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VERSO TOKYO

Anche Federer condanna le Olimpiadi. Chi sarà il prossimo?

Citando una ricaduta al ginocchio, di cui nessuno si era accorto, Roger Federer dice addio al torneo olimpico. Saltano anche Goffin, Andreescu e Konta. La verità è sotto gli occhi di tutti: quella tra tennis e Olimpiadi è una convivenza forzata.

Riccardo Bisti
14 luglio 2021

Non c'è nulla di sorprendente nella scelta di Roger Federer. Con un comunicato a reti unificate sui suoi canali social, lo svizzero ha annunciato che non parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo. Ad appena dieci giorni all'inizio del torneo, ha messo in difficoltà il team svizzero. Salvo inserimenti dell'ultim'ora, i rossocrociati non avranno tennisti uomini, limitandosi a Belinda Bencic e Viktorija Golubic tra le donne. Federer ha giustificato il forfait con un presunto problema al ginocchio operato due volte nel 2020. Ha parlato di ricaduta di cui è stato vittima durante la stagione su erba, e dice di aver già iniziato la riabilitazione con la speranza di tornare per la fine dell'estate. Non ha dato tempistiche precise, confermando l'incertezza sul suo futuro. Sarebbe stata la sua quinta Olimpiade, competizione che ha rappresentato molto per lui, più sul piano personale che su quello sportivo. A Sydney 2000, infatti, iniziò la love story con la futura moglie Mirka Vavrinec. È puro esercizio di fantasia ipotizzare come sarebbe stata la sua carriera senza la Vavrinec, ma è certo che sia diventata un fulcro dell'ecosistema Federer. Non ha mai vinto l'oro in singolare, bloccandosi contro Andy Murray nella finale dell'edizione londinese.

Quattro anni prima aveva perso contro James Blake, ma si era consolato vincendo l'oro in doppio con Stan Wawrinka, mitigando la delusione per il sorpasso di Rafa Nadal in vetta al ranking ATP. Federer ha saltato Rio de Janeiro per l'infortunio al ginocchio patito a Wimbledon. Scenario non troppo diverso dall'attuale, con la differenza che ha cinque anni in più e a Tokyo avrebbe trovato un clima desolante. Qualche giorno fa, il Giappone ha ufficializzato lo svolgimento a porte chiuse di quasi tutte le competizioni olimpiche, nonché una policy molto restrittiva per gli atleti. Scenario complicato per tutti, a maggior ragione per una leggenda abituata a bagni di folla. In assenza di punti ATP in palio, consapevole delle difficoltà logistiche, ha scelto di lasciar perdere. Tra i top-50 ATP, Federer è il 25esimo a dire no a Tokyo. Erano 22 quando ci fu l'annuncio di Jannik Sinner, poi si sono aggiunti Nick Kyrgios (che non ha accettato le restrizioni) e David Goffin (infortunato a una caviglia). È ancora incerta la presenza di Novak Djokovic: a giudicare dalle ultime dichiarazioni, l'impressione è che non abbia sciolto le riserve perché c'è in palio la possibilità di ottenere il Golden Slam, traguardo storico e mai ottenuto da un uomo. Non avesse vinto i primi tre Slam dell'anno, probabilmente avrebbe già rinunciato.

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"Berrettini non troverà molti rivali che, soprattutto sull'erba, saranno in grado di disarmarlo e mettere i evidenza i suoi difetti. Purtroppo per lui, Djokovic non è un avversario normale”
Matthew Willis

Le migliori giocate di Roger Federer alle Olimpiadi, sublimate dal punto che gli ha regalato l'oro in doppio a Pechino

Va un po' meglio in campo femminile, anche se nelle ultime ore si sono aggiunti due forfait molto pesanti: Bianca Andreescu (le cui motivazioni sono simili a quelle di Kyrgios) e Johanna Konta, che si è detta non ancora in forma dopo l'isolamento forzato durante Wimbledon (un membro del suo staff era risultato positivo alla COVID). Tra le top-50 WTA ci saranno 13 assenti: dieci per scelta (Sofia Kenin, Bianca Andreescu, Simona Halep, Serena Williams, Karolina Muchova, Madison Keys, Petra Martic, Sorana Cirstea, Johanna Konta e Tamara Zidansek) e tre perché non sono tra le migliori quattro del proprio Paese: Shelby Rogers, Svetlana Kuznetsova e Danielle Collins. A qualche giorno dalle polemiche per la rinuncia di Sinner, si rafforza la tesi già sostenuta da Tennis Magazine: il torneo olimpico sta vivendo un ritorno al passato, a una dimensione di secondo piano. Le ultime tre edizioni sono state particolarmente fortunate, ma la storia racconta di un rapporto difficile, frutto di un'incompatiblità di fondo. Intanto manca la tradizione: per ben 60 anni (dal 1928 al 1988) il tennis è stato fuori dal programma olimpico, salvo due edizioni dimostrative a Città del Messico 1968 e Los Angeles 1984. Il solo fatto che il CIO abbia ritenuto di inserirlo tra gli sport dimostrativi dice tutto. Cos'aveva da dimostrare uno degli sport più popolari e praticati al mondo?

Da quando è tornato nel programma principale, ha vissuto otto edizioni. Le prime cinque ben descrivono la sua dimensione, molto simile a quella che vedremo a Tokyo: in assenza di collaborazione di ATP e WTA, il tennis a Cinque Cerchi è un torneo come un altro, incastonato in calendari che non tengono conto della sua esistenza. Anche quest'anno ci saranno tornei durante la settimana olimpica: Atlanta e Kitzbuhel tra gli uomini, Belgrado e Charleston tra le donne. C'è poi l'assenza di montepremi, problema mica male per uno sport iper-professionistico. Per tre edizioni hanno tamponato il problema assegnando punti ATP-WTA, ma le lotte intestine tra vari organi di governo ha tolto anche questo stimolo. Le difficoltà ambientali legate alla pandemia hanno fatto il resto: per questo possiamo attenderci un torneo simile a quelli visti a Seul, Barcellona, Atlanta, Sydney e Atene. In tre occasioni abbiamo avuto finali tra giocatori che non hanno mai vinto Slam: Mecir-Mayotte, Rosset-Arrese e Massu-Fish. Tra loro, soltanto Mecir ha giocato almeno una finale Major. Nel 1996, la finale tra Andre Agassi e Sergi Bruguera ha coperto le magagne di un torneo di livello bassissimo, in cui si sono giocati il bronzo Leander Paes e Fernando Meligeni. L'edizione di Sydney ha visto una buona finale (Kafelnikov-Haas), ma anche in quel caso il torneo fu ben al di sotto delle aspettative.

Bianca Andreescu non andrà a Tokyo perché teme la situazione sanitaria

I matchpoint del singolare maschile da quando il tennis è tornato nel programma olimpico

Tokyo 2020(1) assumerà un valore storico soltanto se Novak Djokovic dovesse giocarlo e vincerlo, perché alimenterebbe la suggestione di uno storico Golden Slam. In caso contrario diventerebbe una sorta di ATP 500 con una medaglia in palio. Importantissimo per chi arriverà in fondo (e per i rispettivi comitati olimpici e federazioni), ma quasi solo per loro. Non a caso, la maggior parte dei giocatori ricordati qualche riga fa è ricordato soprattutto per questo. Ma chi conosce le dinamiche del tennis sa bene che il valore tecnico di certi tornei non era degno di una competizione importante come le Olimpiadi. La verità è semplice: visto che molti si ostinano a non comprenderla, vale la pena ripeterla. Se le Olimpiadi rappresentano l'evento clou per moltissime discipline, per altre non è così. E il tennis è tra queste. Per questa ragione, i tennisti che scelgono di non partecipare ai Giochi non possono essere considerati disertori o, peggio, traditori della patria. Sono professionisti che fanno le loro scelte basandosi su interessi pienamente legittimi.

In altre parole, se un tennista non avverte il fascino del torneo olimpico (o di una competizione a squadre come la Davis o la BJK Cup) può tranquillamente scegliere di non giocarlo. La retorica dell'attaccamento alla bandiera, del richiamo della patria e altre amenità simili li lasciamo a visioni estremiste, che peraltro in passato hanno portato a conflitti e situazioni ben più drammatiche di qualche forfait sportivo. Chi scrive, tra l'altro, apprezza(va) molto la Coppa Davis, unica competizione in cui i valori umani emergevano insieme a quelli tecnici. Non per questo, ha mai giudicato chi ha scelto di non giocarla. Certe cose si devono sentire. Semmai si potrebbe aprire un dibattito: come mai gare a squadre e torneo olimpico sono sempre meno centrali nell'ecosistema tennis? Perché nessuno si impegna a lasciare libere certe settimane, focalizzando l'interesse sull'evento? Perché ATP e WTA non facilitano in nessun modo questi eventi? La risposta, probabilmente, risiede in pesanti conflitti di interesse tra sigle diverse. Ma se anche si risolvessero, e certi eventi tornassero (o iniziassero) a essere il fulcro del calendario, non dovrebbe mai essere messo in discussione il diritto di non giocarli.