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WIMBLEDON

“So che posso vincere Wimbledon”

Le parole di Matteo Berrettini esprimono lucida determinazione. Sembra esserci spazio per una carriera da record: “Ogni volta che affronto Djokovic mi sento più vicino. Voglio fare come ha fatto lui con Federer e Nadal”. Può superare Pietrangeli e diventare l'italiano più vincente di sempre?

Riccardo Bisti
12 luglio 2021

La frase è perfetta per un titolo. Matteo Berrettini l'ha pronunciata rispondendo alla prima domanda nella conferenza stampa post-finale, subito prima di recarsi a Wembley, laddove gli azzurri di Roberto Mancini hanno lenito il dispiacere per la sconfitta nella finale di Wimbledon. D'altra parte, lo stesso Matteo si è detto deluso e incazzato per aver perso. La frase, dicevamo. “So che posso vincere questo torneo. Non so se ce la farò, ma so che posso farcela”. Va preso sul serio, perché Matteo non è uno che parla a vanvera. Non è un presuntuoso, uno spaccone, uno che ama spararla grossa per avere più spazio sui media. Se lo ha detto, lo pensa davvero. Non ci era mai capitato di ascoltare una frase del genere da un giocatore italiano. Ma Berrettini, romano di Via Conca d'Oro, quartiere Monte Sacro, è l'uomo delle prime volte. È il primo italiano ad aver raggiunto la finale a Wimbledon. Ne seguiranno altre, mentre darà l'assalto della quarta posizione mondiale di Adriano Panatta, antichissimo limite del tennis italiano, almeno nell'era del computer.

Non ho giocato la mia miglior partita – ha detto Berrettini – ma se è andata così è merito di Djokovic. È la sua forza, uno dei motivi perché è numero 1”. Poi però ricorda di potercela fare e rilancia: “È quello che farò nelle prossime settimane, mesi e anni: provare a sollevare trofei”. Il caso di Berrettini deve far riflettere: a differenza di altri, fenomeni annunciati, è cresciuto lontano dalla luce dei riflettori. È nato due mesi dopo Gianluigi Quinzi, che ha annunciato il ritiro in questi giorni dopo essere stato travolto dal dolore delle aspettative deluse. Mentre Quinzi vinceva Wimbledon junior e firmava i primi contratti, lui giocava torneini di secondo-terzo livello. In uno di questi incrociò Hurbert Hurkacz, suo avversario in semifinale. Quando Filippo Baldi raccoglieva i primi punti ATP e lui era ancora nelle sabbie mobili dei tornei junior, pensava che le imprese del lombardo fossero grandi, notevoli. Lontane.

ASICS ROMA
"Djokovic è cresciuto perdendo contro Rafa e Roger, e grazie a loro è migliorato. Proverò a fare altrettanto grazie a lui. Sono cresciuto guardandoli giocare, adesso sono io a provare a vincere i grandi titoli al loro posto."
Matteo Berrettini

Al minuto 1.30 della conferenza stampa, rispondendo a una domanda di Craig Gabriel, Matteo Berrettini lo dice senza mezzi termini: "Posso vincere il titolo"

Accanto a lui c'era Vincenzo Santopadre, che qualche mese prima era stato più o meno scaricato da Nastassja Burnett. Dopo averla condotta a ridosso delle top-100, il tecnico romano aveva preparato un programma per seguirla in modo adeguato nel circuito WTA. Lei scelse altre soluzioni e la storia racconta che non è mai entrata tra le top-100, anche a causa di qualche infortunio di troppo. Se Santopadre avesse continuato con la Burnett, chissà se avrebbe potuto dedicarsi a tempo pieno a Berrettini. E chissà se oggi Berrettini avrebbe posato con Sergio Mattarella e realizzato interviste insieme a Gigio Donnarumma. Poco importa. Di certo non ha mai pensato di lasciare Santopadre, affidandosi a lui anche nei momenti difficili, come quando perse una stagione quasi intera per un infortunio al ginocchio. E ripartirà da Santopadre (e uno staff perfetto: familiare ma anche professionale) per raggiungere i suoi sogni, che dopo Wimbledon appaiono un cielo azzurro, non più offuscato dalle nuvole. “Il mio livello sta crescendo, sto facendo le cose giuste – racconta – ma per battere Djokovic devo migliorare.

Lui è cresciuto perdendo contro Rafa e Roger, e grazie a loro è migliorato. Proverò a fare altrettanto grazie a lui. Sono cresciuto guardandoli giocare, adesso sono io a provare a vincere i grandi titoli al loro posto. I risultati dicono che me lo merito. Oggi Novak è stato migliore di me, ma ogni volta che lo affronto mi sento sempre più vicino. Ho bisogno di partite ed esperienze come questa”. I paragoni con i Big Three sono insensati, poiché hanno giocato la loro prima finale Slam molto più giovani di lui. Ma stanno per arrivare tempi diversi, in cui diversi giocatori avranno parecchie chance. Tra loro c'è Berrettini, forse di un gioco molto scomodo da fronteggiare. Ed è significativo che sia stato necessario un aspirante GOAT per neutralizzare le sue armi. “È l'unico che mi fa sentire così. Devo migliorare anche per questo, evitare di provare certe sensazioni”. Berrettini ha poi spiegato le ragioni che – a suo dire – rendono Djokovic così difficile da affrontare, poi ha rilanciato: “Ho bisogno di giocare più match come questo. Complimenti a lui, ma non vedo l'ora di affrontarlo di nuovo in situazioni come questa”.

Matteo Berrettini nella pancia del Centre Court prima di giocare la finale di Wimbledon

Storia e traguardi di Matteo Berrettini sintetizzati in 4 minuti

Una pacifica dichiarazione di guerra di un ragazzo che conosce i suoi limiti, ne parla con candore e non ha problemi nel riconoscere le proprie debolezze. E non ha alcun tabù nel ricordare che si avvale di un mental coach (Stefano Massari), il cui aiuto è importante almeno quanto quello di tutti gli altri elementi del team. Per questo, la sensazione vissuta negli ultimi due anni è ormai una certezza. In attesa di Sinner e Musetti, l'Italia ha trovato un top-player, nel senso etimologico del termine. Uno che può trascorrere centinaia di settimane tra i top-100 (è già a quota 68), che può diventare frequentatore abituale delle ATP Finals (con cinque edizioni in Italia, il traguardo è ancora più succoso). Uno che si presenta a ogni Slam (Roland Garros compreso) come possibile protagonista. La notizia migliore arriva dalla carta d'identità: Berrettini rende 9 anni a Djokovic e 10 a Nadal, segno che non dovrà affrontarli nella seconda parte della carriera. Sfiderà quelli della sua generazione, poi i ventenni di oggi: gente forte, ma nessun aspirante GOAT.

E allora può esserci tanto spazio anche per lui, a partire dalle imminenti Olimpiadi (la pattuglia azzurra partirà sabato prossimo) per poi proseguire col cemento americano e lo Us Open, laddove ha raccolto il primo risultato-copertina della sua carriera. Senza entrare in perniciosi confronti con Adriano Panatta, è certo che Nicola Pietrangeli sia il tennista italiano più titolato di sempre. Qualche anno fa disse che la sua semifinale a Wimbledon era il suo record più battibile. Per gli altri sarebbe stata più dura, a partire dai due due titoli Slam (Roland Garros 1959 e 1960, peraltro quando buona parte dei migliori erano passati professionisti). Nonostante la sconfitta contro Djokovic, il torneo di Wimbledon ci lascia un meraviglioso dubbio: Matteo Berrettini vincerà più di Pietrangeli? Saprà vincere due Slam, o magari tre? La risposta arriverà col tempo, ma anche soltanto porsi la domanda è roba da vertigini. Libidine pura.