The Club: Bola Padel Roma
ASICS TENNIS ACADEMY

The Coach: Tommaso Brunetti

Responsabile del settore agonistico del TC Pistoia sin dall'età di 25 anni, Tommaso Brunetti ha portato alcuni ragazzi del circolo toscano alla ribalta nazionale. La qualità del suo lavoro lo ha condotto nel team ASICS: il sogno è portare nel professionismo un elemento del suo vivaio. “Oggi l'Italia è uno dei posti migliori dove nascere per fare il tennista”

Intervista di Riccardo Bisti
9 marzo 2024

La fortuna del movimento sono i circoli. Grandi, piccole e medie realtà che alimentano la pratica del gioco e da cui sono partiti – nessuno escluso – tutti i nostri campioni. Realtà composte da persone che dedicano tempo e passione alla disciplina, non sempre con i ritorni che meritano. ASICS lo sa e guarda con interesse (anche) al mondo dei club, inserendo nella propria ASICS Tennis Academy anche figure (apparentemente) periferiche. Una delle realtà più interessanti del panorama nazionale è il Tennis Club Pistoia, emblema di una città di medie dimensioni a qualche decina di chilometri da Firenze. C'è tutto: attività di base, insegnamento, alto livello e il fiore all'occhiello di una squadra che resta tenacemente in Serie A1. A guidare il team e a dirigere la parte agonistica c'è Tommaso Brunetti, 31 anni, figlio d'arte che da sei anni si occupa dei migliori prodotti del vivaio pistoiese. Un successo tira l'altro e il club toscano è sempre più in alto, accendendo l'interesse di ASICS. E Brunetti ha tra le mani prospetti davvero interessanti.

Il tuo percorso nel mondo del tennis?
Ho iniziato sulle orme di mio padre Luigi, ex giocatore di terza categoria e poi dirigente, prima di circolo e poi in ambito federale. Il mio primo maestro, figura fondamentale nella mia crescita, è stato Alessandro Pacini. Come giocatore sono stato 2.4, ma ho sempre dato la precedenza all'istruzione: prima il liceo, poi l'università. Non sono mai arrivato al professionismo: ho giocato qualche Futures, ma l'ho vissuta come un'esperienza in più rispetto a quello che facevo. Dopo Pacini, le persone che hanno formato la mia identità tennistica sono state Ettore Rossetti, Riccardo Ciruolo e Giovanni Bianchi. Mi sono laureato in Scienze Politiche con un indirizzo rivolto alla comunicazione: viste le materie che ho studiato, l'esperienza accademica mi è tornata utile. Quando avevo 25 anni, i maestri del settore perfezionamento del TC Pistoia sono andati via, dunque si è creata la possibilità di assumerne la responsabilità. Da allora sono passati 6 anni.

Sognavi di diventare un campione?
Da piccolo sì. Sono un enorme appassionato di sport: calcio, basket, tennis... ovunque ci fosse una palla, per me andava bene. Ho raccolto buoni risultati a livello Under 10 e 12, ma negli anni in cui avrei dovuto fare qualcosa di più – ripeto – ho continuato a vedere il tennis come una passione, un completamento della mia attività principale. Sono stati fondamentali i miei genitori: mi hanno lasciato libero di decidere, pur indicandomi la strada. Quando c'era bisogno di una parola di supporto, lo hanno fatto nei modi giusti. Dopo aver valutato più strade, ho preso la mia decisione.

"Oggi il sistema è molto più inclusivo verso i maestri: siamo coinvolti nei programmi federali, se c'è una necessità viene soddisfatta. In passato, i migliori ragazzi venivano portati via"

Sei un fedelissimo del Tennis Club Pistoia, quindi conoscerai le complessità della vita da circolo. Quali sono gli aspetti più difficili?
Soppesare i i vari equilibri per andare avanti, lavorando nella maniera corretta. Mi spiego: i nostri dirigenti sono stati lungimiranti e abbiamo un settore agonistico in grado di dare ai ragazzi l'opportunità giusta, ma bisogna incastrarlo in un contesto più ampio. Ci deve essere una scuola tennis numerosa, un'attività sociale per adulti, senza dimenticare le nuove realtà del padel e del pickleball. Sullo sfondo c'è una componente economica da tenere sempre presente: d'inverno abbiamo 6 campi coperti, quattro con il pallone pressostatico e due con struttura fissa. Energia e riscaldamento hanno un costo enorme, quindi è necessario trovare le risorse. Insomma, l'attività va avanti ma l'agonismo non deve essere in perdita. Se si vuole fare qualcosa in più, come avere una squadra di Serie A1, la dirigenza deve essere brava a trovare sponsor e sostegni esterni.

Tuo padre è un dirigente di livello, attuale presidente del CR Toscana. Come lavora la federazione?
Rispondo da tecnico che ha la fortuna di seguire ragazzi di interesse nazionale, dunque convocati ai raduni. Trovo questi appuntamenti un supporto importante, cresciuto e migliorato negli anni. Oggi il sistema è molto più inclusivo verso i maestri: siamo coinvolti nei programmi federali, se c'è una necessità viene soddisfatta. In passato, i migliori ragazzi venivano portati via. Era un lavoro diverso, ma in un certo senso dava un taglio netto al passato. Mi sento di dire che oggi, per un aspirante tennista, l'Italia sia uno dei posti migliori per nascere: ci sono aiuti sostanziosi per parecchi ragazzi e vengono destinate sempre più risorse aL settore tecnico. Attualmente sono Maestro Nazionale, ma sto per effettuare il corso da Tecnico: avendo svolto tutto l'iter ho conosciuto figure di rilievo che hanno contribuito alla mia formazione. Penso a Tomas Tenconi e Claudio Galoppini per motivi di vicinanza geografica, ma tutti quelli che ho conosciuto sono stati preziosi.

«Mi sento di dire che oggi, per un aspirante tennista, l'Italia sia uno dei posti migliori per nascere: ci sono aiuti sostanziosi per parecchi ragazzi e vengono destinate sempre più risorse al settore tecnico»

Come ti sei avvicinato ad ASICS Tennis Academy?
Quando è iniziato il progetto c'è stato un passaparola tra maestri. Il primo è stato Danilo Pizzorno, che ha contattato Nicolò Righetti dell'Accademia Tennis Apuania (il quale ha collaborato con noi). Lui mi ha messo in contatto con Charly Romiti, e sin da quando l'ho conosciuto si è instaurato un bel rapporto. Di lui apprezzo l'estrema professionalità in ogni iniziativa.

In cosa può arricchirti l'appartenenza ad ASICS Tennis Academy?
La cosa più interessante è la condivisione. A ogni evento c'è un gruppo di tecnici qualificati e molto disponibili a condividere e ritrovarsi. Nessuno lesina feedback: ogni volta che c'è una riunione o un meeting, mi piace molto ascoltare e imparare.

Sei tra i professionisti innamorati delle calzature ASICS?
Nella mia carriera da giocatore ho avuto tantissimi problemi ai piedi, poi nell'ultima fase sono passato ad ASICS e mi sono reso conto che sono le migliori, soprattutto nel rapporto comodità-sostegno. Una volta diventato maestro ho continuato a usarle, sia nel tennis che nel running. Ultimamente ho scoperto anche l'abbigliamento... che dire? È spettacolare.

Tommaso Brunetti guida il team di Serie A1 del Tennis Club Pistoia

«Girando per tornei, fatico a trovare qualcuno che giochi male a tennis. I maestri sono sempre più formati e qualificati, ci sono tante realtà in cui si lavora bene. Per questo è fondamentale creare un atleta performante a livello fisico e che abbia linee guida e idee chiare sul piano mentale»

Sei capitano del team di Serie A1, uno dei fiori all'occhiello del circolo. Cosa pensi dell'attuale format della manifestazione? Non trovi che l'obbligo di schierare i ragazzi del vivaio abbia abbassato il livello?
Per come si svolge oggi il Campionato, è un format ottimo. I circoli partecipano a proprie spese, per dare un servizio ai soci e uno spettacolo alla città, senza introiti o contributi: in questo senso è una mossa vincente, perché la gente apprezza vedere i ragazzi cresciuti nel circolo. E gli stessi giocatori crescono con l'idea-speranza di far parte della squadra di A1. È stato così per me e per i ragazzi venuti dopo, su tutti Leonardo Rossi, il migliore con cui lavoro insieme a Matteo Trevisan e Federico Malanca. Ha fatto tutta la trafila, poi nel 2023 è stato il protagonista del nostro Campionato. In ottica generale, riconosco che il livello si è abbassato. Ma a quel punto andrebbe riformata l'idea del Campionato, giocando in strutture diverse, inserendo il biglietto d'ingresso e creando uno spettacolo ancora più grande. In quel modo si attirerebbero giocatori ancora più forti, un po' come accade in Germania. Ma non so se saremmo pronti a livello di strutture.

C'è l'impetuosa crescita di padel e pickleball, con strutture anche nel vostro club. Non temi che possa essere una concorrenza per il tennis, magari togliendo qualche praticante?
Il nostro rimane un circolo tennis, con il padel al suo interno. Per quello che vedo, è considerato una possibilità di guadagno per aumentare il bacino d'utenza. Mi sembra che il padel funzioni soprattutto tra adulti ed ex tennisti, ma per fortuna abbiamo uno zoccolo duro tennistico, soprattutto a livello giovanile. La concorrenza non si avverte: chi vuole iniziare, si indirizza sul tennis. Vedendola da maestro è possibile che qualche adulto si dedichi al padel, ma tra i bambini non percepisco nessuna concorrenza.

Qual è la tua filosofia da tecnico? Come sarà il giocatore ideale del 2030, quello che vorresti plasmare?
Il tennis va veloce, così come i suoi cambiamenti. Allo stato attuale, le priorità sono le componenti mentale e fisica. Girando per tornei, fatico a trovare qualcuno che giochi male a tennis. I maestri sono sempre più formati e qualificati, ci sono tante realtà in cui si lavora bene. Per questo è fondamentale creare un atleta performante a livello fisico e che abbia linee guida e idee chiare sul piano mentale. Mi sono reso conto che colpire bene la palla è una parte parcellare rispetto a quello che serve per diventare professionista. Sul piano tecnico, i colpi di inizio gioco sono e saranno fondamentali, visto il gioco sempre più veloce e la crescita dei materiali: se sei carente in questo aspetto, può essere un problema. Gli allenamenti fatti di soli palleggi sono un ricordo. In sintesi, il giocatore deve essere pensante, con un'identità chiara, e deve conoscere i punti di forza a cui aggrapparsi nel momento del bisogno.

Le calzature ASICS sono costanti compagne di viaggio di Brunetti, nel tennis come nel running

«Vorrei creare un centro di allenamento, come potrebbe essere il TC Pistoia, che diventi un punto di riferimento in Toscana per tutti i ragazzini che vogliono fare specializzazione di alto livello. Per riuscirci ho iniziato sei anni fa insieme a Matteo Trevisan. Con lui ho condiviso tutto, poi si è aggiunto Federico Malanca, che peraltro vanta un'esperienza al Piatti Tennis Center»

Il vivaio del TC Pistoia ha tre elementi di spicco. Ti chiedo una descrizione da rileggere se in futuro si dovesse parlare di loro: Sveva Pieroni.
Classe 2007, progetto antico. L'ho conosciuta da piccola, poi 4 anni fa sono diventato il suo responsabile. È una ragazza di valore, tra le migliori in Italia del suo anno. Di recente l'ho accompagnata a un J60 in Tunisia, in cui ha vinto il torneo. Attualmente è n.630 ITF tra le Under 18 e quest'anno svolgerà attività junior in Italia. Ragazza tenace, gioca a tennis pur frequentando il liceo scientifico. Non è facile far combaciare lo studio e l'attività, via via sempre più impegnativa. Ma lei è tenace: se lo vorrà fino in fondo, ha le qualità per diventare una giocatrice.

Leonardo Rossi, classe 2002.
In questo momento è il più forte, la nostra punta di diamante. Di recente ha toccato il best ranking al numero 715 ATP. Ha bypassato quasi del tutto l'attività junior, quindi i primi due anni nel circuito ITF sono stati “di studio”, per capire cosa serviva. Non è sempre facile giocare ogni settimana, viaggiare e impegnarsi quando non sei al 100% o in forma come vorresti. Il 2023 è stato un anno di crescita, con quattro semifinali nei tornei da 15.000 dollari e alcuni quarti in quelli da 25.000. Adesso bisogna consolidarsi, perché le aspettative sono sempre più alte. Non si può certo restare a vita nei tornei ITF, specie se l'idea è fare il professionista.

Jacopo Menini.
È il più giovane di tutti, ma è soprannominato “Il Professore”. Se ci parli non sembra un ragazzino di 11 anni, ma già un adulto. È una caratteristica molto divertente. Frequenta il circolo da due anni dopo aver iniziato a giocare, non dico da autodidatta, ma in modo “amatoriale”. Grazie alle sue capacità di ascolto e apprendimento è cresciuto tanto a livello tecnico, ed è bello apprezzare i suoi miglioramenti. Avendo 11 anni deve migliorare in tante cose, ma è interessante seguirlo. Siamo stati a un raduno nazionale a Tirrenia ed è stato prezioso, perché ha iniziato a capire di cosa è fatto il tennis. Dobbiamo fare in modo che arrivi preparato a 15-16 anni quando, se vorrà, potrà provare a fare qualcosa di più.

Sei ancora molto giovane, visto che nel 2024 compirai 32 anni, dunque ci sarà spazio per un sogno professionale.
Ne dico due. Da un lato vorrei creare un centro di allenamento, come potrebbe essere il TC Pistoia, che diventi un punto di riferimento in Toscana per tutti i ragazzini che vogliono fare specializzazione di alto livello. Per riuscirci ho iniziato sei anni fa insieme a Matteo Trevisan. Con lui ho condiviso tutto, poi si è aggiunto Federico Malanca, che peraltro vanta un'esperienza al Piatti Tennis Center. Inoltre abbiamo un gruppo di preparatori guidati da Gianluca Mazzoncini. Eravamo una piccola realtà, ci siamo strutturati per diventare un centro per aspiranti professionisti. Col tempo vorrei radicarla e diventare un punto di riferimento. Certo, bisogna tenere d'occhio i numeri: non potremo mai avere 50 giocatori full time come le grandi accademie, ma un numero circoscritto di atleti per fare qualcosa di bello. Il secondo sogno riguarda il professionismo: non avendolo toccato come atleta, mi piacerebbe arrivare a frequentare il circuito ATP-WTA con uno dei miei ragazzi, magari fino a partecipare agli Slam. Quella del coach è una scelta molto impegnativa per la vita personale, non mi ci vedo a farlo per sempre, ma per un certo periodo sarei disposto a sacrificarmi per un progetto stimolante, ambizioso e coinvolgente.