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DOSSIER ESCLUSIVO

Tutta la verità su Sara Errani

Avevano provato a liquidarla con lo slogan doping al tortellino: al contrario, la vicenda della positività di Sara Errani è densa di retroscena. Ve li raccontiamo con testimonianze e documenti esclusivi. NADO Italia, che aveva chiesto (e ottenuto) una squalifica ancora più pesante, ha scelto di non parlare.

Riccardo Bisti
2 febbraio 2022

Questa è una brutta storia.
A registratore spento, papà Giorgio l'ha definita con vari sostantivi. Non pubblicabili, ma più chiari.
Sulla vicenda della positività di Sara Errani a un test antidoping, il mondo sa due o tre cose: 1) È risultata positiva al letrozolo. 2) Ha patito una prima squalifica di 2 mesi, comminata dal Tribunale della Federazione Internazionale (in realtà erano 5 mesi e 22 giorni, visto che le hanno sottratto anche punti e soldi guadagnati dopo il test). 3) La pena è stata aumentata di ulteriori otto mesi dal CAS di Losanna, ente supremo per le controversie di natura sportiva. La romagnola ha ripreso a giocare nel febbraio 2019 e da allora, tra mille difficoltà, sta cercando di riprendersi un posto tra le migliori.
Ma questa storia va ben oltre le due o tre cose ormai conosciute.

Sara Errani ha visto crollarsi il mondo addosso la sera del 18 aprile 2017. Si trovava a Barletta, laddove avrebbe guidato la nazionale di Fed Cup (oggi Billie Jean King Cup, versione femminile della Coppa Davis) in un match contro Taiwan. Erano le 23. Prima di mettersi a letto, ha consultato la posta elettronica. Una mail dell'ITF, che metteva in copia anche WTA e NADO Italia (l'agenzia antidoping italiana), la informava che era risultata positiva al letrozolo.
Il test era stato effettuato due mesi prima, il 16 febbraio 2017, in occasione di un controllo di routine mentre si trovava a casa dei genitori, a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna.
Attimi di smarrimento.
«Perché proprio a me? – ha pensato la Errani – io che sono sempre stata scrupolosa, quasi ossessionata, dal non bere da bottigliette già aperte o bicchieri che non fossero sempre stati sotto la mia visione? Perché proprio a me, che in mille occasioni ho evitato di assumere i medicinali prescritti dai dottori, persino quelli dei tornei? Perché proprio a me, che sono sempre stata terrorizzata dall'eventualità di cadere accidentalmente in una positività?».
Riconquistata un minimo di lucidità, ha effettuato una ricerca online.
Non aveva idea di cosa fosse il letrozolo. Non aveva mai sentito questa parola.
Il motore di ricerca le ha dato le prime risposte: un farmaco antitumorale, utilizzato da donne in menopausa. In quel momento ha avuto un flash. Ha pensato a mamma Fulvia, che da anni porta avanti una silenziosa battaglia contro una brutta malattia.
Un flash doloroso, perché il suo inconscio iniziava a realizzare che una faccenda così privata, intima, sarebbe diventata di dominio pubblico. Il flash è diventato certezza quando papà Giorgio le disse che la madre prendeva da sei anni un medicinale di nome Femara. Tra le sue sostanze, appunto, il letrozolo.

ARTICOLI PIENAMENTE LEGITTIMI
La faccenda è rimasta sommersa per oltre tre mesi. Ma nel sommerso è accaduto qualcosa: qualche giorno dopo, la giornalista del Corriere della Sera Gaia Piccardi ha telefonato a Davide Errani, fratello-manager di Sara, chiedendo conferma della positività. Come poteva esserne al corrente? La segretezza delle fonti giornalistiche è giustamente sacra, tutelata da più sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (i casi di William Goodwin e, più recentemente, di Cecilie Langum Becker hanno fatto la storia della giurisprudenza), ma è ipotizzabile che la soffiata sia arrivata da quei pochissimi che conoscevano la faccenda: o il mittente della mail, o il ricevente, o coloro che erano stati messi in copia. Senza essere informata dal fratello di questa telefonata, la Errani ha continuato a giocare fino allo svolgimento del processo (19 luglio 2017) e alla sentenza, emessa il 3 agosto e resa pubblica qualche giorno dopo. Il regolamento le consentiva di proseguire l'attività fino al verdetto: convinta di andare incontro a un'assoluzione, ha scelto di continuare a giocare. Il giorno prima che la sentenza fosse resa pubblica, il Corriere della Sera ha diffuso l'indiscrezione di cui era al corrente da tre mesi. 

Sugli articoli pubblicati dal principale quotidiano italiano nelle edizioni del 7, 8 e 10 agosto 2017 c'è stata una causa civile proposta da Sara Errani. A suo dire, il contenuto degli stessi era lesivo della sua immagine in virtù di una serie di considerazioni di merito. Il procedimento è scattato il 26 gennaio 2020 ed è terminato il 2 agosto 2022 con il respingimento di tutte le richieste della giocatrice, condannata anche al pagamento delle spese legali. La sentenza del Tribunale Ordinario di Milano ha stabilito che il contenuto degli articoli scritti da Gaia Piccardi e Marco Bonarrigo fosse pienamente corretto, nell'assoluto rispetto della veridicità dei fatti, nonché del dritto di cronaca e di critica. 

Sara Errani ha partecipato per due volte alle WTA Finals, nel 2012 e nel 2013

«Dopo la divulgazione della notizia, siamo stati immediatamente contattati dal Presidente della Commissione Atleti: ci annunciava l'uscita di un comunicato di solidarietà. Quel comunicato non è mai uscito»
Giorgio Errani

Milano, 9 agosto 2017: Sara Errani racconta la sua verità in una lunga conferenza stampa

IL LETROZOLO E LE DONNE
Giorgio Errani non è uno di quei padri-padroni che ogni tanto capita di vedere in tv. Sostiene la figlia, ma senza esagerazioni. Le sue presenze in tribuna sono rare e ben selezionate. Non alza mai la voce, ma è uno tosto. Un mastino. Per tre anni ha sopportato in silenzio un peso che si è accumulato, giorno dopo giorno, delusione dopo delusione.
A sentenze depositate e archiviazioni eseguite, ha scelto di raccontare tutto. Ma perché?
«Voglio rivelare ogni retroscena. Avrei potuto scegliere il silenzio, ma il bisogno di verità ha prevalso su ogni interesse personale. Anche per questo, ho deciso di divulgare e rendere pubblici tutti i documenti relativi a questa storia».

Bene, cominciamo.
Magari dallo slogan con cui la vicenda è stata etichettata: doping al tortellino. La versione passata in giudicato è ben nota: il letrozolo è finito nell'organismo di Sara perché – inavvertitamente – il Femara conservato nella cucina di casa Errani si è mischiato al cibo ingerito durante un pranzo (o una cena) di famiglia. «La contaminazione alimentare è stata dimostrata, e dunque accettata, da entrambi i tribunali che si sono espressi nel merito – dice papà Giorgio – eppure il fatto è stato poco rimarcato (punto 41 della sentenza ITF e punto 226 della sentenza CAS). Il concetto di tortellino è stato cavalcato dai giornalisti: Sara non ha mai utilizzato questa parola. Semplicemente, siamo certi di aver mangiato i tortellini nei giorni antecedenti al controllo, mentre non possiamo ricordare esattamente tutti gli altri alimenti». In effetti la Errani non ha mai pronunciato la parola tortellini, nemmeno nella maxi-conferenza stampa del 9 agosto 2017, a Milano, in cui raccontò la sua verità. La parola compare nella sentenza di primo grado (punti 14 e 18), quando si effettua la ricostruzione dell'accaduto. I tortellini sono menzionati in quanto – come detto – sono l'unico alimento che gli Errani sono certi di aver consumato in quei giorni. «E poi il letrozolo non è una sostanza dopante per le donne – continua Giorgio Errani –: abbiamo presentato i risultati della ricerca del medico australiano David Joshua Handelsman (consultabile QUI e QUI), il quale lavora anche per la WADA (agenzia mondiale antidoping, n.d.r.). Lo abbiamo sollecitato a venire con noi in Tribunale, ma non se l'è sentita di contestare le posizioni di chi lo fa lavorare. In altre parole, ci ha fatto capire che non poteva sputare nel piatto in cui mangia. La WADA ha inserito il letrozolo tra le sostanze proibite per le donne dopo quanto pubblicato su alcuni blog di bodybuilders. Più o meno contestualmente, usciva la ricerca di Handelsman (commissionata dalla stessa WADA) che giungeva a conclusioni diametralmente opposte. Tuttavia, hanno scelto di continuare a vietarlo anche per le donne. Ancora oggi, c'è da domandarsi perchè».

Già, perché?
Se per gli uomini la ragione è chiara e giustificata (serve a combattere l'innaturale crescita del seno durante l'assunzione di steroidi), esiste una teoria secondo cui l'assunzione di queste sostanze possa contribuire a bruciare i grassi, il cosiddetto fat-burning. Ma è solo una teoria: chi volesse aumentare la massa muscolare avrebbe a disposizione una vasta gamma di sostanze, sia lecite che illecite, più efficienti e sicure. Perché la Errani avrebbe dovuto prendere questa sostanza, con forti controindicazioni per le donne non in menopausa, per svolgere una dieta dimagrante? «Infatti è una tesi folle e ovviamente falsa - garantisce il padre -. Esiste un solo caso al mondo di positività al letrozolo: quattro atleti, tutti pesisti, tutti nordcoreani, tutti scoperti nel 2015. Tre uomini, più Ryo Un Hui: quest'ultima è l'unica donna mai risultata positiva al letrozolo (era così nel giorno di questa conversazione, n.d.r.). Gli effetti collaterali per le donne non in menopausa sono devastanti: solo un'atleta che rispondesse al doping di stato potrebbe accettare un rischio del genere». Per completezza di informazione, va detto che nel 2020 è risultata positiva al letrozolo anche la pugile americana Virginia Fuchs.
La sentenza ITF è stata solo il primo passo di una storia diventata via via più complessa. Fino a quel punto, tutto sembrava quantomeno lineare. La Errani era stata punita per la sola responsabilità oggettiva: stabilita l'innocenza, la sospensione è arrivata per la distrazione di un familiare, la madre, che non l'avrebbe messa sufficientemente al riparo dal rischio di contaminazione. Risultato? Due mesi di squalifica, più la confisca dei punti e del prize money conquistato dal 16 febbraio al 7 giugno 2017.

NADO ITALIA
Qualche settimana dopo, NADO Italia ha presentato ricorso presso il CAS (Court of Arbitration for Sport, n.d.r.) di Losanna per chiedere un inasprimento della pena. Per quanto NADO Italia abbia raggiunto formale indipendenza dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano, per qualche anno ha continuato ad avere un indirizzo di posta certificata griffato CONI (oggi non più menzionato sul rinnovato sito dell'agenzia). Come vedremo, non è l'unico indizio che porta a pensare a una vicinanza ancora in essere tra l'agenzia antidoping e il CONI. È dunque interessante verificare come si sono comportate le istituzioni. «C'è stata la giusta vicinanza della FIT: le hanno messo a disposizione un loro avvocato, anche se poi abbiamo deciso di affiancargli altri due legali. Al contrario, il CONI non ha mai preso posizione sulla vicenda. Dopo la divulgazione della notizia, siamo stati immediatamente contattati dal Presidente della Commissione Atleti: ci annunciava l'uscita di un comunicato di solidarietà. Quel comunicato non è mai uscito. Inoltre, alla fine del processo di appello al CAS, abbiamo ricevuto la richiesta di pagamento delle spese processuali sul conto corrente del CONI. C'è un vivo dibattito sulla presunta indipendenza di NADO Italia dal Comitato Olimpico, ma poi i risarcimenti devono andare al CONI».

Dopo aver ascoltato le parole di Giorgio Errani e visionato l'intera documentazione, abbiamo preso contatto con NADO Italia per avere la loro versione su questo e altri punti salienti della vicenda. Alla prima richiesta di aggiornamenti (dopo 49 giorni senza risposta alla nostra prima e-mail), siamo stati rimandati all'ufficio stampa del CONI, apprendendo che uno dei componenti del medesimo cura la comunicazione per NADO Italia.

Riprendiamo la cronologia dei fatti. Durante la prima sospensione (agosto-settembre 2017) la Errani si è allenata a Lugo di Romagna, presso il Circolo Villa Bolis. Tramite il suo coach di allora, Michele Montalbini, conobbe Lorenzo Rottoli, ragazzino comasco classe 2002, impegnato in un torneo a Massa Lombarda. I due palleggiarono insieme per due o tre mattinate. In virtù dei buoni risultati nel torneo, Rottoli fu contattato da un giornalista della sua zona e raccontò con entusiasmo di essersi allenato con la Errani. Quando un sito locale pubblicò un articolo intitolato Un'allenatrice d'eccezione per Rottoli: Sara Errani, la Procura Nazionale Antidoping ha convocato sia il ragazzo che i suoi genitori, chiedendogli dove e perché avesse giocato con la romagnola. Inoltre, volevano sapere se gli avesse dato consigli o chiesto denaro. Durante la sospensione gli atleti non possono svolgere alcun tipo di attività ufficiale: è pacifico che la Errani non abbia fatto nulla di illecito, eppure NADO Italia convocò Rottoli a Roma per un'audizione. La faccenda si risolse con domande e risposte scritte, ma impressiona quanto grande fosse la lente d'ingrandimento sull'ex finalista di Roland Garros. Una lente talmente grande da scovare un innocuo articolo de La Provincia di Como.

Sara Errani in compagnia del padre Giorgio e della madre Fulvia

Nei momenti di maggiore popolarità, Sara Errani è spesso comparsa sui media mainstream: nel 2014 è stata ospite di Alessandro Cattelan

Ma torniamo al processo d'appello. Il collegio chiamato a giudicare è composto da tre persone: il presidente, stabilito dal CAS, e due componenti scelti – uno a testa – dalle parti in causa. In data 24 agosto 2017, il clan Errani ha individuato come giudice il padovano Jacopo Tognon. Sul punto, Giorgio Errani rivela: «Due giorni dopo che avevamo ufficializzato la nostra scelta, mi hanno riferito che il Giudice del CAS da noi designato ha ricevuto una telefonata da un funzionario NADO. Non conosco i contenuti della conversazione, ma se fosse vero è un fatto quantomeno inusuale e inopportuno». Avremmo chiesto conferma al funzionario in questione, ma la nostra richiesta di intervista non è stata accolta, senza nemmeno conoscere il contenuto delle domande. A 70 giorni dal primo tentativo di contatto (e dopo tre solleciti telefonici, l'ultimo il giorno prima), lo scorso 2 dicembre abbiamo ricevuto la seguente comunicazione: “In linea con la politica adottata fino ad ora, la Procura Antidoping non concede interviste. La sua richiesta, quindi, non può essere accolta”.

L'udienza a Losanna si è svolta il 9 novembre 2017 ed è stata relazionata quasi in tempo reale dal Corriere della Sera. L'articolo, sempre a firma Bonarrigo-Piccardi, racconta come, nelle 9 ore di udienza, la Errani abbia ceduto per due volte alla commozione e che uno dei tre uomini NADO Italia (definiti artiglieria pesante) avrebbe incalzato la tossicologa forense Donata Favretto, perito di parte. E racconta di come sia stato chiesto alla madre di Sara di ricostruire l'organizzazione della cucina di casa, ponendo l'accento sul fatto che la confezione di Femara presentasse il bollino che avverte della presenza di una sostanza vietata. Il ricorso di NADO Italia, composto da oltre 80 punti, mirava a mettere in discussione l'accidentalità del fatto: veniva menzionato un test sotto sforzo svolto anni prima dalla Errani con Luis Garcia del Moral, medico poi radiato per faccende legate al doping. Tale accostamento – pur ammettendo che non c'entrava nulla con il procedimento – è stato utilizzato per ipotizzare che il passato della giocatrice non fosse esattamente senza macchia.
In realtà, dal 2009 al 2017, l'azzurra si era sottoposta a 83 test antidoping, risultando sempre negativa. Inoltre, non appena emersero le prime voci su Del Moral, la stessa Errani disse che avrebbe evitato ulteriori contatti con lui, anche se allora non era espressamente vietato.
Nel suo ricorso, NADO Italia aveva formulato questa ipotesi: «Da un lato, si può supporre che assumere lo stesso farmaco utilizzato da un altro membro della famiglia sia improbabile. Dall'altro, è una copertura perfetta per ottenerlo facilmente e giustificare la sua presenza. Ciò non significa che l'atleta l'abbia necessariamente ingerita di proposito, ma mostra che ci sono diverse chiavi per interpretare la situazione e che gli argomenti degli atleti possono essere logicamente confutati e superati sullo standard delle probabilità». Senza dirlo esplicitamente, si ventilava l'ipotesi che la tennista avrebbe potuto sfruttare la malattia della madre per assumere il farmaco allo scopo di trarne vantaggi sportivi. «Le illazioni, persino offensive, che hanno caratterizzato tutta la linea di attacco di NADO Italia nei confronti di Sara, sono state sbalorditive e portate avanti con un accanimento inspiegabile, severo e intransigente fino a sembrare quasi persecutorio – sostiene Giorgio Errani -. Non posso supporre, e tantomeno credere, che i vertici delle massime istituzioni sportive, dal Presidente Giovanni Malagò (che non ha voluto commentare la vicenda dopo la squalifica del CAS, contrariamente a quanto fece con Niccolò Mornati, per il quale convocò una conferenza stampa e annunciò la squalifica personalmente, commentando che "ci sono momenti nella vita in cui uno deve metterci la faccia. È una cosa che mi intristisce e mi amareggia in modo enorme") al Segretario Generale Carlo Mornati (ex-canottiere, fratello di Niccolò) abbiano avallato un tale accanimento contro chi ha dato tanto alla maglia azzurra. Nè posso supporre, e tantomeno credere, che l'ufficio stampa del CONI, che cura la comunicazione di NADO Italia nonostante la presunta e tanto sbandierata indipendenza della stessa NADO dal CONI, abbia appreso la notizia senza mantenerla riservata. Le ragioni di questo inspiegabile atteggiamento vanno evidentemente cercate altrove, ma mi lasciano veramente senza parole».

Andiamo avanti.
Alla richiesta della difesa di una totale cancellazione, si accompagnò quella di NADO Italia: due anni di squalifica oppure una sentenza di giustizia oscillante tra il minimo e il massimo.
Per arrivare al verdetto sono serviti sette mesi e un numero imprecisato di rinvii.
Un periodo in cui la Errani ha ripreso l'attività, vincendo anche un torneo (il WTA 125 di Indian Wells). «Ma ho giocato per 6-7 mesi con questo tarlo in testa» ha detto nella recente intervista-confessione con Behind the Racquet. Ogni volta che sentiva la famiglia, chiedeva notizie sull'esito dell'appello. «Per ben sette volte mi hanno detto che avrei avuto una risposta entro dieci giorni. Non succedeva mai».

L'esito è arrivato nel giugno 2018.
La sanzione è stata aumentata a dieci mesi perché – a differenza del Tribunale di primo grado – è stato ritenuto che la negligenza fosse di un grado superiore, pur senza mettere in discussione l'accidentalità della contaminazione. Anche su questo punto c'è un retroscena: prima del processo, il clan Errani fu convocato dal collegio. Furono informati che non sarebbe stata accettata una dimostrazione sulla base delle probabilità, ma che avrebbero preteso quella by balance of probabilities. Significa che, qualora la tesi della contaminazione alimentare non fosse stata ritenuta veritiera almeno al 51%, la squalifica sarebbe stata di due anni. Questo anche nel caso in cui fosse stata la più probabile nel ventaglio percentuale delle varie possibilità, per esempio un 48-26-14-12 su quattro diverse ipotesi. «In quel momento abbiamo pensato di ricusare il collegio – continua papà Errani - ma le valutazioni dell'avvocato hanno avuto la meglio: non era opportuno irritare i giudici, e comunque eravamo fiduciosi di riuscire a dimostrare la nostra tesi, proprio come in primo grado». In sintesi, il collegio ha parzialmente aumentato la responsabilità oggettiva della Errani, perché avrebbe dovuto sapere che la confezione di Femara si trovava nella cucina di casa, a maggior ragione essendo un'atleta di alto livello. Affermazione logica, ma vanno considerati due elementi: Sara non era al corrente dei medicinali presi dalla madre, inoltre vive in Spagna da circa 15 anni. Le è stata rimproverata una mancanza di attenzione, tuttavia ritenuta comprensibile. Per questo, il grado di responsabilità è stato ritenuto sempre leggero, ma su un range più elevato.

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IL PASTICCIO DELLA RETRODATAZIONE
A sentenza avvenuta, si poneva il problema di datare la squalifica. Poiché aveva già scontato due mesi, ne restavano otto. A sorpresa, il Tribunale ha stabilito di far (ri)partire la squalifica dal momento della sentenza, bloccando la giocatrice da giugno 2018 a febbraio 2019. Pur considerando l'articolo 10.10.3 “B” del Tennis Antidoping Program che lascia a discrezione dei Giudici la possibile retrodatazione parziale della squalifica, a patto che l'atleta abbia scontato almeno metà della sanzione (pag.57), i giudici hanno ritenuto che per la Errani fosse meno dannoso essere fermata di nuovo, poiché aveva svolto regolare attività negli ultimi mesi e aveva conquistato punti e dollari. «Non c'è certezza che, continuando a giocare, possa guadagnare di più» hanno sostenuto.
Ma non c'era neanche la certezza del contrario.
E, fatto ancor più curioso, oltre a bloccarla per la seconda volta, non hanno tenuto conto del paragrafo successivo dello stesso Programma Antidoping, in cui si asserisce che, qualora la sentenza venga pubblicata in ritardo per ragioni non imputabili all'atleta, la sanzione può essere interamente retrodatata (sempre a pag.57).
Era esattamente questo il caso. Invece, anche se le regole le avrebbero dato la possibilità di tornare quasi subito in campo (pur vedendosi cancellare i risultati dell'ultimo periodo), è stata fermata per altri otto mesi.
«Prendere una decisione 'per il bene dell'imputato' senza dargli la possibilità di esprimere la propria opinione, valutando anche avvenimenti successivi alla discussione in aula, va contro le regole della giurisprudenza, oltre a essere una violenza nei confronti dei diritti dell'uomo – sostiene Giorgio Errani –. Abbiamo chiesto una motivazione, ma il Giudice, dopo essersi consultato con NADO Italia (che ha rifiutato il dialogo), non ha dato corso alla nostra richiesta. Per questo ci siamo appellati alla SFC, organo supremo della legislazione svizzera». Il ricorso al Tribunale Federale Svizzero verteva su una questione di forma: rispedire la sentenza al CAS, facendo presente che la decisione di non retrodatare la squalifica era quantomeno arbitraria. Il ricorso è stato depositato nell'estate 2018 e per Sara è stata un'altra attesa sfiancante, condita da un ulteriore episodio: tramite avvocati, NADO Italia ha proposto una mediazione che avrebbe garantito una parziale retrodatazione della squalifica. In caso di accordo, Sara avrebbe ripreso a giocare a novembre 2018 e non a febbraio 2019. In cambio, chiedevano il ritiro del ricorso. «Questo episodio è la prova che sapessero di essere in fallo – dice papà Errani -. Forse temendo una nostra vittora in appello all'SFC che li avrebbe messi in pessima luce, hanno effettuato questa mossa. Tuttavia, la sentenza era ormai passata in giudicato: a quel punto, soltanto l'SFC avrebbe potuto esprimersi». In caso di accoglimento della richiesta d'intervista, avremmo chiesto ai rappresentanti di NADO Italia il perché di questo tentativo di mediazione. Anche in questo caso, le tempistiche hanno giocato a sfavore della Errani: il Tribunale Federale si è espresso il 29 gennaio 2019, a una settimana dalla scadenza della squalifica. La beffa è stata doppia, perché l'azzurra ha formalmente perso il ricorso (ed è stata condannata al pagamento delle spese processuali, fissate in 5.000 franchi svizzeri: ultimo tassello di un'odissea anche economica, visto che l'intera faccenda le è costata circa 250.000 euro). «La domanda che pesa su tutta questa vicenda - insiste il padre di Sara – rimane irrisolta: perché i massimi vertici dello sport italiano, anziché essere orgogliosi che un'atleta dimostri di nuovo - in appello - la propria innocenza, si accaniscono ancora, rifiutano il dialogo e l'applicazione di una regola sacrosanta, adducendo motivazioni a mio avviso traballanti?».

A pagina 13 della sentenza SFC si legge testualmente: «Il CAS ha violato il diritto dell'atleta di essere ascoltato. Su questo punto, la motivazione del CAS appare criticabile». Tuttavia, i giudici hanno scelto di non annullare il verdetto, perché «non vediamo quale influenza possa avere avuto questa violazione sull'esito della controversia. Inoltre, la possibilità di retrodatare il periodo di sospensione è lasciata alla discrezione dei giudici e, come tale, costituisce un'eccezione. Pertanto, non vi è alcuna prova che la violazione del diritto dell'atleta di essere ascoltata possa aver avuto il minimo impatto sulla scelta adottata dal CAS». Secondo papà Errani, si è trattato di un'ingiustizia. «Se ci avessero dato ragione, le conseguenze avrebbero messo in crisi l'intero 'Sistema CAS'. Avrebbero dovuto risarcire un'atleta professionista a cui è stato impedito di svolgere il proprio lavoro, oltre a esporlo a profonde ripercussioni negative nel prosieguo della carriera. Ricorderei che il CAS si trova in Svizzera, paese che non soggiace alle Leggi Europee e, nei fatti, si comporta come vuole. Altrove, non sarebbe mai successo che la Corte Suprema, riscontrando una violazione dei diritti dell'imputato da parte di un Tribunale, lasci inalterata una sentenza viziata da un'irregolarità».

Vale la pena fare due conti per capire se alla romagnola convenisse o meno ottenere la retrodatazione. Tra ottobre 2017 e maggio 2018 ha giocato 19 tornei, raccogliendo 796 punti WTA e intascando un prize money lordo di 225.267 dollari. Al momento dello stop, si trovava in 72esima posizione. Restituire il denaro era un fattore secondario, se non altro perché i dati ufficiali raccontano di un career prize money superiore ai 13 milioni di dollari. Pur di continuare a giocare, avrebbe volentieri rinunciato alll'1,7% di quanto guadagnato in carriera. Invece, per il suo bene, gliel'hanno lasciato. Più complessa la questione agonistica: ottenendo la retrodatazione, sarebbe sprofondata intorno al numero 600 WTA, però avrebbe continuato a giocare: era in un buon momento di forma e lo avrebbe potuto sfruttare, mantenendo il ritmo-torneo.
Bloccarsi di nuovo l'ha nuovamente esposta a giudizi negativi e danni d'immagine, oltre a dover rimettere in officina il motore agonistico. Si può discutere sul fatto che la retrodatazione fosse più o meno conveniente: ma era quello che desiderava Sara se avesse potuto decidere, o almeno esporre le sue idee al collegio.
E su questo, onestamente, non si può discutere. Al rientro alle competizioni era numero 124 WTA, ma un mese dopo – alla scadenza dei punti di Indian Wells – era già franata in 243esima posizione. Ripartire così è stato davvero un vantaggio? Qualcosa pensato per il suo bene? Quale classifica avrebbe avuto a marzo 2019 se non fosse stata fermata?

«Altrove non sarebbe mai successo che la Corte Suprema, riscontrando una violazione dei diritti dell'imputato da parte di un Tribunale, lasci inalterata una sentenza viziata da un'irregolarità» 
Giorgio Errani

Mentre attendeva il verdetto del CAS di Losanna, la Errani ha vinto il WTA 125 di Indian Wells

L'ODISSEA PENALE
La violazione delle normative antidoping prevede anche l'apertura di un'indagine penale. A causa del letrozolo, il nome di Sara Errani è finito nel registro degli indagati. Detto che in ambito penale è punibile soltanto il dolo, escluso da entrambe le sentenze sportive, anche in questo caso, secondo Giorgio Errani, c'è stato un accanimento ingiustificato «che ha cercato di negare l'evidenza dei fatti». L'indagine, affidata ai NAS di Roma, è sfociata nell'interrogatorio di un maresciallo dei Carabinieri. Parlando con la giocatrice, ha esposto la seguente tesi: dopo essersi dopata volontariamente, si sarebbe cancellata dagli imminenti tornei di Dubai e Acapulco perché timorosa di possibili conseguenze dopo il controllo del 16 febbraio. L'impianto accusatorio è stato smontato dall'unico piccolo colpo di fortuna avuto da Sara in questa vicenda: già prima del test, aveva annunciato (tramite messaggio sul suo sito internet) il forfait dai tornei successivi perché sofferente di un risentimento a un adduttore. La settimana prima, in effetti, terminò zoppicando (e in lacrime) la sfida di BJK Cup contro la Slovacchia, dandosi dell'idiota per non essersi ritirata. Ciononostante, i Carabinieri hanno chiesto di interrogare mamma Fulvia come persona informata dei fatti, sebbene avesse già rilasciato due dichiarazioni scritte (peraltro, il Codice di Procedura Penale garantisce a un parente prossimo la facoltà di non testimoniare a favore o contro l'imputato). Nonostante le obiezioni, hanno insistito e fissato la data dell'udienza. Prima a Roma, poi a Massa Lombarda, dopo aver girato l'incarico ai loro colleghi di Bologna. Nel giorno dell'interrogatorio, è giunta comunicazione che l'attività era stata sospesa. Però avevano lasciato mamma Errani sulle spine fino all'ultimo. Tra l'altro, nonostante la richiesta di archiviazione dello stesso PM, la vicenda si è protratta per quasi tutto il 2019. Sul piano strettamente giudiziario, la parola fine è arrivata il 12 ottobre 2019 con il decreto di archiviazione, firmato dal GIP Janos Barlotti. Il tutto quando Sara aveva già ampiamente ripreso la sua terza (o quarta, ormai si è perso il conto) carriera. «Questi sono i fatti: non riusciranno a tappare la bocca alla verità – conclude Giorgio Errani -. Ritengo questa vicenda colma di punti talmente oscuri da sembrare maleodoranti. Sono riusciti nell'intento di rovinarle la parte finale della carriera, ma non riusciranno mai a scalzarla dal piedistallo della tennista italiana più vincente di sempre». A quel punto – cuore di papà – elenca con precisione certosina i risultati raccolti da Sara per avallare la tesi. Ma di questo si potrà discutere in altre sedi. Non è sereno, Giorgio Errani, e non è nemmeno sollevato dalla fine di questa storia.

Però si è tolto un peso.
Non poteva restare in silenzio, lui che aveva iniziato a difendere la figlia ancora sedicenne, quando scrisse una lettera a una rivista per far presente che i risultati di Sara meritavano ben altra considerazione. Gli risposero quasi irridendolo, ma la storia gli ha dato sontuose rivincite. «Questa vicenda ha causato un'immensa amarezza a Sara, a me e a tutta la mia famiglia. Allo stesso tempo, ha evidenziato uno zelo punitivo da parte delle massime autorità sportive italiane davvero sbalorditivo, senza apparenti spiegazioni e senza prove a supporto. Qualcosa le hanno tolto, ma non hanno avuto - né avranno mai - quello che volevano: la resa. Quanto a Sara, il tennis le ha dato enormi soddisfazioni, sia economiche sia personali. Ma per la meschinità di alcuni ha dovuto pagare un prezzo esorbitante e ingiusto. Una ferita che, nella nostra anima, non si rimarginerà mai».

EPILOGO
Da quando ha ripreso a giocare, finalmente senza zavorre, Sara Errani ha sgomitato nei circuiti WTA-ITF con alterne fortune. Il miglior risultato è stato il terzo turno colto all'Australian Open 2021, partendo dalle qualificazioni. Si è anche tolta la soddisfazione di giocare la sua quarta Olimpiade, ma oggi il ranking mondiale la vede solo al numero 146. Troppo lontano da dove dovrebbe trovarsi, e dove forse sarebbe rimasta senza questa disavventura. Le ferite psicologiche sono emerse nelle difficoltà al servizio, storico tallone d'Achille: in alcune occasioni si è inventata un movimento alternativo, una sorta di dritto al volo per evitare di dare troppi vantaggi alle avversarie. Nel mondo virtuale dei social media, le ironie si sono trasformate in inviti a smettere di giocare.
Sara Errani deve sopportare anche questo, come se commettesse qualcosa di illecito nel continuare a praticare lo sport che l'ha portata a girare il mondo sin da quando aveva 12 anni (quando passò un anno negli Stati Uniti, all'accademia di Nick Bollettieri) per poi stabilirsi in Spagna qualche anno dopo, allontanandosi dalla famiglia perché in Italia nessuno era disposto ad allenarla seriamente.
«Troppo piccola» e «con limiti evidenti» dicevano certi coach, anche molto qualificati.
«Dove vuoi che vada?» sussurrava qualcun altro. Lei ha risposto in modo semplice: con i risultati.
Per sua fortuna, il passato non si può cancellare e c'è tanto di splendente nel vissuto di Sara Errani. C'era anche questa storia, che meritava di essere raccontata nella sua interezza. Sempre parlando con Behind the Racquet, ha detto di essere felice. «Il ranking in sè non è così importante: ciò che conta davvero è che mi sento felice sul campo da tennis».
In tempi duri, Sara disse: «Quando mi guardo negli occhi, allo specchio, sono tranquilla con me stessa. Mi piacerebbe essere un buon esempio, una persona con valori e principi che cerco di rispettare, sempre. Al di là della convenienza personale».
Adesso che la storia è stata raccontata come si deve, forse troverà un po' di serenità anche fuori dal suo amato rettangolo.

Ps. Tutti i documenti legati a questa vicenda, compresi quelli non linkati in questo articolo, sono consultabili presso il sito www.erranisrl.com