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WESTERN & SOUTHERN OPEN

Il bombardiere che ama le opere d'arte

L'avventura di Matteo Berrettini al Western & Southern Open termina sotto la pioggia di ace di Reilly Opelka. A dispetto del suo tennis e del suo aspetto, l'americano ha una mente piuttosto raffinata: è appassionato di moda, cucina e soprattutto arte. Secondo Patrick McEnroe ha il potenziale per vincere un torneo importante.

Riccardo Bisti
26 agosto 2020

È difficile parlare di Reilly Opelka senza menzionare la sua altezza. Dall'alto dei suoi 211 centimetri, l'americano è considerato il nuovo Isner, una sorta di evoluzione (o involuzione...) della specie dei bombardieri. Di certo gli è servita contro Matteo Berrettini, uno che non è abituato a guardare il prossimo dal basso verso l'alto. Il ragazzo del Michigan ha impiegato appena 76 minuti per firmare un 6-3 7-6 che rimanda il tennis italiano allo Us Open. Lo ha fatto sfruttando alla perfezione i suoi quasi 7 piedi di altezza, con 19 ace è una terrificante percentuale del 94% con la prima palla. Anche il punto simbolo della partita è arrivato grazie all'altezza: sul 2-2 del tie-break ha azzeccato un casuale pallonetto in corsa su una buona volèe di Berrettini. Fosse stato alto 5-6 centimetri in meno, non ci sarebbe mai arrivato. Invece è uscito un colpo imprendibile che gli ha aperto la strada per il suo primo quarto di finale in un Masters 1000.

Parliamoci chiaro: vederlo giocare è piuttosto noioso. Bim, bum, bam, servizi bomba e palla seviziata a suon di schiaffoni. Anche il suo aspetto non aiuta, con una barba incolta che trasuda ineleganza. “Sono sollevato, dopo quello che è successo negli ultimi mesi era difficile capire quanto avrei potuto rendere – ha detto – però ho lavorato duramente e ho sfruttato la pausa per allenarmi molto. Non mi sono concesso molto tempo libero. Non sono sorpreso dei miei risultati, però non sapevo bene cosa aspettarmi”. Il suo bilancio stagionale, per ora, parla di 10 vittorie e 3 sconfitte. One to Watch, direbbero gli anglofoni. Eppure – udite udite – Reilly Opelka è ben altro. Addentrandosi nel suo personaggio si finisce col sorprendersi. Quanti tennisti sono appassionati d'arte? Pochissimi. Lui sì, al punto da convincere alcuni colleghi a fare un giro nelle gallerie di tutto il mondo. In realtà è una passione abbastanza recente.

"Mi sembra che pensi un po' troppo, ma d'altra parte è fatto così. Ha altri interessi e ha avuto bisogno di più tempo per raggiungere il suo potenziale. Tuttavia, ritengo che abbia le qualità per vincere grandi tornei" Patrick McEnroe
Reilly Opelka racconta la sua passione per le opere d'arte

Da ragazzino collezionava le figurine dei campioni NBA. Chissà in quanti gli hanno chiesto come mai ha scelto il tennis e non la pallacanestro. Poi i suoi gusti si sono evoluti, fino a quando ha fatto il suo primo acquisto impegnativo, un'opera di Thrush Holmes in cui si vede un neon davanti a un dipinto. “Il neon è fantastico, cambia l'intero clima della stanza – racconta Opelka – quando mi vengono a trovare, è una delle prima cose che notano. Da lì è nata la passione: una cosa tira l'altra e ho finito per avere 7-8 pezzi fantastici”. L'americano ha svelato la sua passione per l'arte in un filmato prodotto da THE OFFICE, intitolato The Art of Collecting. Le telecamere hanno curiosato per la sua abitazione di Delray Beach, scoprendo la sua collezione di opere d'arte. Ne parla con sincera passione, spiega nel dettaglio il perché ha scelto determinati pezzi.

La sua passione ricorda vagamente quella di John McEnroe: cresciuto come ragazzo di strada, per nulla interessato all'arte, fu avvicinato a questo mondo dal compianto Vitas Gerulaitis. Ne è nata una vera e propria passione, al punto che ha aperto una galleria d'arte a New York. Nella sua autobiografia, McEnroe ha scritto: “Quando Gerulaitis mi portò a Soho per dare un'occhiata ad alcune gallerie d'arte, ho pensato che fosse una cosa normale. Qual è la prima cosa che fai quando guadagni dei soldi? Compri casa, una bella macchina, uno stereo e poi qualche bel quadro da appendere ai muri”. Quarant'anni dopo, si può ipotizzare che Opelka faccia lo stesso con i suoi colleghi. Per esempio, durante lo stop per il COVID-19, ha trascorso parecchio tempo insieme a Tommy Paul. “Lui va matto per Kunath. Lo guarda e dice che è una cosa folle”.

Opelka mostra alcuni dei suoi quadri nella sua abitazione di Delray Beach
Impariamo a servire come Reilly Opelka

L'arte, tuttavia, non è l'unica passione di Opelka. Quando gira il mondo per tornei cerca i migliori ristoranti e i negozi di moda. Lo scorso febbraio, durante il torneo ATP di New York, si è concesso una visita alla settimana della moda dopo aver giocato la semifinale. A Tokyo si è divertito a girare per i negozi di abbigliamento, anche se non c'era nulla che gli potesse andar bene, vista l'altezza media dei giapponesi. “Mi sono limitato a guardare”. Insomma, non è un volgare colpitore o un semplice tennista: è molto di più e ha affascinato tutto quelli che lo conoscono. Per esempio, Patrick McEnroe. “Ho sempre saputo che ha una buona testa, inoltre vede le cose con la giusta prospettiva, visto che non è esclusivamente focalizzato sul tennis”. Ma attenzione: rimane pur sempre il suo lavoro, e a quasi 23 anni (li compirà dopodomani, nel giorno della finale) sembra maturo per un importante salto di qualità. Lo scorso anno ha superato il muro dei 1.000 ace in stagione, piazzandosi secondo alle spalle dell'irraggiungibile Isner.

È salito al numero 31 ATP (oggi è 39) e ha vinto un paio di titoli: New York 2019 e Delray Beach 2020, giusto poche settimane prima dello stop. Da grande appassionato della Grande Mela, non c'è da stupirsi che il suo primo buon risultato in un Masters 1000 sia arrivato proprio a New York, laddove si sta occasionalmente giocando il Western & Southern Open. “Probabilmente è il migliore americano del momento – aveva detto McEnroe jr. alla vigilia del torneo – non mi sembra che il suo servizio sia già al livello di Isner. È già ottimo, ma quello di John ha più varietà. Inoltre Reilly è fin troppo intelligente”. Intende dire che avere troppe opzioni, a volte, può essere uno svantaggio. “A volte gli ho sentito dire che avrebbe dovuto dedicarsi al basket. Mi sembra che pensi un po' troppo, ma d'altra parte è fatto così. Ha altri interessi e ha avuto bisogno di più tempo per raggiungere il suo potenziale. Ma credo che questo abbia a che fare anche con il suo fisico. Tuttavia, ritengo che abbia il potenziale per vincere grandi tornei anche grazie al suo cervello e alla sua potenzialità”. L'avventura avrebbe potuto proseguire proprio contro Isner, ma il suo connazionale si è arreso in due tie-break a Stefanos Tsitsipas: per Opelka, dunque, ci sarà un affascinante esame di greco.