La migliore partita del 2022

MUTUA MADRID OPEN

8 maggio 2022

Stefano Maffei

Non era mai capitato che un giocatore battesse Nadal e Djokovic nello stesso torneo, sulla terra battuta. L'impresa riesce a Carlos Alcaraz: superato il n.1 dopo oltre tre ore e mezza di battaglia a ritmi e intensità elevatissime. Un match di cui ci si ricorderà a lungo. Già certo di salire al n.6 ATP, sfiderà Zverev per il titolo.

Henry Ford diceva che l’entusiasmo è alla base di ogni successo. Carlos Alcaraz sembra aver sposato la convinzione dell’imprenditore statunitense, facendone un dictat assoluto da quando ha messo piede nel circuito. Si è presentato al match contro Novak Djokovic forte del successo maturato sul suo idolo neanche 24 ore prima, conscio della ritrovata forma del N.1 del mondo, con il quale si era anche allenato a inizio torneo. Infatti, quello che si presenta sul campo intitolato al compianto Manolo Santana è un Djokovic tirato a lucido. Parte meglio dai blocchi Alcaraz, come aveva già fatto venerdì con Rafa, e comincia a mostrare subito tutto il suo repertorio fatto di palle corte, accelerazioni improvvise e servizi in kick degni di un Isner in giornata (resi ancor più impervi dall’altura). Lo spagnolo sale 2-0 e mantiene il break di vantaggio sino al 4-3. A quel punto il serbo capisce che è il momento di cambiare qualcosa, comprende che a braccio di ferro rischia di uscirne col polso rotto, così prova a mischiare le carte.

Sulla prima dell’avversario avanza di un metro la posizione in risposta con l’intento di mettergli pressione, poi arretra considerevolmente sul punto successivo al fine di non dargli punti di riferimento e proporre al giovane spagnolo delle risposte alte, profonde, liftate e senza peso. Alcaraz palesa tutta la sua giovane età, va in confusione e si incarta. Lo Chef serbo gli cucina un piatto indigesto che gli frutta 6 punti consecutivi e lo riammette nel set. Alcaraz è bravo a non disunirsi completamente e a trascinare il parziale al tie-break dove però va subito sotto 1-6 prima di cedere 7-5. Nel secondo set Alcaraz continua a costruirsi delle chanche, ma è Djokovic ad avere una prima opportunità di andare a servire per il match sul 4-4 (dritto del serbo fuori misura), e poi una seconda sul 5-5 (servizio vincente dello spagnolo) prima di cedere il servizio al dodicesimo game, al termine di un punto straordinario concluso con un recupero lungolinea vincente, che ha mandato in visibilio la Caja Magica. Le poco più di 2 ore di match sono solo il preludio ad un terzo set serratissimo e ricco di emozioni (che alla fine durerà 1h e 30m) riassumibile in una sola parola: epico.

ASICS ROMA

Le fasi salienti della sfida tra Carlos Alcaraz e Novak Djokovic

HEAD

Alcaraz ha il vantaggio di servire per primo e questo gli permette di fare gara di testa e di tenere costantemente sotto pressione il N.1, il quale però ha fatto della pressione e delle avversità il suo nutrimento quotidiano. Il serbo si ritrova a dover fronteggiare 3 palle break sull’ 1-2 e altre 2 (stavolta consecutive) sul 2-3, come se non bastasse deve rimontare uno svantaggio di 0-30 sul 3-4. È quasi sempre il servizio a levarlo d’impiccio. Sul 4-4 è lo spagnolo ad andare in difficoltà e si trova sua volta 0-30, ma ricuce il game da campione vero. Nel game successivo arriva a match-point, cancellato con un ace dal serbo. Djokovic stringe i denti, mostra il pugno e getta uno sguardo di sfida ad una folla che fino a quel momento non aveva mai smesso di ritmare “Carlos, Carlos, sì se puede!”

Dopo diverse opportunità Djokovic riesce finalmente ad agganciare l’avversario sul 5-5, dopodiché si arriva al tie-break. Alcaraz prende due volte un mini-break di vantaggio, ma viene sempre riacciuffato da Nole (prima con una volée di rovescio e poi col marchio di fabbrica: la risposta di rovescio nei pressi della riga di fondo). Sul 4-5 però, accade quello che non ti aspetti, come nelle migliori sceneggiature si assesta il colpo di scena alle battute finali: in uscita dal servizio il serbo commette un brutto errore in spinta con il dritto, che si rivelerà fatale. Due punti più tardi, col servizio a disposizione (ma dopo aver mancato un altro match-point sul servizio del N.1) effettua un velenosissimo kick che sbatte Djokovic fuori dal campo e chiude con un devastante dritto lungolinea.

POST-PARTITA. Djokovic sostiene di aver giocato la miglior partita dell’anno, ma di aver avuto molti problemi a gestire il kick di servizio di Alcaraz e si è detto meravigliato per la maturità ed il coraggio espressi dal suo giovane avversario, peraltro in una vetrina di tale importanza. In ottica Parigi è rimasto piuttosto evasivo, ma chiaro quanto basta “Penso che siamo senza dubbio sulla strada giusta”. Alcaraz non ha saputo esprimere a parole le ragioni della vittoria, essendo stati punto a punto per tutta la durata dell’incontro. Sulla finale contro Zverev (ore 18.30, diretta Sky Sport) “Questa partita mi da tanta fiducia. So di aver giocato alla grande e adesso ho la consapevolezza di poter affrontare e battere i migliori anche per il resto dell’annata. Sono davvero felice di essere di nuovo nella finale di un torneo Masters 1000. Proverò a ripetere quanto fatto a Miami e cercherò di godermi ogni singolo momento”.

Alcaraz raggiunge la seconda finale in un Masters 1000 e la 5° in totale (sinora è imbattuto), e va ad aggiungersi ad un’èlite di giocatori (12 col suo ingresso per l’esattezza) capace di battere Nadal e Djokovic in uno stesso torneo (lui è stato il più giovane a riuscirci però), ma soltanto in 5 sono stati in grado di fermarli back-to-back (oltre a Carlitos, gli altri quattro capaci di farlo sono stati Nalbandian, Roddick, Davidenko e Federer), ma è il primo in assoluto a farlo sulla terra battuta. Da lunedì lo spagnolo salirà al N.6 del ranking e a Roma tutti gli occhi saranno puntati su di lui. Dopo il matchpoint è rimasto per un istante immobile, braccia al cielo, incredulo. Un’esultanza di quelle contenute, proprie dei Grandi, di chi è consapevole che non sta arrivando... ma è già lì. Una volta vistosi attribuire i meritati onori da parte del Maestro serbo, non poteva esimersi dallo sfoggiare ai suoi cari che lo ammiravano in tribuna il sorriso da fanciullo al quale ci ha abituato, e dietro al quale si nascondono tutte le risposte che cercava di celare Henry Ford nella sua affermazione.