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NOVAK DJOKOVIC

Nessuno come lui

Lo Slam più ostico (almeno per lui) sancisce il sorpasso definitivo: Novak Djokovic ha vinto più di tutti. “Non dirò di essere il più grande perché sarebbe una mancanza di rispetto per gli altri”, ma sa benissimo di esserlo. Non è finita qui: Nole ha ancora fame di successi. 

Riccardo Bisti
12 giugno 2023

“Non vedo l'ora che arrivi Wimbledon”. Tra le frasi pronunciate da Novak Djokovic dopo l'ennesimo trionfo, questa è tra le più significative. Nonostante abbia compiuto 36 anni da qualche settimana e sia il tennista più titolato di sempre, almeno nella classifica più importante, ha ancora fame di vittorie. E chissà fino a dove potrà spingersi. Non gli hanno domandato se il Calendar Grand Slam sia un obiettivo stagionale (mentre l'avevano fatto con coach Goran Ivanisevic), ma è chiaro che il serbo voglia portare il limite sempre più in là, raggiungendo quel traguardo che – tra gli uomini – manca da 54 anni. Pur senza dirlo esplicitamente, l'ha lasciato intendere anche dopo il 7-6 6-3 7-5 con cui ha battuto Casper Ruud e si è aggiudicato il 23esimo Slam, come Serena Williams, a una sola lunghezza da Margaret Court. E forse sono (anche) questi i suoi prossimi obiettivi: arrivare a quota 25 e comandare (anche) la classifica unisex. “Può sembrare un cliché, ma sento che nel mio caso l'età sia soltanto un numero – ha detto – anche se il mio corpo risponde in modo diverso. Qualche anno fa recuperavo più velocemente e avevo meno dolori”.

Ma Novak Djokovic trova sempre un modo per alzare l'asticella. Più che le parole del diretto interessato, per raccontare il suo trionfo a Parigi sono utili quelle di Goran Ivanisevic, che tra il serio e il faceto ha ben descritto cosa significa lavorare insieme a lui. “Ormai siamo entrati in modalità sadomaso, con allenamenti dalle 2 di notte alle 6 del mattino – ha scherzato, salvo poi aggiungere – non so davvero cosa fare con lui. Vuole sempre migliorare. Una volta dice che il rovescio non ha funzionato e dobbiamo lavorarci. A volte vuole sistemare il servizio, possiede una mente geniale. Ti mantiene sempre sotto stress, ogni giorno imparo qualcosa. Non sempre sono d'accordo con lui, ma funzioniamo come team”. Il tecnico croato ha spiegato che gli scarsi risultati nelle scorse settimane non lo avevano preoccupato. “Gli altri tornei lasciano il tempo che trovano, poi lui ha un software che cambia quando iniziano i tornei del Grande Slam. Sono un altro sport. Contro Alcaraz ha giocato un'ora e mezza incredibilmente intelligente. A un certo punto gli ho detto che – se voleva vincere questo torneo – doveva smetterla di comunicare con noi durante i match. Se ci fate caso, negli ultimi due match non ha urlato, non si è rivolto verso di noi, non ha sprecato energie inutili”.

La premiazione del Roland Garros 2023. Novak Djokovic ha ricevuto la Coppa dei Moschettieri dalle mani di Yannick Noah

«Novak è l'unico giocatore in grado di fare il Grande Slam. Nel 2021 è arrivato a un match dal riuscirci, dunque ha una chance anche quest'anno» 
Goran Ivanisevic
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Le energie, semmai, le ha tolte ai suoi avversari. In semifinale, il motore agonistico di Carlos Alcaraz è finito arrosto dopo un paio d'ore giocate al massimo. In finale, Casper Ruud ha giocato un primo set fantastico. Riguardatelo: il norvegese non può giocare meglio di così. Però lo ha perso, e nel secondo ha avuto un comprensibile calo di intensità, fisica e morale. E allora tornano d'attualità le parole di Andy Roddick, riprese dallo stesso Ivanisevic: “Ti prende le gambe, poi l'anima, poi ti scava la fossa e a quel punto hai il funerale. Bye bye”. Metafora cruda ma efficace, ancor più valida se utilizzata da chi – a suo tempo – aveva avuto più di uno screzio con Nole. “Parigi è sempre stato lo Slam più difficile per me, una montagna da scalare – ha detto Djokovic – sulla terra devi fare il doppio della fatica”. Come a dire che, dopo i festeggiamenti, giocare sull'erba potrebbe essere una passeggiata.

Il serbo ha incassato i complimenti social di Rafael Nadal e Carlos Alcaraz (mentre non sono arrivati, per ora, quelli di Roger Federer), ma rifiuta di definirsi il più grande di sempre. “Bene, grazie” ha risposto quando gli hanno detto come ci si sente, salvo poi aggiungere di non volersi definire tale perché sarebbe una mancanza di rispetto verso i tanti campioni che hanno segnato la storia del tennis. “Lascio volentieri che siano altri a fare questi discorsi”. Dentro di sé, tuttavia, sa di essere in ottima posizione. E continua in una missione che travalica i confini del tennis. Perché Novak Djokovic – e forse questo infastidisce i suoi detrattori, ancor più dei suoi successi – ha saputo lasciare un segno anche fuori dal tennis. Dall'alto del suo status, quando lo si vede impegnarsi nell'iniziativa PTPA, ci si domanda chi glielo faccia fare.

Djokovic celebra il successo con la famiglia: la moglie Jelena e i figli Stefan e Tara

I ventitrè Slam vinti da Novak Djokovic

E poi le sue convinzioni, manifestate senza paura e difese fino alla testardaggine, fino a conseguenze estreme come i fatti dell'Australian Open 2022, un passaggio della sua carriera che è bene ricordare per definire la sua incredibile forza mentale. Oppure le opinioni, a volte politiche, su temi scomodi come il Kosovo. I suoi più grandi rivali non sono quasi mai usciti dal perimetro del tennis, mentre lui sente un forte senso di responsabilità verso chi gli sta intorno. Una mentalità che – supponiamo – un occidentale non potrà mai capire a fondo. Per l'ennesima volta ha ricordato la sua provenienza, gli anni in cui la Serbia era dilaniata dal sangue di una guerra civile e poi vittima di un embargo. “Però sono stato fortunato a conoscere le persone giuste”. Ha definito mamma Dijana una roccia, capace di tenere unita la famiglia nei momenti difficili. Paprà Srdjan è stato la forza trainante che gli ha inculcato la fiducia in se stesso e la capacità di pensare positivo. “Nonostante non avesse mai giocato a tennis”.

Poi il padre tennistico, Nikki Pilic, fino alla figura più importante di tutti: Jelena Gencic, che da lassù avrà sorriso ancora una volta nell'ascoltare l'ennesimo ricordo. “Mi ha formato sul campo e fuori. I miei genitori hanno permesso che lo facesse. Quando ero bambino andavo a casa sua e mi mostrava i filmati dei migliori tennisti dell'epoca. Dovevo capire perché giocavano un certo colpo in un certo momento, su una determinata superficie. Mi trattava come se fossi già maturo, per lei non era troppo presto per sviluppare questa mentalità. E poi mi ha insegnato l'importanza di rilassarmi, ascoltare musica classica, leggere poesie, cantare, respirare in modo corretto”. Tanti piccoli pezzi di un puzzle che hanno prodotto una persona speciale. E bisogna essere speciali per diventare il più grande tennista di sempre. “A volte sembra stanco della routine del tennis, ma poi scende in campo e si allena in modo incredibile – dice Ivanisevic – cura ogni minimo dettaglio, si muove come un gatto. È come un ninja, è ovunque. Troverà le motivazione per arrivare a 24-25 Slam. Chissà dov'è la fine”. Per adesso non si vede. Anzi.