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IL CASO

Naomi Osaka: “Basta, non parlo più”. Rivoluzione o egoismo?

Niente conferenze stampa per Naomi Osaka durante il Roland Garros. Scelta clamorosa, destinata a creare un “prima” e un “dopo” nel rapporto tra tennisti e giornalisti. Ha fatto bene? I pro e i contro di una decisione che farà discutere.

Riccardo Bisti
28 maggio 2021

La notizia ha messo in secondo piano il sorteggio del Roland Garros, in cui i Big Three (e nove italiani su dieci!) sono finiti nella parte alta del tabellone: Naomi Osaka diserterà le conferenze stampa per tutto il torneo. Lo ha comunicato con un lungo post su Instagram. La frase più significativa: “Sento spesso dire che le persone non hanno riguardo per la salute mentale degli atleti, e questo è particolarmente vero ogni volta che vedo o partecipo a una conferenza stampa – scrive la giapponese – spesso ci vengono fatte le stesse domande, o altre che creano dubbi nella nostra mente. E non ho intenzione di sottopormi a persone che dubitano di me”. Lo aveva anticipato agli organizzatori, con una mail indirizzata al direttore del torneo Guy Forget e al presidente FFT Gilles Moretton. Nella mail sottolineava di non avere nulla contro il torneo. “Questa presa di posizione è contro il sistema che impone agli atleti di parlare con la stampa anche in occasioni in cui soffrono di salute mentale. Credo che sia qualcosa di arcaico, e che serva una riforma. Dopo questo torneo voglio lavorare con i circuiti e gli organi di governo, per trovare il migliore compromesso e cambiare il sistema”.

La salute mentale è un argomento importante e non va sottovalutato. Qualcuno (come Russia Today) ha fortemente criticato la Osaka, sostenendo che la realtà sia molto più semplice: Naomi non vedrebbe di buon occhio le critiche. L'articolo di Frank Furedi sostiene che i problemi menzionati dalla Osaka siano tipici dei bambini, anche se di recente sono stati estesi al mondo degli adulti. Lo dice con scetticismo e conclude così: “È comprensibile che gli atleti si sentano mentalmente provati dopo una sconfitta. Ma davvero dovremmo trattarli come bambini che non possono affrontare una delusione?”. Conclusioni crude, generiche e irrispettose. L'età, i successi e il conto in banca non rappresentano un vaccino contro la fragilità emotiva: è possibile che un 30enne possa essere più fragile di un 18enne. Tuttavia, la presa di posizione della Osaka merita riflessioni approfondite. La FFT l'ha presa malissimo: Moretton ha definito fenomenale la portata dell'errore della giapponese. “È un grosso peccato per voi giornalisti, per Naomi e per il tennis in generale. Questo fatto dimostra che c'è bisogno di una governance forte. Quello che sta succedendo è inaccettabile. Ci sono delle regole: ci atterremo a queste per multe e sanzioni”. Molti si sentiranno autorizzati a esprimere il loro parere: ci proviamo anche noi, partendo dal vecchio adagio secondo cui la verità sta nel mezzo. Probabilmente è vero anche in questo caso.

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"Sento spesso dire che le persone non hanno riguardo per la salute mentale degli atleti, e questo è particolarmente vero ogni volta che vedo o partecipo a una conferenza stampa"
Naomi Osaka

Il rapporto tra la Osaka e i giornalisti è generalmente buono: questo filmato riassume alcuni dei momenti più divertenti

NAOMI OSAKA HA RAGIONE PERCHÈ...
L'attuale sistema di comunicazione tra tennisti e stampa è deficitario. La sovraesposizione mediatica degli atleti ha inaridito i rapporti umani, e ingrossato la fetta di coloro che fanno da tramite: addetti stampa, agenti, media manager... Per questo, i tennisti sono sempre più irraggiungibili. Un tempo non era così: i cronisti avevano legami piuttosto stretti con i più forti. Soltanto 20 anni fa era possibile avvicinare un giovane Federer e chiedergli di compilare una scheda per votare i migliori colpi del circuito. Oggi pensate che sia facile anche solo con... Casper Ruud? Le categorie sopra citate hanno ragione di esistere, visto l'impressionante numero di richieste. Internet ha rivoluzionato anche questo settore. Tuttavia, il sistema ha creato una distanza enorme tra atleti e giornalisti. E quando si è così distanti si rischia di cadere in malintesi. Detto questo, l'organizzazione potrebbe essere migliore: non ha senso che i top-players siano obbligati (pena sanzioni pecuniarie) a tenere una conferenza stampa dopo ogni partita. Per loro è routine, ma il contenuto delle conferenze è generalmente basso. Si creano dinamiche psico-sociologiche difficili da spiegare. I giornalisti più scafati si sentono autorizzati a parlare per primi, a fare più domande, a monopolizzare la scena. Quelli meno esperti, o meno avvezzi al tennis, sono trattati con sufficienza dagli stessi colleghi e dai giocatori stessi, le cui risposte sono spesso condizionate dal rapporto con chi ha fatto la domanda. Esempio: se Jon Wertheim (o qualsiasi volto noto) chiede alla Osaka – per esempio – come vive la transizione dal cemento alla terra battuta, state certi che risponderà in modo diverso a chi chiede la stessa cosa ma è uno sconosciuto, magari privo della mitologica press card. È poi inevitabile che le domande siano simili: con così tante conferenze, non è plausibile che un giornalista ricordi tutto quello che è stato chiesto a un giocatore. È umanamente impossibile.

È però vero che una giocatrice come la Osaka ha pressioni molto particolari. Dopo ogni match deve rispondere alle domande della TV (chissà se a Parigi farà l'intervista sul campo...), poi la conferenza stampa in inglese e giapponese, infine le televisioni, più varie ed eventuali. È un lavoro che toglie tempo ed energie. Il disagio è comprensibile. ASAP Sports, la società che si occupa di trascrivere i contenuti delle conferenze stampa, ha registrato la bellezza di 153 press conferences della Osaka, dalla prima a Singapore nel 2015 fino all'ultima al Foro Italico. Senza contare quelle senza transcript, le one-to-one, gli eventi promozionali e tutto quello che riguarda la comunicazione. In questa montagna di impegni, non tutte le domande possono essere intelligenti, perfette e rispettose dello stato d'animo del giocatore. Ed è comprensibile che l'umore dell'intervistato non sia sempre lo stesso. Il sistema non funziona: se è vero che è cruciale dare una mano ai media, non lo si fa obbligando la Osaka a rispondere a 8 domande in inglese e 3-4 in giapponese dopo un 6-1 6-2 al primo turno dell'Australian Open. Cosa potrà dire di interessante? Quante probabilità ci sono che una sua frase sarà buona per un titolo? Naomi Osaka pensa ai suoi interessi, ma ha acceso i riflettori su una realtà sottovalutata: l'attuale sistema non aiuta a fare una buona informazione. va riformato, anche tenendo conto dei social media, che hanno rivoluzionato il modo in cui circolano le informazioni. Come? Difficile rispondere. Togliere l'obbligo delle conferenze porterebbe a una diserzione collettiva, provocando una desertificazione informativa. Qualcosa, tuttavia, va fatto. Un primo passo, forse, potrebbe essere un allentamento degli obblighi. Come e in quale misura, francamente, non lo sappiamo.

Tra il 2015 e il 2021, la sola ASAP Sports ha registrato 153 conferenze stampa di Naomi Osaka

Quando Naomi Osaka tramutò in un talk show un'intervista sul campo

NAOMI OSAKA HA TORTO PERCHÈ...
Secondo Forbes, Naomi Osaka è l'atleta più pagata del mondo. Qualche settimana fa, ha vinto il Laureus come atleta dell'anno nel 2020. Lo scorso anno, ha scelto di esporsi in prima persona a favore del movimento Black Lives Matter. Se fate un salto sul suo sito internet, scoprirete che è sostenuta dalla bellezza di 11 sponsor personali, peraltro marchi di notorietà globale. Tutto questo è stato possibile ai media, alla cassa di risonanza veicolata da quegli stessi giornalisti che non rispettano la salute mentale degli atleti. Se Naomi Osaka è così ricca e può permettersi di dire la sua – ed essere ascoltata – anche su argomenti delicati, è così perché i media le hanno regalato una visibilità senza precedenti. Lei lo sa benissimo: durante l'Australian Open si è presentata davanti ai giornalisti con una felpa dei Los Angeles Lakers, ma con la spallina tatticamente abbassata per mostrare il nome di due sponsor. E poi sono i media a consentire agli Slam di avere montepremi da capogiro. L'alternativa? Meno conferenze, meno pressione, una vita più serena e con più tempo libero... Ma con molti meno soldi, magari con la prospettiva di lavorare fino all'età pensionabile. Naomi ci ha pensato? Sarebbe disposta a fare cambio? Fosse vissuta negli anni 70-80, quando i montepremi erano infinitamente più bassi, non sarebbe diventata l'icona che è oggi. E poi le conferenze stampa sono nettamente sbilanciate a favore dei tennisti. Sono loro a scegliere l'orario, e poco importa se le convocano alle 23 quando è troppo tardi per un quotidiano, ore dopo aver giocato o magari dopo il doppio, mettendo in difficoltà i giornalisti.

A ogni conferenza, poi, è presente un media manager (solitamente ATP o WTA, ma talvolta anche ITF o di altre associazioni), il cui compito ufficiale è fare da moderatore. Quello reale è travestirsi da cane da guardia e stoppare sul nascere qualsiasi domanda scomoda o poco gradita. Presenza legittima, ma è una delle ragioni che fa scadere la qualità di una conferenza stampa. Ed è per questo che le interviste one-to-one (se ben realizzate) risultano più efficaci. Sono le uniche in cui può crearsi qualcosa che si è perso, eppure sarebbe cruciale per fare una buona informazione: l'empatia. Leggendo il comunicato di Naomi Osaka, abbiamo avuto l'impressione che non ne abbia tenuto conto. Inoltre ha scelto il momento sbagliato: azzerare la comunicazione durante uno Slam penalizza molte più persone di quanto accadrebbe in un semplice torneo WTA, senza contare i suoi sostenitori. Non è retorica: basta spulciare il suo sito internet per scoprire che esiste addirittura un indirizzo a cui inviare lettere e omaggi. Oppure registrare i suoi numeri social: 2,2 milioni di followers su Instagram, 965.000 su Twitter e 650.000 su Facebook. Una moltitudine di persone che Naomi avrebbe il dovere morale di rispettare, non solo con qualche post social accuratamente filtrato dal suo staff. Insomma, non ha fatto una grande figura. Anche perché, onestamente, quante conferenze avrebbe dovuto sostenere a Parigi? In carriera ha giocato quattro volte il Roland Garros, con tre eliminazioni al terzo turno e una al primo. Sarebbe stato così insostenibile dedicare 1-2 ore ai giornalisti, peraltro in un torneo che nessuno le chiede di vincere?