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L'ANNUNCIO

Ciao, Serena

Con un lungo articolo su Vogue, Serena Williams annuncia l'imminente ritiro. Lascerà dopo lo Us Open per dedicarsi alla famiglia (vuole un secondo figlio) e alla sua società di investimenti. A quasi 41 anni, non aveva scelta. Non è stata la più grande di sempre, ma la più forte.

Riccardo Bisti
10 agosto 2022

Ventisette anni sono un tempo sufficiente per maturare l'idea di un ritiro, e magari fare altro nella vita. Ventisette anni è il tempo trascorso tra il primo e l'ultimo torneo di Serena Williams. Tutto è cominciato nel 1995, quando le diedero una wild card per le qualificazioni del torneo WTA di Quebec City, in Canada. Non crediamo l'abbia fatto apposta, ma ha annunciato il suo ritiro proprio mentre si trova in Canada, a Toronto, dopo aver vinto la sua prima partita in un oltre un anno. Non c'è nulla di sorprendente nell'annuncio dell'americana. Le tempistiche, le parole e i toni usati, e le modalità. Non ha voluto essere da meno rispetto alla storica rivale Maria Sharapova, che nel febbraio 2020 annunciò il ritiro proprio su Vogue. Una rivista di moda, a cui hanno accesso soltanto i “miti”. A suon di risultati, l'ex ragazza cresciuta nel ghetto di Compton ha acquisito il diritto di comparirci (la prima volta nel 1998), e ha scelto proprio Vogue (e il ghost writer Rob Haskell) per annunciare l'imminente addio al tennis. Un lungo articolo che assomiglia a una lettera aperta, in cui non c'è nulla – davvero nulla – di sorprendente. L'unica notizia, forse, riguarda il desiderio di ampliare la famiglia. Racconta che da un annetto sta provando a fare un altro figlio insieme al marito Alexis Ohanian, e che non ci sono impedimenti. Ma non può permettersi un'altra gravidanza da tennista, specie dopo le tribolazioni a seguito del primo parto (fu vittima di una seconda embolia polmonare, dopo quella del 2011).

Terminerà il suo impegno a Toronto (oggi sfiderà Belinda Bencic), la dovremmo vedere a Cincinnati (risulta iscritta con il ranking protetto) e poi dirà addio a Flushing Meadows, laddove ha vissuto pagine leggendarie, ma anche dolorose. È curioso: sebbene l'abbia vinto ben sei volte, si ricordano più le sconfitte. Nel 2004, quando fu rapinata nella semifinale contro Jennifer Capriati da alcune chiamate fuori dal mondo. Nel 2009, quando ricevette un penalty point sul matchpoint a sfavore dopo la sfuriata contro una giudice di linea, colpevole di averle chiamato una fallo di piede. Nel 2011, quando si imbestialì con la giudice di sedia per averle chiamato palla disturbata durante la finale contro Samantha Stosur. Nel 2015, quando il sogno di completare il Grande Slam si è bloccato contro i tagli assassini di Roberta Vinci. Fino alla finale del 2018, in cui un coaching di Patrick Mouratoglou è stata l'origine della faida con l'arbitro Carlos Ramos. Nel suo commiato, Serena dice di aver iniziato a giocare con l'obiettivo di vincere lo Us Open. Ed è giusto che finisca tutto proprio lì, laddove ventitre anni fa ha vinto il primo di ventitre Slam. Serena ci soffre, è convinta (a ragione) di aver avuto la possibilità di vincere 30 Slam. Ma ogni vita – e ogni carriera – è figlia delle scelte personali. Fino al 2012, la sorella minore di Venus non ha messo il tennis al primo posto. Ha altri interessi (ultimamente ha lanciato la Serena Venture, società di investimenti che sembra andare decisamente bene), ha conosciuto il benessere e ha scelto di goderselo.

«Sono terribile negli addii, la peggiore del mondo. Ma vorrei dirvi che vi sono grata più di quanto potrei esprimere a parole. Mi avete portato a tante vittorie e tanti trofei. Mi mancherà quella versione di me, quella ragazza che giocherà a tennis. E mi mancherete voi»
Serena Williams
ASICS ROMA

Oltre alla lettera d'addio, Serena ha realizzato un filmato in cui ripercorre la sua vita attraverso alcuni degli abiti più iconici indossati sin da quando aveva 11 anni

Come darle torto, dopo infanzia e parte dell'adolescenza vissute nel ghetto di Compton, allenandosi su un campo pubblico tra una pallottola e l'altra, seguita e protetta da un padre un po' folle, una sorella che le ha reso tutto più facile e una madre che ha saputo addolcire il clima familiare, ma senza togliere il sacro fuoco della competizione. Serena ha intascato quasi 95 milioni di dollari in soli premi ufficiali, ma la cifra si può agevolmente moltiplicare grazie a sponsor e varie voci di guadagno. A un certo punto, Serena lo ammette: “Ho vinto tante partite perché qualcosa mi aveva fatto arrabbiare o qualcuno mi aveva escluso. Questa motivazione mi ha guidato. Ho costruito la mia carriera incanalando rabbia e negatività, trasformandole in qualcosa di buono. Una volta mia sorella ha detto che quando dicono che non puoi fare qualcosa, è perché loro non sono in grado. Ma io l'ho fatto”. La motivazione è il motore che ci spinge ad andare avanti, a superare i limiti. È particolarmente vero per Serena, infuriata per le due sconfitte nel 2004 contro Maria Sharapova. Gliel'ha giurata, e da allora non ci ha mai più perso. Siamo convinti che il 6-0 6-1 rifilatole nella finale olimpica di Londra sia uno dei match che ricorda con maggior piacere. Ed è vero: quando la parabola della sua carriera sembrava in discesa, ha sempre trovato il modo di smentire tutti. Nel 2012 ha perso per la prima volta all'esordio di uno Slam (contro Virginie Razzano al Roland Garros). Qualcuno aveva iniziato a dubitare del suo futuro, lei ha trovato rifugio da Patrick Mouratoglou e si è costruita una seconda parte di carriera ancora più vincente.

Sarebbe stata mitica se avesse completato il Grand Slam nel 2015, ma gli astri avevano scelto diversamente. Rimane la scocciatura per essersi fermata a 23, visto che dopo il suo ultimo Slam (Australian Open 2017, vinto da incinta) ha giocato altre quattro finali e le ha perse tutte. Ma la sua carriera rimane più importante di quella di Margaret Court, che ha vinto 13 dei suoi 24 Major in epoca dilettantistica, con 11 titoli in Australia che valgono quel che valgono. I numeri non si possono ignorare, ma il nostro compito e dare il giusto valore alle cose. E allora le competitors di Serena si chiamano Steffi Graf, Martina Navratilova, Chris Evert. Al suo massimo, Serena è stata la più forte di tutte. GOAT? Tra le donne è un po' più facile: secondo chi scrive, Serena Williams è stata la più forte, ma non la più grande. Non ha santificato la sua esistenza al tennis,non è mai stata una buona perdente e a volte non è stata all'altezza della sua popolarità. Ma rimane una leggenda del tennis: insieme a Venus, ha davvero cambiato il paradigma del tennis femminile. Non soltanto per la potenza del loro gioco, la loro provenienza, il colore delle pelle. Le Williams Sisters hanno dimostrato che si può diventare campionesse partendo da zero. Che si può avere successo andando contro tutto e contro tutti, evitando di comprare biglietti al fiera del conformismo.

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Serena Williams ha vinto il suo primo Slam allo Us Open 1999, battendo lungo il percorso tre delle prime quattro

40 momenti d'oro di Serena Wiliams allo Us Open, laddove terminerà la sua carriera

Come quando hanno boicottato per quindici anni il torneo di Indian Wells perché erano state accusate di combine nel 2001, con tanto di fischi. Serena dice di aver parlato con Tiger Woods in primavera. La leggenda del golf le ha consigliato di allenarsi duramente per due settimane e poi ascoltare se stessa. Ha impiegato un mese a farlo, travolta dagli impegni di madre (“Da quando è nata, non sono mai rimasta più di 24 ore lontana da Olympia”). Un segnale importante, anche se quando l'ha fatto le si è riacceso il fuoco. “Sfortunatamente non ero pronta per vincere Wimbledon – ha scritto – e non so se sarò pronta per vincere a New York, ma ci proverò. I tornei di avvicinamento saranno divertenti. So che un fan aveva la fantasia che avessi potuto raggiungere Margaret a Londra, superarla a New York e poi annunciare il ritiro durante la premiazione. Lo capisco, è una bella fantasia, ma non sto cercando un particolare addio sul campo. Sono terribile negli addii, la peggiore del mondo. Ma vorrei dirvi che vi sono grata più di quanto potrei esprimere a parole. Mi avete portato a tante vittorie e tanti trofei.

Mi mancherà quella versione di me, quella ragazza che giocherà a tennis. E mi mancherete”. Un bel modo per chiudere l'articolo: elegante, narrativo. Ma un po' fasullo: Serena sa benissimo che l'Arthur Ashe sarà addobbato a festa per la sua ultima partita e le tributeranno un addio da brividi, in cui scorreranno fiumi di lacrime. È giusto che sia così, perché Serena Williams è stata una leggenda del nostro sport, vera fonte di ispirazione per migliaia di ragazze. Sul serio, non così per dire. Se il tennis femminile si è aperto a tante giocatrici nere, il merito è soprattutto suo e della sorella Venus. Lei non voleva ritirarsi, racconta di aver patito moltissimo la decisione, ma crediamo che – salvo il 24esimo Slam fallito – possa dire addio senza rimpianti. Abbiamo paura che ne avrà uno, nella notte di settembre in cui saluterà tutti: l'assenza di papà Richard. Ormai anziano e malato, vittima di una malattia degenerativa, non potrà assistere all'ultimo atto del suo capolavoro. Senza di lui, l'epopea Williams non sarebbe mai esistita. Ma Venus e Serena lo sanno bene. E sapranno dargli il giusto tributo.