioia”. 

Riccardo Bisti
3 settembre 2022

Nemmeno lei sapeva cosa attendersi. Non sapeva quali parole avrebbe trovato nel momento del congedo, e nemmeno come avrebbero reagito le persone che ama. Di sicuro Serena Williams avrebbe voluto chiudere con una vittoria, ma la realtà non è come una fiction. Però ha fatto tutto quello in suo potere per battere una splendida Ajla Tomljanovic, autrice di una partita straordinaria sul piano tecnico e – soprattutto – mentale. L'australiana passerà alla storia come Benjamin Becker, che sedici anni fa mise fine alla carriera di Andre Agassi. Il torneo era lo stesso, così come il campo. E anche in quell'occasione era un terzo turno. Gli organizzatori avevano fatto tutto il possibile per dare una mano a Serena: sessione serale a ogni partita, clima quasi intimidatorio per le avversarie, con lo stravolgimento del rituale dell'ingresso in campo.

L'avevano studiata bene: prima hanno mandato in campo l'avversaria, come una vittima in pasto ai pescecani. Poi i maxi-schermi dell'Arthur Ashe Stadium hanno passato una clip dedicata alla grandezza di Serena Williams. Prodromo al suo ingresso in campo in stile wrestling, con lo speaker che la presenta come migliore di sempre. Contro Kovinic e (soprattutto) Kontaveit aveva funzionato, mentre la Tomljanovic ha mostrato una forza mentale granitica. Aveva promesso di rinchiudersi in una bolla e di imitare Novak Djokovic, che nella sua testa aveva trasformato i Roger!!! Roger!!! del pubblico londinese in immaginari Novak!!! Novak!!! Il lavoro mentale ha dato i suoi frutti e la Tomljanovic ha giocato una partita perfetta, vincendo un primo set che sembrava perduto (da 3-5 a 7-5) e costringendo Serena a mille fatiche per aggiudicarsi il secondo.

«Non ci sarebbe stata Serena senza la presenza di Venus»
Serena Williams
PLAY IT BOX

L'ultima partita di Serena Williams: uno spettacolo tecnico ed emotivo

L'americana si è trovata avanti 4-0 e poi 5-2, ma ha avuto bisogno del tie-break per allungare il match. In avvio di terzo c'è stato l'unico (breve) attimo di sbandamento, con Serena subito avanti di un break e avanti 40-15 nel secondo game. Ma le energie spese in due ore e mezza si sono riversate sul suo corpo possente ma usurato. Il processo di sgretolamento della Tomljanovic ha fatto il suo effetto e l'americana si è spenta, pur dando vita a diversi game combattuti. L'ultimo è stato uno spettacolo, tecnico ma soprattutto emotivo. Serena ha cancellato cinque matchpoint in modo superbo, sospinta da una folla tanto esaltata quanto commossa. E si sono commossi tutti dopo l'ultimo punto, un dritto in mezzo alla rete quando il match era iniziato da 3 ore e 5 minuti, che ha fissato il punteggio sul 7-5 6-7 6-1. Erano da poco passare le dieci della sera, e quasi ventisette anni dal primo match professionistico, nelle qualificazioni del torneo WTA di Quebec City.

Era l'ottobre 1995 e Serena perdeva contro Anne Miller. Dopo quella, ha giocato altre 1013 partite (vincendone 858), con un pallottoliere di trofei da leggenda. Non vale la pena ripetere numeri citati mille volte, anche se rimane il retrogusto amaro di un 24esimo Slam che non è mai arrivato, e che le avrebbe permesso di agguantare Margaret Court, la più titolata di sempre. Dopo aver intascato il 23esimo (da incinta, senza saperlo), è diventata madre, e al rientro ha giocato altre quattro finali, perdendole tutte. Ma i numeri non tengono conto di una carriera densa di tribolazioni, a partire dall'adolescenza nel sobborgo borderline di Compton, laddove un campo pubblico, papà Richard e la sorella Venus erano lo scrigno dei suoi sogni.

ASICS

La stretta di mano tra Serena Williams e Ajla Tomljanovic

Leggi anche: Ciao, Serena

L'indimenticabile commiato di Serena Williams

Le utopie del padre si sono tramutate in realtà, e con il tempo Serena è entrata – trovandosi a proprio agio – nello star system. Però ha avuto il pregio di non dimenticarsi le sue origini. Una consapevolezza che le ha permesso di risorgere più volte dalle proprie ceneri agonistiche. Infortuni, scarsa voglia di allenarsi, persino un dramma sfiorato come l'embolia polmonare avuta nel 2011. E ancora: la crisi del 2012, quando toccò il punto più basso della sua carriera perdendo contro Virginie Razzano al Roland Garros. Già che era in Francia, chiese ospitalità all'accademia di Patrick Mouratoglou ed è iniziata una seconda carriera, ancora più vincente. Tre anni dopo è arrivata a un tiro di schioppo dal Grande Slam, ma il braccio fatato di Roberta Vinci le ha dato una delusione atroce, la più dura della sua carriera. Si è rialzata anche stavolta, ha continuato a vincere ed è rimasta Serena fino alla fine.

Come dopo il successo contro Anett Kontaveit: nell'intervista sul campo, quando Mary Joe Fernandez le ha chiesto se si sarebbe aspettata di giocare a questo livello, l'ha bonariamente fulminata con lo sguardo, rispondendo con tre parole facili facili: “Io sono Serena”. E forse sta proprio lì il mini-rimpianto, emerso nell'ultima conferenza stampa della sua vita nelle vesti di giocatrice. “Sono sorpresa dal livello raggiunto in così poche settimane. Avessi ripreso un po' prima...”. Nonostante la celebrazione e le tempeste emozionali appena vissute, era scocciata per aver perso la partita.
Agonista fino in fondo. Anzi, Serena fino in fondo.
Ripensando all'addio di Andre Agassi, quello di Serena ha sorpreso per la sua sobrietà. Sembra incredibile associare questo sostantivo a un personaggio ruspante come Serena, eppure l'emozione e le lacrime (di gioia, ha precisato lei) hanno prodotto parole dolci e delicate. Ha ringraziato i genitori, non prima di aver mandato un pensiero a papà Richard, oggi malato di alzheimer, e poi si è rivolta a Venus. “Non ci sarebbe stata Serena senza Venus”. La sorella maggiore ha provato a restare impassibile, poi si è sciolta nelle lacrime quando Serena si è rifugiata nella pancia dell'Arthur Ashe. Si sarebbero abbracciate lontano da occhi indiscreti.