The Club: Bola Padel Roma
IL CASO

Djokovic, il Massacro di Srebrenica e quelle due foto

Un paio di immagini estrapolate dalla sua recente visita in Bosnia scatenano un attacco trasversale a Novak Djokovic. Il serbo è accusato di aver posato con un ufficiale che avrebbe partecipato al Genocidio di Srebrenica, e a un politico che nega il fatto. Ecco come sono andate le cose.

Riccardo Bisti
25 settembre 2021

Essere un grande tennista dopo essere cresciuto in una zona martoriata dalla guerra può creare un mix esplosivo. Lo sa bene Novak Djokovic, spesso nell'occhio del ciclone (anche) per le sue prese di posizione fuori dal campo. È così da anni: nel 2008, dopo il suo primo titolo all'Australian Open, proiettarono in piazza a Belgrado un filmato in cui sosteneva che il Kosovo è serbo. E si scatenarono disordini. Oggi il numero 1 del mondo è di nuovo al centro di una polemica per un paio di foto in cui lo si vede con Milan Jorovic (ex militare) e Miloras Dodik (membro serbo della presidenza di Bosnia). Il primo avrebbe partecipato al Genocidio di Srebrenica, il più grave dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. In piena Guerra dei Balcani, nel luglio 1995, le truppe serbe invasero la città e uccisero oltre 8.000 bosgnacchi (bosniaci musulmani), gettandoli in fosse comuni: tempo dopo, i tribunali parlarono espressamente di genocidio.

Tra gli ufficiali condannati all'ergastolo ci fu Ratko Mladic, che durante un'operazione bellica di due anni prima (nel 1993) venne effettivamente salvato da Jolovic, che è titolare di numerosi premi militari e bellici dell'Esercito della Repubblica Srpska e dell'Esercito della Jugoslavia. Da parte sua, Dodik è definito un negazionista di quel genocidio, nonché separazionista: vorrebbe che la Repubblica Srpska (zona della Bosnia a maggioranza serba) ottenga l'indipendenza da Sarajevo. Da qui, infinite polemiche per quello che – nella migliore delle ipotesi – sarebbe stato un gesto inopportuno di Djokovic. Ma andiamo con ordine. Dopo aver perso la finale dello Us Open contro Daniil Medvedev, ha trascorso un po' di tempo con famiglia e amici, recandosi in Bosnia e visitare le piramidi di Visoko. In occasione del viaggio ha partecipato al matrimonio del judoka Nemanja Majdov, già medaglia d'oro ai mondiali. In quest'occasione è stato filmato e fotografato con Dodik.

ASICS ROMA
"Sono stato un ufficiale corretto e mi sono sempre comportato nel rispetto della Convenzione di Ginevra. Lo sanno tutti, anche i combattenti di parte musulmana"
Milan Jorovic

L'indignazione del politologo Jasmin Mujanovic

Il dettaglio non è sfuggito al politologo Jasmin Mujanovic, il quale ha espresso la sua indignazione su Twitter: “Il numero 1 del tennis mondiale ha trascorso gli ultimi giorni in compagnia di un ex subalterno del condannato per genocidio Ratko Mladic, e del negazionista del genocidio e secessionista Milorad Dodik. Vedremo quanti sponsor perderà per questo. La risposta è zero, perché la negazione del genocidio bosniaco e la comunanza con quelli che ne sono coinvolti fanno ottenere premi Nobel, non certo l'ostracismo. Per coloro che tengono il conto, zero è anche il numero di sponsor che ha perso per aver posato con un marchio di liquori che prende il nome di Draza Mihailovic, collaboratore nazista durante la Seconda Guerra Mondiale”. Un attacco frontale, condiviso anche dal giornalista Dragan Bursac, che scrive su Al Jazeera e Radio Sarajevo. “Djokovic era a cena con un comandante che durante il genocidio di Srebrenica aveva inviato ai suoi combattenti la frase: “Adesso spara fratello, il patto non può farci niente”. Bursac ha poi attaccato Djokovic, sostenendo che è cresciuto nella Serbia di Milosevic, piena di propaganda di regime e senza alcuna base educativa.

Insomma, un polverone che ha rapidamente varcato i confini dei Balcani e ha conquistato le prime pagine dei siti generalisti (anche italiani). Il mondo dei social network si è diviso tra colpevolisti e sostenitori di Djokovic, i quali hanno precisato che stava semplicemente partecipando a un matrimonio e non ha espresso nessuna posizione pubblica a favore di Jolovic o Dodik. C'è poi chi sostiene che avrebbe dovuto essere più prudente nel mostrarsi in pubblico con persone da un passato controverso. Si tratta di argomenti molto delicati, che necessitano almeno un paio di premesse: 1) Detto che ogni genocidio è un orrore da condannare fermamente, diverse sentenze internazionali hanno stabilito che quello di Srebrenica lo fu per davvero, perché commesso con lo specifico intento di distruggere un gruppo etnico. 2) È un tantino superficiale accostare Djokovic a questi fatti, sia perché avvenuti quando era un bambino, sia perché potrebbe non conoscere nel dettaglio il passato delle persone che incontra a un matrimonio o in un hotel.

Novak Djokovic in compagnia di Milan Jorovic. La foto ha fatto il giro del mondo

Djokovic canta con Miloras Dodik durante il matrimonio del judoka Nemanja Majdov

Volendo mettere i punti sulle I, va detto che Jolovic non figura tra le 21 persone incriminate dal Tribunale delle Nazioni Unite per i fatti di Srebrenica. Lo ha confermato il diretto interessato al Kurier: “Non sono sospettato di alcun crimine di guerra – ha detto – chi conosce queste cose sa che non ho macchia. Hanno provato a processarmi, ma non ha funzionato. Sono stato un ufficiale corretto e mi sono sempre comportato nel rispetto della Convenzione di Ginevra. Lo sanno tutti, anche i combattenti di parte musulmana”. Jorovic ha poi spiegato le ragioni del suo incontro con Djokovic (è spuntata una foto che li ritrae insieme): dopo aver visitato le piramidi di Visoko, si sarebbe recato nell'hotel di Snezana Pajkic (moglie di Jorovic). “E quando è venuto gli ho offerto tè e caffè come si fa con qualsiasi altro ospite. Si tratta di attacchi vergognosi, fatti da chi non ama i serbi. Ma Djokovic è abituato a queste cose e non vi presta particolare attenzione. Secondo un detto della nostra zona, le grandi persone sono quelle che scendono sui rami di chi non lo è. Nella sua permanenza da noi non si è negato a nessuno, concedendo foto, autografi e chiacchiere a tutti”. Ha poi ricordato di vivere in Romania e gestire un hotel in cui sono ospitati sia serbi che bosniachi.

Decisamente infelice la frase in cui sostiene che le cose importanti della sua vita sono l'aver ospitato Djokovic e aver conosciuto l'eroe serbo Ratko Mladic, dimenticando che – lui sì – ha ricevuto condanne pesantissime per crimini di guerra. Allo stesso tempo, non esiste certezza assoluta che Djokovic sapesse esattamente chi fossero le persone incontrate durante la sua permanenza in Bosnia. Mettiamoci nei suoi panni: è la figura più popolare della zona e viene costantemente avvicinato da persone che gli chiedono un ricordo. Centinaia, forse migliaia. Insomma, associarlo a figure dal passato non proprio limpido sembra un po' una forzatura, se non una strumentalizzazione. Senza dimenticare che lo stesso Nole, nel 2014, inviò aiuti concreti alla Bosnia vittima di inondazioni. È corretto ricordare certi orrori, perché la storia non si cancella e la consapevolezza di quello che è stato aiuta a evitare che accada di nuovo. Però non è necessario strumentalizzare un personaggio famoso, specie se ha soltanto partecipato a un matrimonio ed è stato ospite di un hotel. Ci sono altri modi per rispettare il passato.