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L'OPINIONE

È tempo di tornare alle finali al meglio dei cinque set

La durata media delle finali Masters 1000 e ATP Finals del 2022 è stata di un'ora e 46 minuti. Poco, visti i prezzi dei biglietti e un gioco effettivo che si attesta sul 10%. Intanto i numeri degli Slam confermano che il 3 su 5 mantiene il suo appeal. E abbiamo una certezza: la generazione degli highlights non guarda neanche i match 2 su 3. 

Riccardo Bisti
23 novembre 2022

Erano le 20.46 di domenica sera quando l'ace centrale di Novak Djokovic ha chiuso le ATP Finals di Torino, fissando sul 7-5 6-3 il punteggio della finale contro Casper Ruud. Il match è durato 92 minuti: per quanto il pubblico abbia tributato applausi e ovazioni, e Djokovic abbia fatto il mattatore durante la premiazione, è possibile che qualche spettatore abbia lasciato il Pala Alpitour con ancora voglia di tennis. Rispetto alle altre discipline, il nostro sport ha il vantaggio di offrire uno spettacolo piuttosto lungo, che spesso giustifica il prezzo dei biglietti. Tale vantaggio svanisce in occasione delle finali, quando c'è una singola sessione e un match può essere particolarmente breve e nemmeno troppo esaltante. Non è colpa dei giocatori o dei tornei: è la natura del nostro sport. Però è un problema reale, soprattutto nel momento in cui il prezzo dei biglietti per la finale è il più alto della settimana (salvo qualche rara eccezione). Ci chiedono spesso consigli su quali giornate scegliere per andare a vedere un torneo: pur ammettendo il fascino di una finale, non indirizziamo mai verso gli ultimi giorni. Nei tornei Masters 1000, le giornate con il miglior compromesso tra qualità e quantità degli incontri sono quelle degli ottavi e dei quarti. Ma torniamo al problema delle finali, sempre più sentito dopo che la finale del Masters – giocoforza – non ha soddisfatto ogni palato.

Era il 1 aprile 2007 quando si è giocata l'ultima finale di un torneo Masters 1000 al meglio dei cinque set. Anche allora c'era in campo Novak Djokovic. Quel giorno si aggiudicò il suo primo torneo di categoria battendo Guillermo Canas con il punteggio di 6-3 6-2 6-4. Da allora, il 3 su 5 ha vissuto un colpo di coda per le ATP Finals di quell'anno (Federer b. Ferrer 6-2 6-3 6-2 a Shanghai), salvo poi venire abbandonato in tutti i tornei del circuito ATP. E pensare che nel 2006 ben otto finali su dieci si erano giocate sulla lunga distanza. Anche alcuni tornei più piccoli adottavano questo format: gli ultimi sono stati Gstaad e Stoccarda, sempre nel 2006. Era rimasto in Coppa Davis e nelle finali olimpiche, spazzato via dalla riforma Kosmos del 2018, e oggi resiste nei soli tornei del Grande Slam. A distanza di quindici anni, ci si torna a domandare se i tornei più importanti debbano ripristinare le finali al meglio dei cinque set. Il dibattito è vivo, ma è opportuno approcciarlo con i dati. Nel 2022, le nove grandi finali del circuito ATP (a Shanghai non si è giocato) hanno avuto una durata media di 1 ora e 46 minuti, oscillanti tra i 62 minuti di Madrid (Alcaraz b. Zverev) e i 153 di Parigi-Bercy (Rune b. Djokovic). Non abbiamo intervistato gli spettatori all'uscita dalla Caja Magica e dalla Accors Arena, ma siamo ragionevolmente certi che i parigini fossero più contenti dei madrileni (al netto della gioia per il successo di un giocatore di casa).

A Madrid, Carlos Alcaraz ha avuto bisogno di 62 minuti per aggiudicarsi la finale contro Alexander Zverev

PLAY IT BOX

LA DURATA DELLE GRANDI FINALI ATP DEL 2022

Indian Wells - Taylor Fritz (USA) b. Rafael Nadal (SPA) 6-3 7-6 in 2 ore e 6 minuti
Miami - Carlos Alcaraz (SPA) b. Casper Ruud (NOR) 7-5 6-4 in un 1 ora e 52 minuti
Monte Carlo - Stefanos Tsitsipas (GRE) b. A. Davidovich Fokina (SPA) 6-3 7-6 in 1 ora e 36 minuti
Madrid - Carlos Alcaraz (SPA) b. Alexander Zverev (GER) 6-3 6-1 in 1 ora e 2 minuti
Roma - Novak Djokovic (SRB) b. Stefanos Tsitsipas (GRE) 6-0 7-6 in un 1 ora e 36 minuti
Toronto - Pablo Carreno Busta (SPA) b. Hubert Hurkacz (POL) 3-6 6-3 6-3 in 1 ora e 45 minuti
Cincinnati - Borna Coric (CRO) b. Stefanos Tsitsipas (GRE) 7-6 6-2 in 1 ora e 57 minuti
Parigi Bercy - Holger Rune (DAN) b. Novak Djokovic (SRB)3-6 6-3 7-5 in 2 ore e 33 minuti
ATP Finals - Novak Djokovic (SRB) b. Casper Ruud (NOR) 7-5 6-3 in 1 ora e 32 minuti

DURATA MEDIA - 1 ora e 46 minuti

Djokovic-Canas di Miami 2007 è stata l'ultima finale Masters 1000 al meglio dei cinque set

Ma c'è di più: un tempo, alcune emittenti televisive – soprattutto quelle di lingua tedesca – offrivano un dato statistico che si è un po' perduto: il tempo effettivo delle partite. Tuttavia, è risaputo che nel tennis oscilli tra l'8 e il 12% del totale. E allora ci si domanda se l'attuale format sia adeguato al prestigio degli eventi e al loro impatto economico. Gli organizzatori delle ATP Finals hanno sottolineato le ricadute sul territorio, stimate in circa 140 milioni di euro. Ma è giusto mettersi nei panni di una famiglia di 3-4 persone: per assistere alla finale del Masters, il biglietto meno caro (la galleria 2 est-ovest) costava 196 euro. Lasciando perdere le oscillazioni di prezzo e gli sconti del 10% per i tesserati FIT, una coppia con un figlio ha speso oltre 500 euro per assistere a uno spettacolo di 92 minuti, dunque circa 10 minuti di gioco effettivo (Djokovic e Ruud hanno giocato 112 punti totali). Va da sé che una famiglia più numerosa abbia sborsato ancora più soldi. Ci sta, ma è opportuno riflettere sul prodotto. A nostro avviso, il sistema migliore per ammortizzare il rischio di uno spettacolo breve e/o scadente è il ripristino della lunga distanza per le sole finali. Affrontiamo le possibili obiezioni: la prima, storicamente sostenuta da Rino Tommasi, è che un torneo debba mantenere la stessa formula dall'inizio alla fine.

Tesi accettabile, ma crediamo che lo stesso Rino – per esempio – abbia preferito commentare le finali di Roma 2005 e 2006 (i mitici Nadal-Coria e Nadal-Federer) piuttosto che l'insipido Nadal-Gonzalez dell'anno dopo (6-2 6-2) o Nadal-Ferrer del 2010 (7-5 6-2). Essendo la finale, inoltre, i giocatori hanno la ragionevole tranquillità di recuperare fisicamente prima del match successivo. In occasione dei Masters 1000 back-to-back (Madrid-Roma e Canada-Cincinnati), nella maggioranza dei casi i finalisti del primo torneo possono scendere in campo il mercoledì (se sono compresi tra le prime otto teste di serie). Tre giorni sono più che sufficienti. Il problema, tra l'altro, è destinato a svanire: con il format allungato del 2023, Madrid-Roma garantiranno lo stesso spazio già concesso tra Indian Wells e Miami, in cui i finalisti della California hanno la certezza di esordire 5-6 giorni dopo in Florida. Dal 2025 si creerà una dinamica simile anche nei due tornei estivi, anche se – va detto – Canadian Open e Cincinnati sono gli unici Masters 1000 ad aver sempre avuto la finale 2 su 3 sin da quando è stata istituita la categoria (1990). L'altra obiezione è quella che ascoltiamo ormai da qualche anno, da quando a capo dell'ATP c'era Chris Kermode: la soglia d'attenzione del pubblico si è abbassata, i giovani si limitano a guardare gli highlights e non hanno voglia di assistere a spettacoli troppo lunghi. Da qui è nata l'idea di organizzare le Next Gen Finals con il loro format rivoluzionario.

Lo Us Open 2022 ha fatto registrare il record all-time di pubblico pagante

L'alternativa

Essendoci un numero sempre maggiore di tornei combined, l'alternativa al ritorno dei 3 su 5 potrebbe essere l'estensione a tutti i Masters 1000 (e al Masters) di quello che oggi accade ai soli tornei di Indian Wells, Roma e Cincinnati: finale maschile e femminile in unica sessione (a Miami e Madrid le donne terminano un giorno prima, in Canada si gioca in città diverse). In quel caso, garantendo al pubblico due finali sarebbe effettivamente superfluo offrire una finale 3 su 5, visto che il pubblico avrebbe la certezza di assistere a 4, 5 o 6 set.

Con tutto il rispetto per i doppisti, spesso capaci di offrire un validissimo spettacolo, non ci sentiamo di ritenere le finali di doppio tali da essere ritenute un complemento di quelle del singolare. È dai tempi dei gemelli Bryan negli Stati Uniti e qualche rarissima eccezione negli Slam che i doppisti non contribuiscono a vendere un solo biglietto. Spesso, il torneo di doppio rappresenta una zavorra per gli organizzatori e non certo una fonte di guadagno. Se una finale di doppio fosse collocata su un campo secondario, gli unici a lamentarsi sarebbero i diretti interessati. Ne siamo convinti.

La leggendaria finale di Roma 2006 è durata cinque ore e cinque minuti

Non c'è dubbio che l'alienazione generata dalla tecnologia, in particolare dai social media, abbia modificato le abitudini di milioni di persone, e che il concetto di tutto e subito faccia ormai parte delle nostre vite. Tuttavia, la tesi non trova riscontro nei numeri. Parentesi Covid a parte, le cifre degli spettatori nei tornei del Grande Slam (quelli in cui gli uomini giocano 3 su 5) aumentano di anno in anno e sembrano inarrestabili. Lo Us Open 2022 ha accolto 776.120 spettatori nelle due settimane di main draw, superando di quasi 40.000 unità il precedente record del 2019 (737.872). C'è stato il record assoluto anche al Roland Garros, pure aiutato da dieci sessioni serali (613.586 spettatori), così come a Wimbledon (515.164), che grazie alla prima Middle Sunday tennistica ha finalmente superato un record che durava dal 2009 (511.043). L'en-plein di record non è stato possibile perché l'Australian Open 2022 è stato l'ultimo a subire limitazioni da Covid-19: con la capienza limitata al 50%, hanno raccolto 346.468 spettatori. Prima del blocco, tuttavia, le prevendite stavano andando a gonfie vele. Vedremo se nel 2023 riusciranno a superare il record di sempre per uno Slam, fatto registrare nel 2020 (812.174 spettatori in due settimane). Tali cifre sono sufficienti a confutare la tesi della presunta noia per gli spettacoli lunghi, ma basti dare un'occhiata agli sport più seguiti dal pubblico americano: NFL, MLB ed NBA.

Le partite durano moltissimo (un singolo match NBA non sta mai sotto le due ore e mezza), eppure hanno grande successo e nessuno si sogna di modificare le regole, salvo quelle effettivamente inutili. Nel tennis, in fondo, sarebbe sufficiente che lo shot clock venisse adottato con il dovuto rigore, ovvero che il cronometro parta subito dopo la fine di un punto, e non a discrezione del giudice di sedia. In altre parole, è certamente vero che c'è una fetta di persone che si nutrono di soli highlights, ma non è accorciando le partite che si conquistano. Semplicemente, non sono potenziali spettatori da un match intero. Non guarderebbero una partita al meglio dei cinque set, ma non nemmeno una di tre set. E neanche quelle delle Next Gen Finals, dove peraltro abbiamo assistito a diversi incontri che hanno superato le due ore. Per questo, fossimo nell'ATP, valuteremmo con attenzione il ripristino della lunga distanza nelle finali dei Masters 1000. Sarebbe un beneficio per tutti: spettatori, TV e tornei stessi, che aumenterebbero il loro prestigio staccandosi dal resto del tour. Intervistato da SuperTennis durante il torneo ATP di Firenze, il leader Andrea Gaudenzi ha risposto con un “vediamo” quando gli hanno chiesto di un possibile ritorno del 3 su 5 in Coppa Davis. Qualche settimana dopo è giunta la notizia di una partnership tra Kosmos e la stessa ATP per una riorganizzazione dell'evento. Chissà che non possa essere il primo mattoncino per un auspicabile ritorno al passato.