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IL PERSONAGGIO

Glückskinder Struff

Al 218esimo tentativo, Jan-Lennard Struff vince il suo primo titolo ATP. La fredda settimana di Monaco di Baviera gli ha anche regalato il passaggio del Borussia Dortmund in semifinale di Champions League. È il premio alla tenacia di un ex bambino che si svegliava di notte per vedere l'Australian Open... e arrivava in ritardo a scuola. 

Riccardo Bisti
22 aprile 2024

Ha dovuto aspettare undici anni meno un giorno. Ma l'attesa, si sa, rende più dolce ogni traguardo. Era il 22 aprile 2013 quando Jan-Lennard Struff giocava la sua prima partita nel tabellone principale di un torneo ATP. Si era qualificato a Barcellona, ma perse in tre set contro Guillermo Olaso, mestierante spagnolo poi finito nel vortice dei match truccati. Non crediamo ci abbia pensato dopo l'ultimo punto al torneo di Monaco di Baviera, primo titolo nel circuito maggiore a 33 anni e 361 giorni, perché la gioia – e forse un po' di commozione – deve aver rimandato a tempi antichi, ai magici anni '90 del tennis tedesco. C'erano Boris Becker, Michael Stich, Steffi Graf, e le ATP Finals si giocavano proprio in Germania. Sei edizioni a Francoforte, quattro ad Hannover, a meno di 200 km da casa Struff, a Warstein. E così papà Dieter e mamma Martina (entrambi maestri di tennis) lo portavano all'EXPO per seguire dal vivo il suo primo idolo, ancora oggi il punto di riferimento: Pete Sampras. Paragonare un multi-campione Slam a uno che ha vinto il suo primo titolo ATP a quasi 34 anni rasenta la blasfemia concettuale, ma nel gioco di Struff c'è qualcosa di Sampras. Chiede tantissimo al servizio e si butta a rete appena può, indipendentemente dalla superficie. Sono pochi, pochissimi, i tennisti che nel 2024 giocano in questo modo.

Non è difficile credere che Struffi abbia tratto ispirazione di Pistol Pete, anche se crescendo si era affezionato a Tommy Haas. E forse, dopo il 7-5 6-3 rifilato a Taylor Fritz sul centrale gremito (e gelato) del MTTC Iphitos di Monaco di Baviera, avrà pensato alle nottate passate davanti alla TV, guardando l'Australian Open e facendo il tifo per Haas. “Mi svegliavo alle 5, facevamo una rapida colazione e io e mia madre ci sdraiavamo sul divano con una coperta e guardavamo il torneo fino alle 7.20. La scuola iniziava alle 7.40 e mi capitava di entrare in ritardo. Spesso la porta della palestra era chiusa, ma la donna delle pulizie mi sentiva bussare e mi apriva di nascosto. Sapevo che i miei compagni erano molto lenti a prepararsi, così sgattaiolavo e mi inserivo nel gruppo che effettuava il riscaldamento. Non sono nemmeno sicuro che i professori si accorgessero del mio ritardo”. Ritardo è un concetto ricorrente nella carriera del tedesco. Ha avuto bisogno di 218 tentativi per vincere il suo primo titolo ATP: soltanto Paolo Lorenzi (Kitzbuhel 2016) e Victor Estrella Burgos (Quito 2015) erano più anziani di lui quando hanno sollevato il loro primo trofeo. Ma se per loro era stato il coronamento della carriera, per lui era un diventato un mezzo incubo.

Il Re dei "vecchietti" è ancora Paolo Lorenzi

Ecco la classifica dei giocatori più anziani ad aver vinto il loro primo titolo ATP

Paolo Lorenzi, Kitzbuhel 2016 - 34 anni e 7 mesi
Victor Estrella Burgos, Quito 2015 - 34 anni e 6 mesi
Jan-Lennard Struff, Monaco di Baviera 2024 - 33 anni e 11 mesi
Wayne Arthurs, Scottsdale 2005, 33 anni e 11 mesi
Gilles Muller, Sydney 2017, 33 anni e 8 mesi

La sconfitta contro Tiafoe a Stoccarda non gli era andata giù. E anche contro Carlos Alcaraz, dodici mesi fa nel mega-torneo di Madrid, aveva avuto le sue chance. La carriera di Struff sembrava essere giunta a scadenza un paio d'anni fa, quando un infortunio al piede l'ha bloccato per qualche mese e lo ha obbligato a ripartire dal purgatorio dei Challenger. “E sono rimasto sorpreso dal livello che ho trovato, molto più alto rispetto ad anni fa” ebbe a dire durante la settimana di Bergamo, in cui avrebbe perso in finale. Aveva 32 anni suonati e nulla faceva pensare che avrebbe conquistato il best ranking ATP qualche mese dopo (n.21, oggi è risalito in 24esima posizione) e vinto, finalmente, un torneo del circuito. Anni fa gliel'avevano chiesto. “Diciamo che se dovessi scegliere direi Wimbledon – rispose – però sarebbe fantastico riuscirci in Germania”. Aveva indicato Halle, ma crediamo che Monaco di Baviera vada ugualmente bene. E pazienza se tra il pubblico non c'era nessun giocatore del suo amato Borussia Dortmund, bensì il fuoriclasse del Bayern Monaco Thomas Moller.

Il Borussia è la sua più grande passione, l'unico aspetto della sua vita privata di cui parla volentieri. “Oggi giocano, devo controllare il risultato!” ha detto dopo il trionfo bavarese. I gialloneri avrebbero pareggiato contro i neocampioni del Bayer Leverkusen, ma crediamo che per Struff sia stata ugualmente una settimana magica, visto il passaggio in semifinale di Champions League mentre lui gelava a Monaco di Baviera, in una settimana condizionata dalle interruzioni per pioggia e da un freddo maledetto. Tra sabato e domenica ha giocato cinque partite, doppio compreso, accompagnato da scaldamuscoli sotto i pantaloncini. Ma per lui non è un problema: nostalgico dei 15-13 al quinto set (parole sue), lo scorso anno è diventato il primo giocatore nella storia dell'ATP a giocare sei partite di tre set nello stesso torneo. “Quando l'ho letto sono rimasto sorpreso, anche perché non ero per nulla stanco”. Infatti ha gestito alla perfezione il weekend bavarese, in quello che gli organizzatori – con apprezzabile autoironia – hanno definito il torneo su terra battuta più duro di tutti. In effetti, la riorganizzazione del calendario ha progressivamente anticipato un torneo che fino a qualche anno fa si giocava a inizio maggio.

Oltre a un montepremi di oltre 88.000 euro, Jan-Lennard Struff porta a casa anche una BMW interamente elettrica, messa a disposizione dal title sponsor del torneo. Valore commerciale: circa 100.00 euro

“Questa vittoria è molto importante sul piano emotivo, ho battuto ottimo giocatori e l'ho dovuta attendere a lungo. È il mio 14esimo anno e l'ho ottenuta in condizioni difficili, dunque è ancora più preziosa” ha detto dopo il 7-5 6-3 a Fritz, accolto con la sobrietà che lo contraddistingue. Ha allargato le braccia, sorriso verso il suo clan (laddove c'erano la moglie Madeleine, con cui convive a Witten, oltre al fisioterapista Uwe Liedkte, suo amico fraterno) e poco altro. A inizio settimana, qualche vecchio saggio sosteneva che Struff avesse un solo problema: è troppo buono. Nella vita di tutti i giorni è un pregio, nel tennis significa assenza di killer-istinct. Ma non sapevano che Struff ci lavora da anni. “In effetti a inizio carriera ero un po' troppo timido, adesso ho cambiato il mio linguaggio del corpo, ogni tanto bisogna mostrare il pugno”. Vero. Confrontate lo Struff di dieci anni fa con quello di oggi e noterete un body language diverso, sviluppato grazie a una lettura rivelatrice, Glückskinder di Hermann Scherer, un libro in cui si spiega come i risultati non debbano essere attesi, ma vadano cercati e conquistati. È la mentalità che Struff mette in ogni singolo punto, pur senza rinunciare ai suoi piccoli tic. Per esempio, giocare con il cappellino all'indietro. “Non potrei farne a meno, per un periodo ho provato a giocare con la fascia, ma non è la stessa cosa”.

Un feticcio risalente ai tempi di Tommy Haas, che lo usava spesso. Struff era affascinato da quel berretto Nike che non aveva il buco sulla parte posteriore, peculiarità piuttosto rara. “Ne volevo uno a tutti i costi, ma non lo trovavo e all'epoca non c'erano i negozi online”. Ma è ancora più curiosa l'abitudine di roteare continuamente la racchetta, anche durante lo scambio. Fateci caso, è impressionante. “Mio padre lo faceva di tanto in tanto, ma non in modo così estremo” risponde a chi glielo ricorda. Però gli hanno fatto notare che non lo fa mai dopo il servizio. “Forse non ho tempo, ma grazie per avermelo detto: dovrò parlarne con il mio coach”. E via una sottile risata, una delle rare occasioni in cui Mr. Serietà si concede di scherzare. Un modo di essere che gli permette di vivere il momento più bello della sua carriera a 34 anni. Li festeggerà giovedì, con il regalo più bello: i 250 punti intascati a Monaco di Baviera gli permetteranno di affrontare con una serenità diversa la maxi-cambiale in scadenza a Madrid. Dovesse perdere all'esordio, manterrebbe comunque un posto tra i top-50 e non avrà quasi più nulla da difendere da qui a fine anno, poiché nel 2023 ha saltato tre mesi per un problema all'anca che gli ha impedito di giocare Wimbledon e Us Open. E poi, insomma, a 34 anni non è mai stato così forte. Un posticino tra top-20, chissà, potrebbe anche arrivare. Perché la pazienza è la virtù dei forti.