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LA STORIA

Rebecca ha battuto il cyberbullismo. Definitivamente

Otto anni dopo, Rebecca Marino torna a giocare uno Slam. Alcuni insulti sui social network l'avevano portata a una diagnosi di depressione. Si era ritirata nel 2013, è tornata cinque anni con una forza tutta nuova. E neanche un grave infortunio l'ha fermata.

Riccardo Bisti
29 gennaio 2021

Era il gennaio 2013 quando Rebecca Marino, appena 22enne, perdeva al primo turno dell'Australian Open contro Shuai Peng. Dentro di sé stava maturando la decisione di ritirarsi, sconfitta dalla violenza verbale dei social network. Qualcuno le aveva augurato di morire, forse deluso per una scommessa persa, facendola piombare in una sorta di ipnosi. Trascorreva notti intere a leggere quello che scrivevano di lei su internet. Non riusciva a farselo scivolare addosso, cadde in depressione e scelse di mollare un mese dopo, comunicando il ritiro pochi giornoi dopo un'intervista con il New York Times, che pure sembrava avere una funzione catartica. Oggi ha 30 anni e ha passato le qualificazioni dello stesso Australian Open. Lo ha fatto a sorpresa, perché non giocava una partita da un anno e mezzo. Eppure ce l'ha fatta, fornendo una delle storie più emozionanti del torneo. “Ogni periodo della nostra vita non è eterno. Se fai le cose giuste per metterti in una condizione mentale migliore, che sia parlarne con qualcuno o qualsiasi altro gesto, è molto importante. Se non l'avessi fatto, oggi non mi troverei in questa posizione”.

Attualmente è confinata in una stanza d'hotel a Melbourne. Come tutti i partecipanti dell'Australian Open, ha dovuto scontare la quarantena. Non le sarà dispiaciuto. In fondo è di nuovo una tennista dopo essere rimasta ferma per cinque anni, durante i quali ha fatto un po' di tutto. Si è iscritta all'Università, ha insegnato tennis ed è entrata nel team di canottaggio dell'Università della British Columbia, a Vancouver. Molti non sapevano che fosse una tennista, già numero 38 WTA e vincitrice di un torneo prima che il lavoro di Tennis Canada desse i suoi frutti con i vari Raonic, Shapovalov, Auger Aliassime, Bouchard, Andreescu e la giovanissima Leylah Fernandez. “Il mio tennis non è cambiato molto – racconta – servo bene e tiro forte da fondocampo. Cerco di essere più astuta: per esempio, utilizzo con più frequenza lo slice. Ogni tanto mi presento a rete per chiudere il punto con la volèè. Tuttavia, la differenza sta nella determinazione, nella grinta. Oggi sono molto più forte mentalmente”.

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"La storia di mio zio mi ha insegnato che i sogni possono diventare realtà anche in circostanze improbabili. L'importante è essere disposti a spingersi oltre i propri limiti fisici e mentali" Rebecca Marino
Nel periodo lontano dal tennis, Rebecca Marino ha tenuto alcune conferenze motivazionali: ha parlato della salute mentale nello sport

Nei primi mesi dopo il ritiro, anche se andava in giro a tenere conferenze motivazionali, aveva perso la forma fisica, mettendo su parecchi chili. Se gli anni all'Università hanno ripulito la sua mente, il canottaggio le ha fatto capire che c'era spazio per rimettere in sesto il fisico. Non solo è tornata più forte di prima, ma il suo volto oggi splende. È luminoso come non era mai stato. Ha giocato 29 tornei più un match di Fed Cup tra il 2018 e il 2019, facendo benissimo nel circuito ITF ma senza misurarsi con le più forti. Poi è arrivato un brutto infortunio alla fascia plantare. Mancava ancora qualche mese al blocco globale dovuto alla pandemia, così ha avuto tutto il tempo per riprendersi. “Verso settembre 2020 ho smesso di avvertire dolore sia durante che dopo gli allenamenti”. Da lì, la scelta di riprovarci ancora una volta. Nel 2018 aveva trovato le motivazioni dentro di sé, per non darla vinta ai cyberbulli che le avevano strappato un sogno. Stavolta è stato più facile: qualche mese prima, papà Joe è scomparso per un tumore alla prostata ad appena 59 anni, dopo una battaglia di due anni.

Il suo coraggio è stata una grande fonte d'ispirazione. Il 2020 è stato l'anno più impegnativo della mia vita, ma ho affrontato il processo avendo lui in mente”. Sono passati quasi due anni da quando Rebecca ha scritto un articolo sul sito di CBC Sport (importante emittente canadese). Tra le varie cose, diceva che il suo prossimo obiettivo sarebbe stato qualificarsi per uno Slam. “Il passo successivo è vincere una partita. Devo spingere i miei obiettivi più in alto, devo dare tutto il campo e sfruttare al massimo questa opportunità”. Secondo la canadese (di chiari origini italiane: suo nonno era partito da Caltanissetta, e forse non è un caso che abbia vinto il suo primo titolo ITF a Trecastagne, nella provincia nissena) il tennis non è cambiato molto in campo, ma c'è stato un bel miglioramento fuori. Parlare dei problemi extra-campo non è più un tabù come allora. “Intanto la WTA offre un sostegno psicologico per chi ne ha bisogno, inoltre le giocatrici sono più aperte e socievoli tra loro”.

Durante la sua "prima carriera", Rebecca Marino godeva di grande considerazione: la WTA l'aveva inserita nella nota campagna "Strong is Beautiful"
Rebecca Marino ha raccontato a Tennis Channel le motivazioni che l'avevano spinta a tornare nel circuito

Dopo esserne uscita a causa dei traumi di inizio carriera, è tornata timidamente sui social network. D'altra parte sono un vetrina troppo importante per i tennisti. Tuttavia la sua presenza è discreta, quasi timida. E durante l'Australian Open ne starà alla larga. “Voglio mantenere la testa sul campo e sono convinta di potercela fare”. Ha avuto la fortuna di viaggiare in un aereo senza contagi, dunque ha potuto sfruttare le cinque ore d'aria per allenarsi. La sua sparring è la russa Kamilla Rakhimova, eliminata nelle qualificazioni ma volata in Australia come potenziale lucky loser. “Tornare a vivere questi momenti è davvero emozionante. Sono orgogliosa di quello che ho fatto: ci sono molte cose che la gente non ha visto, però una buona parte sono conosciute perché cerco di essere aperta e onesta su tutto quello che mi succede”. Ma cosa è successo, davvero, a Rebecca Marino? Semplicemente non ha avuto la forza di affrontare la violenza verbale di chi l'aggrediva sui social network. Per tutelare la sua salute mentale, ha salutato il tennis. “Non ho nessun rimpianto per questa decisione: ho potuto mettere radici a Vancouver, ritrovando amici e familiari. Il canottaggio mi ha aiutato a mantenere lo spirito competitivo.

Ho resistito per due anni e non è stato facile perché implica sveglia al mattino presto, allenamenti fino a bruciare gambe e polmoni, spesso sotto una pioggia gelida. Ma lo sapevo in anticipo”. Già, perché suo zio aveva vinto la medaglia d'oro nel due senza a Tokyo 1964. Le sue foto campeggiano sulla darsena dove Rebecca si allenava. In effetti fu una storia particolare: George Hungerford e il suo compagno Roger Jackson non erano tra i più accreditati, al punto che i media canadesi si disinteressarono della loro gara. Inoltre Hungerford aveva la mononucleosi e avevano iniziato ad allenarsi insieme poco prima delle Olimpiadi. “Invece hanno vinto l'unica medaglia d'oro del Canada in quella edizione. La loro storia mi ha insegnato che i sogni possono diventare realtà anche in circostanze improbabili. L'importante è essere disposti a spingersi oltre i propri limiti fisici e mentali”. Forte di questa convinzione, nel 2018 è ripartita alla grande, ritrovando in breve tempo le top-200. La chiave del successo della Marino sta nei suoi obiettivi: non solo vuole risolvere le faccende in sospeso e recuperare il tempo perso, ma vuole godersi il processo e raggiungere i suoi obiettivi. Ha tracciato la strada verso il lieto fine: non le resta che percorrerla.