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WIMBLEDON - LA STORIA

Dal furgone a Wimbledon: il miracolo di Billy Harris

Per tre anni e mezzo, Billy Harris ha girato l'Europa a bordo di un Ford Transit, tra ghiacci da raschiare e fornellini per cucinare. Il sostegno di un'impresa di divani gli ha dato la forza per andare avanti e oggi, a quasi 30 anni, è tra i giocatori del momento. I top-100 sono dietro l'angolo e farà il suo esordio a Wimbledon. 

Riccardo Bisti
30 giugno 2024

Lo scorso novembre, l'allampanato Billy Harris si trovava in Italia per giocare il Challenger di Bergamo. Con lui c'era un signore non più giovanissimo, che non fu difficile identificare in papà Geoff. Un personaggio lontano anni luce da quelli che si vedono nel tennis, anche solo per l'aspetto. Aria paciosa, quasi ingenua, gironzolava per il club con uno zainetto old style, in cui si può mettere la racchetta al contrario e il manico sbuca dalla parte alta. Ormai non se ne vedono più così. Per questo non siamo rimasti sorpresi nell'apprendere che Harris Sr. “non ha un vero background tennistico”. Parola di Billy, personaggio a sorpresa del tennis britannico. A 29 anni e mezzo, affidandosi solo sulla sua tenacia, è passato dalla polvere dei tornei ITF al privilegio di una wild card a Wimbledon. Esordirà contro Jaume Munar e lo farà con una classifica nuova di zecca, numero 116, giunta grazie alla semifinale colta a Eastbourne. Manco a dirlo, la prima in carriera nel circuito maggiore. Arrivare a certi livelli a quasi 30 anni fa notizia, ma il percorso di Billy aprirebbe una narrativa che profuma di epica.

Ed è un peccato che sia un tipo particolare, di pochissime parole. Fosse più loquace, la sua storia sarebbe perfetta per un long form. Invece dobbiamo accontentarci del poco che racconta, a partire dalla descrizione del padre. “Mi ha fatto appassionare al tennis, mi tirava tante palle quando ho iniziato, ma non ha una storia nel tennis. Può giusto tirare la palla di là. Però ha visto quasi tutte le mie partite, quindi conosce benissimo il mio gioco. Mi ricorda quello su cui stiamo lavorando e mi sostiene ogni settimana”. Vedendoli insieme, si capisce che è Billy a comandare. Un'anomalia nel variegato mondo del rapporto genitori-figli con il tennis sullo sfondo. Adesso che Billy è entrato nel giro dei top britannici, la LTA si è interessata a lui e da febbraio gli ha messo a disposizione Colin Beecher, ex modesto giocatore degli anni '90. Uno di quelli che non sentivi mai, ma compariva puntualmente a Wimbledon grazie a una wild card.

«Mi trovavo in Francia, nevicava, e mi sono ritrovato a raschiare via il ghiaccio dall'interno. La natura mi stava suggerendo di trovare un posto più caldo» 
Billy Harris

“Billy è uno dei pochi che ha avuto la tenacia di continuare, mentre l'80% di quelli della sua età hanno smesso. Lui non l'ha fatto, è una storia straordinaria” dice Beecher. Ha ragione, perché il nativo dell'Isola di Man ha vissuto tre anni e mezzo a bordo di un van, un Ford Transit bianco che aveva configurato per le esigenze di un nomade della racchetta. “Tra gli junior sono sempre stato tra i primi cinque nella mia fascia d'età, ma nei Futures ho impiegato un po' a emergere” dice il diretto interessato, che in assenza di risorse per viaggiare in aereo, ha pensato bene di abbattere i costi con un furgone. Non è stato il primo a farlo: prima di lui erano diventate di dominio pubblico le vicende di Dustin Brown, Goncalo Oliveira e . Storie che lasciano il segno, perché raccontano la durezza del tennis. Giusto qualche giorno fa, Gianluca Mager ci ha detto che per tenere duro in questo sport ci voglio enormi attributi. E ha utilizzato un termine ancora più chiaro. Non c'è dubbio che Harris li abbia, perché ha sostenuto questa vita per tre anni e mezzo. Un'eternità.

Il viaggio più lungo è stato dal Portogallo alla Polonia, quasi 5.000 km. E l'aneddotica si spreca: “Mi trovavo in Francia, nevicava, e mi sono ritrovato a raschiare via il ghiaccio dall'interno. La natura mi stava suggerendo di trovare un posto più caldo”. A fargli compagnia c'erano una macchina incordatrice e un fornellino, strumenti funzionali al concetto di risparmio. Stazionava nei parcheggi dei McDonald's e cucinava sul ciglio della strada. Se esci da una vita del genere, hai un carattere diverso. Sei più forte, un vero combattente. Che paura può fare una palla break se hai frequentato i bassifondi del tennis a bordo di un furgone? Le cose sono cambiate nel 2018, quando ha trovato qualche sponsor che gli ha permesso di fare come tutti gli altri: viaggiare in aereo, magari in compagnia del padre. Uno dei più munifici è un certo Mark Smith, titolare di un'azienda di divani, affezionato alla sua storia perché Harris insegna tennis al figlio. “Ero sull'orlo del ritiro, anche a causa degli infortuni, e lui mi ha invitato a continuare per ancora un anno. Mi ha sostenuto e continua a farlo ancora oggi”.

Quando Billy Harris girava per l'Europa in van, la sua storia era spesso oggetto di curiosità

Ne aveva un gran bisogno, anche perché il fisico lo ha messo a dura prova. Una volta, a Bangkok, è caduto dal tapis-roulant e si è fatto malissimo: "mi sono strappato l'inguine e lussato un'articolazione della schiena. C'è voluto un po' per rimettersi a posto”. Era il 2018 e ha impiegato nove mesi per tornare a giocare, e anche in precedenza era stato fermo a lungo per un problema a una spalla. Ce n'era abbastanza per lasciar perdere, invece lui ha cominciato a vincere tornei ITF nel 2021 e piano piano, passo dopo passo, si è affacciato nei Challenger. Zero vittorie, una sola finale e tanti piazzamenti. Stessa storia nei tornei ATP, con una crescita sublimata dalla semifinale a Eastbourne. “Il mio sogno sarebbe giocare i tornei del Grande Slam, mi accontenterei anche delle qualificazioni” diceva lo scorso novembre. Due mesi dopo era in Australia, poi ha sfiorato la qualificazione al Roland Garros e ha costretto la LTA a invitarlo per Wimbledon, laddove potrebbe non essere una semplice comparsa in virtù delle quasi 100 posizioni scalate da quando si gioca sull'erba.

Semifinale a Surbiton, semifinale a Nottingham, quarti al Queen's e ancora semifinale a Eastbourne: una piccola grande favola.Ho cambiato il movimento al servizio, inoltre la struttura attorno a me è diventata più professionale” sussurrava a novembre Harris. Oggi Beecher è più esplicito: “Ha un fisico straordinario, inoltre ha imparato a mettere più rotazione con il dritto, mentre il rovescio è sempre stato il suo colpo. Non c'è ragione per cui non possa fare qualcosa di importante a Wimbledon”. Ed è tutto più bello perché c'è arrivato senza aiuti, facendo tutto per conto suo. La wild card a Wimbledon è la sesta della sua carriera, la quinta negli ultimi dodici mesi. Traduzione: hanno iniziato a dargli una mano solo quando è entrato nel giro dei migliori britannici. Prima, un misero invito al Challenger di Ilkley, nel 2018. Rigorosamente nelle qualificazioni, s'intende.