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IL CASO

Meno proteste e racchette rotte... ma sarà un bene? 

I tornei a porte chiuse dovrebbero influire sul comportamento dei giocatori: vedremo meno sceneggiate, proteste e racchette rotte. Ma potrebbe essere un problema per l'audience: le situazioni di polemica piacciono al pubblico e portano visibilità. Pensate alla popolarità di Nick Kyrgios...

Riccardo Bisti
19 agosto 2020

Sono trascorsi 39 anni dal famoso 22 giugno 1981. Sul vecchio Campo 1 di Wimbledon, un giovane John McEnroe si infuriò con l'arbitro per aver valutato fuori un suo servizio contro Tom Gullikson. “You cannot be serious!”. Quello sfogo è diventato un'icona, l'immagine che ha resa McEnroe il cattivo del tennis, SuperBrat, Rebel without a cause. L'americano aveva la capacità di mantenere la concentrazione dopo ogni sfogo, ma non sempre si è trovato a suo agio nei panni del ribelle. “Ero diventato come un fumatore che non riusciva a liberarsi del vizio – avrebbe detto anni dopo – a volte ho iniziato a farlo anche per ragioni sbagliate”. Uno dei motivi era l'intrattenimento per il pubblico. Il tennis post-COVID, ahinoi, è senza pubblico (o quasi). E rischia di venire meno una parte importante dello spettacolo: l'espressione di emozioni a uso e consumo della gente. E allora è spuntata una tesi, peraltro confermata dalle sensazioni trasmesse dai primi tornei WTA: i giocatori saranno più tranquilli, non si lamenteranno, non andranno in escandescenza. La pensa così Andy Lane, noto psicologo dello sport che ha lavorato per anni con atleti di altissimo livello.

Mostrare rabbia può servire ad allontanare la frustrazione, ma può anche essere un modo per intrattenere il pubblico – dice – ma quando il pubblico non c'è è tutto diverso. Non comunichi con nessuno, eccetto il tuo avversario. Senza le aspettative del pubblico, è come giocare una partita di allenamento. I giocatori eseguono la loro routine senza interferenze. Per questo, credo che gli episodi di rabbia saranno meno probabili. Se ne vedremo qualcuno, è perché di solito sono gesti favoriti dal pubblico”. In effetti, poche cose divertono come un giocatore infuriato. I tennisti si arrabbiano per molte cose, ma soprattutto per due motivi: la frustrazione dopo un errore e la sensazione di aver subito un'ingiustizia. È quanto accaduto a John McEnroe nel 1981 e a Serena Williams in almeno tre occasioni allo Us Open (2009, 2011 e 2018). Eccedere nelle manifestazioni di rabbia porta a multe, talvolta a squalifiche. Ma al pubblico piace, perché porta l'intrattenimento a un livello superiore. “Gli esseri umani si connettono bene alle emozioni e alla rabbia – prosegue Lane – la sensazione di perdita del controllo è qualcosa che capita a tutti. Se accade anche a un campione, il pubblico avverte una certa vicinanza e si diverte a guardarlo”.

Poche cose divertono lo spettatore come un giocatore infuriato. I tennisti si arrabbiano per molte cose, ma soprattutto per due motivi: la frustrazione dopo un errore e la sensazione di aver subito un'ingiustizia.
Il leggendario "You cannot be serious" di John McEnroe

Può capitare che alcuni giocatori vengano ricordati più per il loro comportamento che per i risultati sul campo. Pensate a Nick Kyrgios: quanti ricordano i suoi migliori risultati in uno Slam? Eppure, molti hanno ben impresse le sue sceneggiate e un atteggiamento spesso irritante. Nonostante la finale di Wimbledon nel 2002, in Gran Bretagna David Nalbandian è ricordato soprattutto per il calcio a un cartellone pubblicitario con cui ferì un giudice di linea al Queen's. Senza dimenticare Mikhail Youzhny: nonostante una carriera fantastica, l'immagine più nota rimane l'autoflagellazione del 2008 a Miami, quando si ferì la fronte a suon di racchettate. Una delle immagini più viste dell'Australian Open 2012 fu la rottura di quattro racchette messa in atto da Marcos Baghdatis, durante un match contro Stan Wawrinka. Secondo Lane, c'è qualcosa di strategico in tutto questo. “Difficilmente i giocatori perdono la concentrazione durante un punto, ma succede alla fine di un game. Arrabbiarsi è un sistema per ritrovare la concentrazione. Spesso rompono la racchetta perché è l'unico oggetto con cui se la possono prendere, visto che non hanno compagni di squadra”.

Il pubblico è molto attratto da queste cose: nonostante sia piuttosto datato, il famoso gesto di John McEnroe ha raccolto 1 milione e mezzo di visite su Youtube negli ultimi cinque anni, tra i canali di Wimbledon ed ESPN. “Lui era bravissimo nell'utilizzare la rabbia per attirare il pubblico – prosegue Lane – mi sembra che anche Kyrgios abbia un atteggiamento del genere, ma potrebbe non ammetterlo. Intanto tutti lo conoscono, mentre magari non hanno mai sentito nominare chi gli sta davanti e chi lo segue in classifica”. Vero: nonostante non abbia mai raggiunto una semifinale Slam e non sia mai entrato tra i top-10, ha quasi due milioni e mezzo di followers sulle varie piattaforme social. Soltanto cinque giocatori nelle top-10 ATP-WTA hanno numeri maggiori: Rafael Nadal, sorprendentemente davanti a Roger Federer (39,8 milioni contro 35,3), poi Serena Williams (28,7), Novak Djokovic (23,1) e Simona Halep (3,6). Nel 2020, l'attività social di Nick Kyrgios è stata particolarmente seguita: ha raccolto oltre 5 milioni e mezzo tra like, commenti e condivisioni. Tra gli attuali top-10, hanno fatto meglio di lui solo Djokovic (24,5 milioni), Nadal (22,5), Serena Williams (17,2) e Federer (14,9).

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"Volevo colpire Nadal: perché avrei dovuto scusarmi?"

Anche chi si occupa di tennis per professione lo sa: un articolo su Kyrgios, magari sull'ennesima polemica e/o presa di posizione, desta un certo interesse. La sua intervista dell'anno scorso a Wimbledon, quando disse che avrebbe voluto colpire Nadal, ha raccolto quasi un milione di visualizzazioni. Anche l'episodio di Cincinnati, in cui ha spaccato due racchette e ha dato della patata al giudice di sedia Fergus Murphy, ha raccolto un pubblico sette volte superiore al solito. Un altro web-tormentone tennistico è stata la sceneggiata di Serena Williams durante la finale dello Us Open 2018, quando diede del ladro e del bugiardo a Carlos Ramos, reo di averla sanzionata per coaching. L'episodio ha fatto schizzare verso l'alto l'audience negli Stati Uniti: in questo modo, la finale femminile ha avuto ascolti decisamente superiori a quella maschile. E il tennis è finito anche sui media generalisti. Tali caratteristiche sono molto preziose per sponsor e investitori: la leggenda narra che nel 1977 Phil Knight (fondatore Nike) fosse in cerca di un nome nuovo da mettere sotto contratto. Gli dissero di evitare John McEnroe proprio per il suo temperamento.

Fece di testa sua e appena fu possibile lo mise sotto contratto. Nella sua autobiografia, racconta di essersi innamorato follemente del newyorkese. In effetti, Nike ha un certa storia nel creare grandi personaggi: McEnroe rientrava a pieno titolo nella categoria, ma era anche fortissimo. Così Nike ha avuto gioco facile nel creare l'immagine del Bad Boy, poi replicata con Agassi. Oggi accade qualcosa di simile con Kyrgios: secondo le analisi di Hookit, l'autraliano genera oltre 300.000 dollari annui di valore per i suoi sponsor. Soltanto Federer fa di più. In effetti, esclusi i migliori, diversi giocatori sono poco distinguibili dagli spettatori occasionali. Invece Kyrgios sa farsi notare, è nervoso, talvolta borderline. Per questo, Nike ha trovato il modo per valorizzarlo. La gente sa quanto sia talentuoso, ma ne conosce il carattere. Se un personaggio del genere riesce a vincere uno Slam, diventa un grande veicolo commerciale. Il tennis a porte chiuse rischia di smorzare certe potenzialità. E non c'è da stupirsi che lo stesso Kyrgios abbia scelto di salutare tutti e dare appuntamento al 2021. Ok, c'è la paura del COVID-19 (ragione ufficiale), ma l'assenza di pubblico, spettacolo e situazioni extra sarebbe stata molto penalizzante per l'australiano. Forse troppo.

La sceneggiata di Serena Williams dopo le decisioni di Carlos Ramos durante la finale dello Us Open 2018. In assenza di pubblico, difficilmente avremmo visto una scena del genere