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IL PERSONAGGIO

Il folle sogno del Demone che non riposa mai

In Australia sognano che Alex Di Minaur possa interrompere l'eterno digiuno nello Slam di casa: lui ha rinunciato alle vacanze e prova a togliersi di dosso l'etichetta di Speedy Gonzales. “In allenamento gioco spesso da top-10”. Non ce la farà, ma la sua tenacia è ammirevole.

Riccardo Bisti
2 gennaio 2024

È difficile prendere sul serio quanto scrive la stampa australiana, ma la fame di gloria è troppo grande per non concedersi qualche fantasia. In fondo sono trascorsi 48 anni dall'ultima volta che un giocatore di casa ha vinto l'Australian Open. Inaccettabile, per loro. E allora è bastata una bella vittoria di Alex De Minaur contro Taylor Fritz per riaccendere le speranze, i dibattiti, le ambizioni. E rispolverare la frase pronunciata dal primo maestro di Alex quando lo vide giocare per la prima volta, a cinque anni. “Questo bambino è il futuro vincitore dell'Australian Open”. Da allora sono passati vent'anni e ci vorrà un miracolo, perché De Minaur non è un bluff – tutt'altro – ma davanti a lui c'è una pattuglia di giocatori più forti. Affinchè accada il miracolo, ci vorrebbe un allineamento di pianeti degno di un “6” al Superenalotto. Il suo successo su Fritz ha riscattato la sconfitta all'esordio contro Cameron Norrie e ha giustificato lo snocciolamento di cifre: nel 2023 ha battuto cinque top-10, quella contro l'americano è stata la quattordicesima vittoria contro un giocatore di quel livello. E poi ha vinto il suo settimo titolo ad Acapulco, oltre a raggiungere la sua prima finale Masters 1000.

Ma qui casca l'asino: l'ha persa nettamente contro Jannik Sinner, lo stesso avversario che gli ha lasciato le briciole in finale di Davis. Ci si domanda come possa avere chance contro avversari tanto più forti di lui. E non è una colpa, anzi, il Piccolo Demone si sta ingegnando per raggiungere il 100% del suo potenziale, magari anche qualcosa di più. “Quando mi vedete giocare, l'unica cosa che salta all'occhio è la mia velocità – dice – a volte mi ci affido troppo e non utilizzo altre aree del mio gioco: so che può essere pericoloso. Ma so di poter usare la mia rapidità per andare a rete, essere più aggressivo, togliere il tempo al mio avversario. Ho un sacco di armi che dimentico di usare e non tiro fuori. Per fare un salto qualità, devo utilizzarle”. Discorso che sembra uscire da un libro di miglioramento personale. Self Confidence allo stato puro. In realtà, Demon non ne ha bisogno perché al suo angolo c'è quel Lleyton Hewitt che in lui vede una sorta di erede. La tigna, lo stile di gioco (in particolare il rovescio), la necessità di dare il 110% per battere i super-uomini.

«Credo di avere il gioco, il livello e la fisicità per essere un protagonista negli Slam, ma adesso è giunto il momento di dimostrarlo» 
Alex De Minaur

Ma c'è un problema: Hewitt ha avuto la fortuna di pescare un periodo di transizione, in cui ha fatto in tempo a vincere due Slam e diventare numero 1 prima di venire risucchiato dal dominio di Federer. Da parte sua, De Minaur non ha avuto questa fortuna. Travolto dai Big Three, ha perso diciotto partite di fila contro i top-10 prima di battere Daniil Medvedev a Bercy, nel 2022. Da allora, il bilancio è un più onorevole 4-8. Lui è convinto di avere nel braccio, oltre che nella testa, il livello necessario per fare il salto di qualità. “Se riesco a fare certe cose in partita, non c'è motivo per cui non possa fare un bel percorso all'Australian Open. Anche se al meglio dei cinque set è un altro sport”. A Melbourne giocherà il suo 26esimo Slam: per adesso è arrivato soltanto sei volte alla seconda settimana, con un solo piazzamento nei quarti (Us Open 2020). Un po' poco per pensare di imitare Mark Edmonson, che nel 1976 vinse uno dei tornei più folli dell'Era Open, da numero 212 del mondo. “Spesso in allenamento riesco a esprimere il livello che avete visto contro Fritz – racconta – in partita mi capita meno, ma so di potercela fare. I top-10 lo fanno, questo è il loro segreto. So di essere molto vicino, ma devo farlo più spesso”.

Quando si avvicina un grande torneo, nessuno lo inserisce tra potenziali favoriti, sebbene i risultati siano migliori rispetto alla percezione che in tanti hanno di lui. Il motivo è fin troppo facile: non solo deve scontrarsi con alcuni mostri sacri, ma poi è leggero, leggero da morire. Nel tennis di oggi ci vuole l'artiglieria pesante. Ma non ditelo ad Alex, perché la parola rassegnazione non fa parte del suo vocabolario. Dopo la sconfitta contro Sinner a Malaga, si è concesso appena tre giorni di riposo. Sì, tre. Poi è ripartito a testa bassa, a Monte-Carlo, con buona pace della fidanzata Katie Boulter. “Devo guardarmi allo specchio e migliorare quelle piccole cose che potranno fare una grande differenza” ha detto – da remoto – durante la celebrazione della Newcombe Medal, il prestigioso oscar assegnato al miglior tennista australiano dell'anno. “Ho la fortuna di avere un grande team con cui posso analizzare queste cose e provare a lavorare per colmare il divario con chi mi sta davanti. Siamo tutti affamati e per nulla soddisfatti della posizione in cui mi trovo. Obiettivi? Vogliamo i top-10, giocare la seconda settimana degli Slam e arrivare il più lontano possibile. Credo di avere il gioco, il livello e la fisicità per essere un protagonista negli Slam, ma adesso è giunto il momento di dimostrarlo”.

La stampa australiana ha riversato tante attenzioni su Alex De Minaur sin da quando era giovanissimo

Questo punto contro Taylor Fritz è un po' la cartolina del gioco di Alex De Minaur

Durante la preparazione ha lavorato duramente sulla forza fisica, suo storico tallone d'achille. In effetti qualche cambiamento si nota, anche a occhio nudo. Da lì può svilupparsi un tennis più aggressivo, non più proiettato alla difesa a oltranza, ai recuperi miracolosi e a quei punti buoni per gli highlights, ma poco utili sul lungo periodo. “Siamo arrivati a un punto in cui sembra che tutti colpiscano sempre più forte, quindi bisogna adattarsi e e affrontare la situazione. So che devo farlo per passare al livello successivo”. Il test principe arriverà tra poche ore, quando sfiderà di nuovo Djokovic, nei quarti di United Cup. Una sfida proibitiva, quasi quanto quella contro Sinner. “Siamo onesti, probabilmente è il più forte di sempre. Sarà una sfida dura, ma non vedo l'ora”. Ancora più dura perché il serbo gliel'ha giurata dopo i dissapori a distanza del 2022: diciamo che De Minaur non fu tra i più solidali quando Djokovic fu espulso dell'Australia. Nole se la legò al dito e negli ottavi dell'ultimo Australian Open gli ha rifilato un perfido 6-2 6-1 6-2.

A parte i risvolti psicologici, sono partite come questa ad alimentare i dubbi. È normale che gli australiani vogliano un po' di gloria nel torneo di casa. Va bene Ashleigh Barty (vincitrice nel singolare femminile dopo 44 anni di digiuno), vanno bene i successi in doppio... ma il singolare maschile è un'altra cosa. Dopo la favola di Edmonson non ce l'hanno mai fatta. Nè Cash, né Rafter, né Philippoussis, né Hewitt. Adesso si affidano a questo ragazzo di umili origini, che gioca per l'Australia un po' per caso: il padre è uruguaiano, la madre è spagnola e ha vissuto ad Alicante tra i 5 e i 13 anni. La federtennis spagnola non trovò alcun contributo e i genitori – titolari di un autolavaggio – non poterono che accogliere a braccia aperte il sostegno di Tennis Australia, unico modo per tenere vivo il sogno di farlo giocare a tennis. Lui non ha tradito e si è infilato nella lista, non così nutrita, di giocatori capaci di tirare fuori il 100% del suo potenziale. Comunque finirà, Alex De Minaur potrà essere fiero di sé. Dovrà pensarci intensamente, perché – secondo noi – non sarà lui il prossimo australiano a vincere uno Slam. Dovesse farcela, saremo ben contenti di recitare il mea culpa. Perché sarebbe davvero una gran bella storia.