The Club: Bola Padel Roma
AUSTRALIAN OPEN

Mattia Bellucci, l'impresa del “Mowgli” italiano

Mattia Bellucci era emozionato alla sola idea di mettere piede a Melbourne: oggi festeggia il main draw. La storia di un ragazzo che aveva un campo da tennis nel condominio, ma non era un predestinato. È cambiato tutto da quando si allena in un'accademia a due passi dall'aeroporto di Malpensa. 

Riccardo Bisti
12 gennaio 2023

L'ha detto senza esitare: “Melbourne!”. Gli avevano appena chiesto quale fosse il torneo dei sogni. Mattia Bellucci ha poi argomentato, spiegando che l'Australian Open è sempre stato il suo Slam preferito. Si trovava a Milano, alternate alle Next Gen Finals, e stava effettuando la sua prima intervista patinata, uno speciale per Sky Sport, realizzato da Barbara Grassi. Non mentiva: tre mesi prima era ancora fuori dai top-300 ATP e – impegnato al Challenger di Cordenons – aveva detto che l'obiettivo era giocare le qualificazioni a Melbourne Park. Il traguardo sembrava ancora complicatuccio a ottobre, poi sono arrivate due settimane folli, con due vittorie consecutive in altrettanti Challenger: prima Saint Tropez (cemento all'aperto), poi Vilnius (cemento indoor). E così, all'improvviso, il varesino di Castellanza si è aggiunto all'infinita lista dei Next Gen azzurri. Vista la crescita tardiva rispetto ad altri, forse è ancora il meno noto. Di sicuro è il meno raccontato, ma le cose sono cambiate in questi giorni. Della maxi-truppa azzurra nelle qualificazioni dell'Australian Open è stato l'unico a passarle (tra gli uomini, in campo femminile ce l'ha fatta Lucrezia Stefanini). Prima di partire era già emozionato e temeva di pagare dazio con la tensione, invece ha messo in fila tre vittorie robuste, senza perdere un set.

Prima Tung Lin Wu, poi due derby: Francesco Passaro (l'altro argonauta del 2022 azzurro) e Luciano Darderi, con un convincente 6-4 6-1. Risultati che fanno rumore, ma non sono così sorprendenti: già, perché Bellucci adora giocare sul cemento. Mentre l'italiano medio cresce sulla terra battuta, lui ha iniziato sul campo in asfalto del suo condominio (!). Avete letto bene: aveva un campo da tennis proprio sotto casa ed era inevitabile che iniziasse a giocare, anche perché papà Fabrizio è un maestro nazionale e poco dopo lo ha portato con sé nel mini-circolo che gestiva, con due campi... in erba sintetica. Classe 2001, Bellucci è un ragazzo della Generazione Z. Un nativo digitale, che sin da piccolo ha avuto a disposizione la tecnologia. E allora l'archivio è pieno di foto e piccoli filmati che lo vedono in azione col papà, tra esercizi e vita di tutti i giorni. Un ragazzo vispo, dalla parlantina sciolta e una caratteristica che gli può tornare utile nel mondo ultra-competitivo del tennis: adora le sfide. “Ha sempre avuto tantissime energie, non voleva mai uscire dal campo e sin da piccolo non ha mai trascorso troppo tempo con gli amici – racconta il papà-mentore Fabrizio – perché dopo la scuola si concedeva uno spuntino e poi andava subito in campo. Anche di sabato e domenica”. Si utilizza spesso (a volte a sproposito) il termine predestinato: nonostante l'immensa passione per il tennis e i match guardati alla TV indossando la fascetta dell'idolo Nadal, Bellucci non lo era.

PRIMA
«Con lui bisogna sempre creare la sfida, il gioco. Se voglio ottenere qualcosa devo arrivarci in modo indiretto» 
Coach Fabio Chiappini

Un piccolo Mattia Bellucci si allena con il papà. Aveva 6 anni e già mostrava il suo talento

Per buona fetta delle scuole superiori (ha frequentato il liceo linguistico) ha avuto una vita simile a quella dei coetanei: scuola al mattino, tennis al pomeriggio e scarsa preparazione atletica. Quest'ultimo aspetto, infatti, gli avrebbe fatto pagare qualche dazio. Ma la storia – anche quella recentissima del tennis italiano – insegna che essere predestinati non garantisce nulla. Lo sa Gianluigi Quinzi (che lo era e ha smesso a 25 anni), e lo sa Matteo Berrettini (che non lo era e oggi è... Berrettini). E lo sa anche Bellucci: i baby azzurri della sua generazione, chi più chi meno, hanno avuto una buonissima carriera junior. Perlomeno hanno giocato gli Slam, mentre lui non si è mai avvicinato ai grandi tornei, al punto da non andare mai oltre il numero 546 nella baby-classifica mondiale. Ma ciò che conta è quella sputata dal cervellone ATP, che oggi lo vede già in 153esima posizione con tendenza al rialzo, e con la prospettiva di giocare un match da sogno sui campi di Melbourne Park. Uno scenario completamente nuovo, molto diverso rispetto a quelli che era abituato a frequentare fino a pochi mesi fa. Niente di patinato, al punto che – prima della sua personalissima Rivoluzione d'Ottobre con i due successi Challenger – il suo ricordo più fulgido risaliva ai Campionati Nazionali Under 13, in cui vinse il tricolore battendo in finale Matteo Arnaldi. Coetaneo, amico e figura del destino. Lo avrebbe ritrovato otto anni dopo in finale a Sain Tropez, e ce l'aveva a pochi metri di distanza mentre si giocava l'accesso in tabellone.

Lui ce l'ha fatta, mentre il ligure si è arreso (6-4 6-3 lo score) al serve and volley di Max Purcell. Il momento chiave della sua giovane carriera risale all'estate 2021: dopo una vita con papà Fabrizio, ha sentito che era giunto il momento di cambiare. “Faticavamo ad avere un discreto rapporto” è la frase utilizzata per descrivere una frattura piuttosto profonda (poi ricucita con il tempo). Dopo una breve parentesi con l'ex pro Alessandro Da Col, ha trovato la base a circa 15 chilometri da casa, a Casorate Sempione, laddove sorge la sede principale della MXP Tennis Academy. Nome originale, scelto per richiamare il codice IATA del vicinissimo aeroporto di Malpensa. Ed è fin troppo facile sostenere che Bellux, come è soprannominato, abbia spiccato il volo nella struttura gestita da coach Fabio Chiappini e dal direttore sportivo Marco Brigo. “Quando è arrivato ho subito capito che aveva talento, ma era un po' sconclusionato – ha raccontato a Sky coach Chiappini – non sapevo da dove iniziare, allora ho scelto di partire da una situazione emotiva non troppo serena. Dalla confusione ho poi aggiunto degli aspetti, mettendo un po' di ordine. Con lui bisogna sempre creare la sfida, il gioco. Se voglio ottenere qualcosa devo arrivarci in modo indiretto”. Come a dire che non si può dirgli di lavorare un pomeriggio intero sul dritto, mentre può funzionare mettere una decina di birilli nei pressi della riga e sfidarlo a buttarli giù nel più breve tempo possibile.

Mattia Bellucci a lavoro con coach Fabio Chiappini

Alla prima apparizione in uno Slam, Mattia Bellucci ha subito centrato il main draw

Chiappini ha avuto il merito di capirlo al volo e i risultati sono arrivati a tempo di record: subito vittoria in un torneo ITF (a Monastir, dove ne ha vinti quattro dei sei totali), poi nel 2022 c'è stata una crescita impetuosa, con cinque ulteriori successi nella Serie C del tennis, salvo poi fare irruzione nel mondo Challenger con i risultati già descritti. “E pensare che avevo temuto che il sogno tenns potesse sfumare, lo stesso mondo dei Challenger mi sembrava quasi utopia” ha rivelato qualche mese fa, quando la dinamica della sua carriera era già cambiata, con l'“1” come prima cifra del suo ranking dopo che il primo gennaio era numero 681. Lui dice che il grosso cambiamento è arrivato con la disciplina, ovvero la disponibilità a fare ciò che serve a un professionista, senza cercare scuse. E poi ammette di aver lavorato molto sul dritto, il colpo meno sicuro dopo che da bambino era il suo preferito. “Ma ci siamo arrivati per vie traverse – continua Chiappini – lui chiedeva moltissimo al servizio, rischiando troppo anche con la seconda. Allora gli ho spiegato che il servizio non è necessariamente un colpo per chiudere il punto, ma può essere uno strumento per iniziare lo scambio da una posizione di vantaggio. A quel punto sono emerse le difficoltà con il dritto: lavorandoci duro, ha capito di avere il talento”.

E pensare che – nonostante i risultati super – il 2022 non gli ha risparmiato qualche problema fisico: intanto i guai al ginocchio (soffre di condropatia rotulea) e poi una fastidiosa tendenza a essere vittima di crampi. Tra luglio e settembre è stato costretto a ritirarsi per tre volte da un match in corso. Per sua fortuna, i consigli di un nutrizionista hanno risolto il problema e mostrare tutta la sua esuberanza atletica. “È fortissimo dal punto di vista motorio, al punto che all'inizio lo avevamo soprannominato Mowgli, come il personaggio del Libro della Giungla” dice coach Chiappini, forse senza sapere di avergli fatto un complimento super-gradito: già, perché a inzio carriera “Mowgli” era uno dei tanti soprannomi affibiati a Rafael Nadal, proprio per la sua esuberanza fisica. Ma Bellucci è anche uno studioso del gioco: oltre a Nadal, gli piace prendere esempio da altri giocatori. E ha preso spunto, pensate un po', da Yoshihito Nishioka. Mancino come lui, brevilineo, secondo Mattia “gioca benissimo a tennis”. Molti tennisti non amano osservare le partite degli altri, figurarsi quelle di un giocatore di secondo piano come il giapponese. Bellucci è diverso anche per questo, e allora c'è da essere ottimisti: il tabellone principale artigliato a Melbourne non è un traguardo, bensì il punto di partenza di una carriera tutta da scroprire. E poi è più facile volare se ti alleni a pochi chilometri da Malpensa...