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LA STORIA

Italia sì, Italia no: la margherita di Luciano Darderi

Il 18enne argentino gioca per l'Italia da diversi anni, ma non ha ancora scelto il Paese da rappresentare. Ammette che l'Italia gli ha dato un sostanzioso aiuto economico, e che una cittadinanza europea avvantaggia con gli sponsor, ma la definisce “scelta difficile”. Top-10 junior, attualmente è n.940 ATP.

Riccardo Bisti
4 febbraio 2021

Lo hanno preso come chiaro esempio di quello che una federazione – nella fattispecie, quella argentina – non dovrebbe fare. Hanno scritto che Luciano Darderi è argentino purosangue, però non ha ottenuto il sostegno necessario per evitare la fuga. E l'Italia, forte del maxi-fatturato della FIT, ha potuto mettere il tricolore accanto al suo nome. Eppure ha iniziato a giocare a Villa Gesell, cittadina di 23.000 abitanti nella provincia di Buenos Aires, presso il Club Harrods Gath & Chaves. Gli hanno messo la prima racchetta in mano a due anni, ma non riusciva neanche a tenerla in mano. Però il destino era scritto, con le prime lezioni quando ne aveva cinque. Oggi è un diciottenne rampante, reduce da una bella stagione junior, in cui ha artigliato un posto tra i top-10. La carriera tra i professionisti è iniziata bene, visto che ha superato la soglia dei primi mille in un tempo relativamente breve.

In settembre ha potuto giocare le qualificazioni degli Internazionali BNL d'Italia (uno dei tanti vantaggi nell'avere il nostro passaporto), misurandosi con un giocatore forte come Joao Sousa. A fine anno – come tradizione – l'ATP ha invitato alcuni junior a fare da sparring partner ai big durante il Masters. Quest'anno hanno scelto proprio Darderi, che ha potuto osservare da vicino quello che vorrebbe vivere da protagonista. Dice di avere un carattere forte, con la tendenza a innervosirsi sul campo. “Quando avevo 7 anni mi capitava di giocare contro dei cinquantenni e mi arrabbiamo se non riuscivo a vincere”. Quella dei Darderi è una dinastia di tennisti: il nonno (proveniente dall'Italia) giocava a tennis, papà Gino ha partecipato a tornei internazionali, il fratello minore Vito ha 12 anni ma ha già il percorso segnato: vorrebbe fare il professionista. Inevitabile, visto il titolo mondiale Under 10 e parecchi titoli italiani nelle categorie giovanili. Parlando con Tyc Sports, emittente argentina che detiene i diritti di molti tornei, Luciano Taddeo Darderi racconta cose che difficilmente gli sentiremo dire ai media italiani.

ASICS ROMA
"Non è che io volessi giocare per l'Italia: i viaggi iniziavano a essere costosi ed era difficile uscire dal Paese. Sono in possesso della doppia nazionalità grazie a mio nonno, così ho verificato se potessero darmi una mano"
Luciano Darderi
Un filmato dal titolo eloquente: "Luciano Darderi, il tennista argentino che rappresenta l'Italia"

“Quando avevo 10 anni ero tra i migliori della mia categoria in Argentina – racconta – c'era un torneo in Italia, che mio padre aveva rappresentato, in cui aveva vinto. Mi hanno chiamato per giocare una competizione e l'ho fatto per loro. Ma non è che io volessi giocare per l'Italia: i viaggi iniziavano a essere costosi ed era difficile uscire dal Paese. Sono in possesso della doppia nazionalità grazie a mio nonno, così ho verificato se potessero darmi una mano”. In altre parole, Darderi gioca per l'Italia perché la federtennis argentina non aveva le risorse necessarie per aiutarlo. “Pur facendo parte del gruppo dei migliori, non ero il numero 1-2 del Paese, quindi non avevo i viaggi pagati per Europa e Sudamerica. Non avevo aiuti. Da lì è emersa la federazione italiana, hanno creduto in me e mi hanno sostenuto nella mia carriera junior”. La scelta di giocare per l'Italia l'ha obbligato a trascorrere buona parte del suo tempo nel nostro Paese. Talvolta si allena a Roma, altre ancora al Centro FIT di Tirrenia. Da qualche tempo lui e il fratello si sono spostati ad Arezzo, presso il Centro Vertex, curato e gestito da Stefano Baraldo e Giovanni Giambrone.

La famiglia (padre e fratello) rimane il suo punto di riferimento. La permanenza in Argentina si limita a 1-2 mesi all'anno, periodo in cui visita la madre. Di recente ha trascorso 15 giorni con lei: un momento speciale perché erano rimasti lontani durante il primo lockdown: mamma in Argentina, figlio in Italia. “La mia fortuna è avere mio padre al mio fianco. Mi accompagna ovunque: non tutti i genitori mettono da parte la propria vita per dedicarsi a quella del figlio. Ci sono molti giocatori che raggiungono buoni livelli facendosi allenare dai genitori. A volte mi arrabbio un po', ma sono cose che sistemiamo tra noi. C'è grande fiducia, basta uno sguardo per intenderci”. Nonostante il lungo stop, il 2020 gli ha dato buone soddisfazioni. Ha spadroneggiato in Sudamerica, vincendo tre tornei di Grado 1. Utili per la classifica, ma anche perché hanno attirato qualche sponsor. I buoni risultati junior gli hanno permesso di mettere il naso tra i professionisti: a Cordenons ha battuto un ottimo giocatore come Hoang, poi al Foro Italico ha strappato un set a Joao Sousa. Qualche anno fa, un giovane Lorenzo Sonego fece il suo esordio a Roma perdendo in tre set proprio contro il portoghese. Chissà che non sia di buon auspicio.

Luciano Darderi con il padre e il fratello minore Vito, classe 2008, altra giovane promessa del tennis
Il padre di Luciano Darderi racconta di aver iniziato a giocare con il mitico Felipe Locicero, storico coach di Guillermo Vilas

“Quando metti il naso tra i professionisti senti che vogliono calpestarti, farti pagare dazio, tenerti sotto. Io avverto la pressione prima di scendere in campo, molto meno quando inizio giocare. Un anno fa certe partite le guardavo in TV, adesso le gioco: non è facile, ma è una grande motivazione”. Insomma, un ragazzo interessante, motivato e certamente con buone qualità. Non è la prima volta che l'Italia si aggiudica le prestazioni di un oriundo, come si diceva un tempo. Il primo è stato Martin Vassallo Arguello, italiano per qualche tempo all'alba del 21esimo secolo. Se Camila Giorgi ha sempre giocato per l'Italia, sono altrettanto noti i casi di Daniel Lopez (paraguaiano) e degli altri argentini Francisco Bahamonde e Andres Gabriel Ciurletti. Nessuno di loro è emerso, anzi, i primi due hanno chiuso abbastanza rapidamente l'attività internazionale, mentre Ciurletti oggi è n.1599 ATP. Nel caso di Darderi, tuttavia, non è detto che l'Italia sia la sua scelta definitiva.

Lo dice chiaramente: “Sto valutando se continuare a giocare per l'Italia o per l'Argentina. È una scelta difficile, non ho ancora deciso – racconta – se sei europeo, gli sponsor sono più interessati. È la realtà. Se hai uno sponsor, poi però devi restituire il denaro. È un problema. Però, se fosse per questo, preferisco essere europeo che argentino”. Dice per due volte europeo e non italiano, come a dire che – nonostante la plata italiana – non è stato pienamente conquistato dal nostro Paese. Ci può stare. Attualmente la sua routine è ancora da offseason: sveglia alle 7, doppia sessione di tennis e altrettanto di preparazione atletica, per poi chiudere con massaggi e fisioterapia. Va così dal lunedì al sabato, quindi non c'è molto tempo per gli hobby. Ascolta Bob Marley, guarda le serie TV su Netflix ed è un patito della spiaggia. Normale, per chi viene da una cittadina affacciata sull'Oceano Atlantico. Per il resto pochi amici, poche relazioni e tanti sogni legati al tennis. “Sono un ragazzo che gioca a tennis, non ha una vita propria e vive per il suo sport. Sono uno che cerca di arrivare in cima”. Con quale bandiera, beh, non è ancora dato saperlo.