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IL PERSONAGGIO

La tennista che ha detto no alla Coca Cola

Naomi Osaka è la sportiva più pagata al mondo. Il suo appeal le ha permesso di rifiutare l'offerta della bevanda più famosa al mondo: ha preferito quella di cui era socio Kobe Bryant. Tutti i segreti dell'impero Naomi, dal marchio indipendente costretto a chiudere fino alle cuffie personalizzate.

Riccardo Bisti
28 febbraio 2021

La foto qui sopra risale al 2019, quando Naomi Osaka ha vinto il suo primo Australian Open. Per il consueto shooting, scelse un abito griffato Cushnie, piccolo brand indipendente fondato da afroamericani. Lo aveva acquistato online. La scorsa settimana, dopo il secondo trionfo a Melbourne, ha effettuato il servizio fotografico indossando capi Louis Vuitton. In due anni, la giapponese è diventata una delle atlete più famose al mondo, nonché la più pagata. Secondo Forbes, il suo reddito annuo ammonta a 37,4 milioni di dollari. Una grossa percentuale arriva da 16 sponsor, alcuni di fama globale. Per garantire loro visibilità, talvolta deve compiere acrobazie. Come giovedì 18 febbraio, giorno della vittoria su Serena Williams. Disse che per un match del genere aveva bisogno di forze extra, dunque aveva indossato la giacca dei Los Angeles Lakers. Se l'è portata anche in conferenza stampa, tenendo abbassata la manica in modo da lasciare visibili i badge dei suoi sponsor più importanti.

Dall'alto della sua popolarità, la giapponese può permettersi di scegliere i partner. “Durante i colloqui con i potenziali sponsor non si parla di soldi – dice il suo manager Stuart Duguis, vicepresidente IMG – abbiamo altre priorità e possiamo permetterci questo lusso. Respingiamo tante offerte perché non sempre Naomi è d'accordo col loro messaggio”. La Osaka è l'emblema del nuovo atleta di iper-sponsorizzato. Qualche anno fa, le sponsorizzazioni era molto semplici: firma, qualche foto, al massimo una pubblicità e arrivederci all'anno successivo. Oggi i brand vanno costantemente valorizzati, anche (e soprattutto) tramite i social network. Gli sportivi capiscono di essere una mini-industria e a volte investono per conto proprio. È il caso della giapponese, che ha acquistato i North Carolina Courage, team di football americano femminile.

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Il sostegno di Naomi Osaka al movimento Black Lives Matter ne ha aumentato il valore commerciale. Se ne sono accorte Beats e Levi's, aggiornando le loro campagne in questo senso. Oltre a tennista, l'hanno definita "attivista".
Naomi Osaka ha rifiutato la proposta di Coca Cola per sponsorizzare l'altra bevanda Bodyarmor

Nonostante abbia appena 23 anni, Naomi sta già pensando al post-carriera. Ama la moda, vorrebbe un marchio tutto suo e sta studiando in questo senso. Tra i suoi sponsor c'è anche Beats, azienda californiana che produce cuffie e auricolari. La prima clausola del contratto prevede che, per ogni Slam, Naomi debba disegnare in prima persona le cuffie con cui scende in campo. Storia simile per il noto marchio di jeans Levi's: tra gli accordi c'è la possibilità che Naomi possa disegnare almeno una collezione all'anno. Meno esplicito – ma non così diverso – il legame con Nike, che nel 2019 l'ha strappata ad Adidas per una cifra intorno ai 10 milioni annui. Nel novembre 2020 è stata lanciata una linea personalizzata Osaka, in cui è stata strettamente coinvolta. Inutile dire che è andata a ruba. Insomma, quasi un secondo impiego. Naomi segue alla lettera i consigli di Duguis, che l'aveva invitata a partecipare in prima persona a tutte le trattative.

Le servirà. Adesso assorbe tutto, in un processo di allineamento tra osservazione e processo creativo”. La creatività non manca ai pubblicitari di alcuni suoi sponsor: giocando col suo cognome, Mastercard ha lanciato una campagna per ogni città, così la numero 2 del mondo è diventata Naomi Tokyo, Naomi Kyoto, Naomi Yokohama. Il nome compariva su enormi poster, nei quali indossava abiti del marchio giapponese Adeam, ispirato a ciascuna di queste città. “È un ottimo esempio di come un marchio non rappresenti solo un prodotto, ma anche i valori che incarna”. Tale concetto è sublimato da una scelta che sembra incredibile: Naomi ha rifiutato di rappresentare Coca Cola, uno dei brand più prestigiosi e iconici su scala globale. I motivi furono due: il primo – banale – è che non la beve. Il secondo è ben più romantico: scelse di associare il suo nome all'altra bevanda Bodyarmour, di cui era tra i proprietari uno dei suoi più cari amici: Kobe Bryant. Mostrando un certo fiuto per gli affari, accettò la sponsorizzazione in cambio di una quota di partecipazione nella società. Da allora, il valore di Bodyarmour si è moltiplicato per dieci.

Uno dei manifesti Mastercard in cui il cognome di Naomi viene adattato alle varie città in cui viene esposto
  • 37.400.000$
    Il guadagno annuo di Naomi Osaka secondo le stime di Forbes
Lo spot Levi's in cui Naomi Osaka viene definita "atleta" e "attivista"

A rendere ancora più intrigante il personaggio Osaka c'è poi l'impegno per i diritti umani. Naomi ha preso certe posizioni perché lo sentiva, non certo pensando al portafoglio. Tuttavia, non c'è dubbio che il suo sostegno al movimento Black Lives Matter ne abbia aumentato il valore commerciale. Se ne sono accorte Beats e Levi's, aggiornando le loro campagne in questo senso. Oltre a tennista, l'hanno definita attivista. Questo messaggio non viene fatto passare in Giappone, laddove c'è meno sensibilità a certi temi (e dove la Osaka ha impiegato parecchio a farsi amare, non essendo purosangue).

Del suo Paese, tuttavia, ha preso il senso di lealtà: i marchi Yonex e Nissin la seguono sin da quando era fuori dalle top-100 e ha scelto di restarci fedele, sia pure con un ritocco verso l'alto degli ingaggi. Ma non è questa, davvero, la spinta che detta le azioni di Naomi Osaka. Nel frattempo lo staff che si occupa delle sue questioni extra-tennis si è esteso a 20 persone, comprese quelle che stanno lavorando a un documentario Netflix sul fumetto manga ispirato alla giapponese. In questo tripudio di business, tuttavia, c'è un retrogusto amaro. Nell'autunno 2020 il marchio Cushnie non ha resistito alla pandemia ed è stato costretto a chiudere. Se solo avesse resistito qualche mese, magari Naomi avrebbe appoggiato gli occhi anche su di loro. E sarebbe stata una bella storia.