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ROLAND GARROS

Zverev e il club degli Zero Tituli

Nella storia del tennis ci sono campioni che hanno lasciato un segno indelebile: per il bel gioco, per la tigna che mettevano in campo, per gli exploit che hanno compiuto. Eppure non sono mai riusciti ad imporsi in uno Slam. Ecco gli otto più forti a non aver mai vinto un Major, club da cui Sascha Zverev vuole fortemente smarcarsi. 

Stefano Maffei
3 giugno 2022

Impegnato in semifinale a Parigi contro Rafael Nadal, Alexander Zverev si presenta come il volto nuovo del rinomato club degli “Zeru Tituli”, nel quale non vorrebbe - e non dovrebbe - permanere a lungo, ma nel quale rischia seriamente di rimanere invischiato. Se da un lato l’età media di un tennista si è considerevolmente allungata (e lui ne ha appena 25) dall’altra è in corso una necrosi da Slam che sembra irreversibile per il tedesco. Il tedesco è capace di tutto, come vincere svariati Masters 1000 e due edizioni delle ATP Finals battendo sempre i migliori, e allo stesso tempo non essere in grado di battere alcun top ten in undici tentativi durante i tornei degli Slam (emorragia interrotta a Parigi, laddove ha superato Alcaraz). Anche in questo torneo Zverev non ha convinto, eccetto nella partita col murciano, ha dovuto salvare match-point all’argentino Baez al secondo turno (rimontando anche uno svantaggio di due set), ha giocato male con Nakashima e ha sofferto molto più del previsto col generoso ma modesto Zapata Miralles. Ora è chiamato alla prova suprema ma il vento sembra soffiare dalla sua parte: innanzitutto le condizioni precarie di Nadal, poi il fatto di essersi finalmente sbloccato anche negli H2H coi top ten a livello Major, non ultimo il tabellone che gli servirebbe in finale su un piatto d’argento un outsider (Ruud) o Marin Cilic, ex vincitore Slam ma comunque nella parte finale della carriera. Potrebbe essere un’occasione irripetibile. In attesa di scoprire se Sasha Zverev riuscirà o meno a governare i suoi demoni, proponiamo la nostra personalissima Top Eight dei mancati Slam Winner basandoci su questi due fattori: reale possibilità tennistiche dell’atleta (cioè il valore assoluto del giocatore) e le reali possibilità di vittoria avute durante una finale. Non considereremo i “finalisti per caso” o coloro che secondo noi non potevano ottenere più di quel risultato in alcuna circostanza.

MARCELO RIOS
Inevitabile cominciare dall’ex N.1 più famoso della storia, in quanto unico tennista ad aver raggiunto la vetta (il 30 marzo 1998) senza esser mai riuscito a vincere uno Slam nonostante un talento smisurato che gli ha permesso di battere anche i migliori. Raggiunse la finale in Australia nel ’98 (sconfitto con un triplice 6-2) dal ceco Korda, e sempre in quell’anno si aggiudicò il Sunshine Double (accoppiata Indian Wells-Miami) battendo tra l’altro Agassi nella finale di Miami (risultato che replicò a fine anno, aggiudicandosi la Grand Slam Cup) e Roma. Tennista mancino, di statuta media (1,75) ma dotato di un servizio insidioso e una capacità naturale nello stanare l’avversario dalla sua comfort zone. Se avesse asservito il suo talento con un’etica del lavoro migliore, avesse avuto maggior rispetto per gli altri e per la disciplina avrebbe sicuramente vinto non uno, ma numerosi Slam. Giocò il suo ultimo match al Roland Garros nel 2003. Aveva appena 27 anni.

DAVID NALBANDIAN
Soprannominato El Gordo per una silhouette che mal si sposava all’atletismo, è stato uno dei tennisti più forti della sua generazione. Quando era in giornata, era in grado di battere chiunque (leggasi: anche i Big Three). Ha raggiunto la finale a Wimbledon nel 2002 (sconfitto da Lleyton Hewitt) e almeno la semifinale in ognuno dei quattro Slam a certificarne anche una certa universalità. Nel 2005 ha vinto il Masters battendo Federer in finale 7-6 al quinto al termine di una partita folle: si trovò in svantaggio di due set, poi in vantaggio 4-0 al quinto, ed infine sempre nel parziale conclusivo sotto 5-6 0-30 con Federer che serviva per il match prima di recuperare nuovamente, e chiudere 7-3 al tie-break. Quella partita è il perfetto specchio della sua carriera, una vita tennistica nella quale l’ispirazione lo coglieva a sprazzi. Nel 2007 è stato in grado di vincere back-to-back a Madrid e Parigi Bercy (unici due Masters 1000 conquistati) battendo nel primo Nadal, Djokovic e Federer in rigoroso ordine (il primo ed unico a riuscirci nello stesso torneo) e nel secondo replicando i successi su Federer e Nadal (sempre in rigoroso ordine). Quando voglia e ispirazione sedevano alla stessa tavola era assolutamente un giocatore fuori quota. L’ex N.3 del ranking si è ritirato il 1° ottobre del 2013.

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    Marcelo Rios è stato l'unico giocatore a diventare numero 1 del mondo senza vincere un torneo del Grande Slam

PLAY IT BOX

David Nalbandian è stato l'unico in grado di battere i Beg Three nello stesso torneo

DAVID FERRER
Si tratta di un giocatore che ha tratto il massimo dal suo potenziale. L’Oriali o lo Stefano Baldini del tennis, una macchina sparapalle continua, efficiente ed inesauribile. Ha vinto più di 700 partite in carriera e vinto 27 tornei. Nel 2012 ha vinto il suo unico Masters 1000 a Parigi-Bercy e l’anno successivo ha centrato la sua unica finale Slam al Roland Garros. Considerato per molti anni il primo degli umani, Ferrer è l’esempio classico di un uomo catapultato nel pianeta giusto (il tennis) ma nell’era sbagliata, un po' come Charlton Heston ne Il Pianeta delle Scimmie. Il suo unico limite è stato rappresentato dai Big Four (si, all’epoca c’era anche il miglior Murray a presenziare alla Grande Tavola), ciò nonostante, almeno sulla terra battuta avrebbe potuto dir la sua e ottenere molto di più (come testimoniano la finale Slam sopra citata, le finali di Roma 2010 e Montecarlo 2011 e le quattro finali di Barcellona) se non si fosse visto sbarrar la strada dal King of Clay all’apice del suo dominio. Da ricordare anche la finale al Masters del 2007 persa contro Federer, e quella a Miami nel 2013 persa con Murray (dopo aver mancato un match-point) a sottolinearne la grandezza e l’incredibile continuità e versatilità di risultati. Si è ritirato l’8 maggio del 2019 al termine di un match perso a Madrid contro Alexander Zverev, che peraltro ha allenato per un breve periodo dopo il ritiro. Se il tedesco vincerà uno Slam, sarà anche un po' merito suo.

NIKOLAY DAVYDENKO
Anche il russo è stato N.3 delle classifiche ATP (il 6 novembre del 2006). Il suo gioco si basava su un anticipo esasperato dei colpi e su una rapidità dei movimenti che ricordava molto il Beep Beep di Jones e Maltese. Forse il primo vero giocatore a replicare un gioco simil-Agassi con buonissimi risultati. Non ha mai raggiunto una finale Slam ma il suo gioco era indigesto a molti, uno su tutti Nadal col quale ha mantenuto sino al ritiro (maturato il 16 ottobre del 2014) un vantaggio negli scontri diretti (avendolo affrontato in più di cinque occasioni, solo Djokovic può vantare tanto): non gli dava mai la possibilità di costruire gioco, lo soffocava anticipando in maniera esasperata i colpi impedendo alle sue traiettorie mancine di rimbalzare alte (questo gli ha permesso di far partita pari anche sulla terra del Foro Italico dove ha deposto le armi solo al termine di un match straordinario, durato 3 ore e 39 minuti). È anche l’unico ad aver vinto una finale con Nadal dopo aver subìto un 6-0. Tra i suoi allori ci sono 3 Masters 1000 e un Masters conquistato nel 2009 dopo aver battuto il solito Nadal nel girone eliminatorio, Federer in semifinale e Del Potro in finale. Proprio l’argentino dirà al termine di quella partita “Sembrava di giocare contro la Playstation”. Con un po' più di sicumera forse avrebbe potuto fare il grande colpo, come ci ricorda la partita gettata letteralmente alle ortiche contro Federer nei quarti dell’Australian Open del 2010 quando Nikolay era in vantaggio 6-2 2-0 15-40 servizio Federer prima di cadere vittima del senso di colpa per il lesa maiestatis che si stava compiendo.

ASICS

David Ferrer ha giocato una finale al Roland Garros 2013

L'incredibile finale del Roland Garros 2004 persa da Guillermo Coria

MILOSLAV MECIR
A Mecir, al secolo Gattone (per le movenze e quel passo felpato che lo faceva sembrare ovunque nel campo), è proprio il caso di dire che è mancata solo la zampata. Nato tennisticamente a cavallo tra l’epoca dei gesti bianchi e quella degli atleti a tutto tondo ispirata da Borg e ufficialmente inaugurata da Ivan Lendl, Gattone non era dotato di una gran forza, sfruttava piuttosto quella dell’avversario e questo faceva di lui un grande incontrista. Aveva una capacità innata nel far girare lo scambio, era inoltre un grande passatore e un discreto “volleatore” come ci ricorda la sua semifinale a Wimbledon nel 1988, dove peraltro arrestò la corsa di Mats Wilander al Grande Slam nei quarti di finale (lasciandogli solo 7 giochi). In semifinale buttò letteralmente via una partita vinta contro Stefan Edberg (che aveva già battuto sugli stessi prati due anni prima) dal quale si fece rimontare un vantaggio di due set e di 3-0 nel 5°. Raggiunse due finali Slam (agli Us Open nell’86 e in Australia nell’89, annientato in entrambe le circostanze da Lendl) e la semifinale in tutti i Major. Tra i suoi risultati migliori anche la vittoria alle WCT Finals e a Miami sempre nell’87 (dove si prese la rivincita nei confronti di Lendl) e la medaglia d’oro ai Giochi di Seul l’anno successivo. Il suo tennis unico e gentile salutò il grande Tennis nel luglio del 1990, quando seri problemi lombari lo costrinsero ad un prematuro ritiro a soli 26 anni.

STEFANOS TSITSIPAS
L’unico tennista della lista ancora in attività ma, come per Zverev, alcuni treni sono già passati e rispetto allo scorso anno stiamo assistendo ad un’evidente involuzione tecnica e di fiducia (oltre che di risultati). Il greco è ancora molto giovane (24 anni) e come detto sta ancora giocando (ragion per cui merita una sorta di asterisco in questa speciale classifica), ma rischia seriamente di rimpiangere alcune occasioni non colte. Nel 2021 in finale al Roland Garros ha ceduto al quinto dopo aver condotto per due set a zero su Djokovic. Ma la vera occasione forse l’ha avuta nel 2020, nell’edizione più “povera” e dimessa degli Us Open. Tsitsipas non sfrutta l’assenza di Federer, Nadal e Djokovic (quest’ultimo auto-sabotatosi durante il torneo con la famosa pallata alla giudice di linea colpito come un palo nel deserto) e si fa eliminare negli ottavi da Borna Coric al termine di una partita assurda dove ha dilapidato un vantaggio di due set a uno e 5-1 nel quarto (mancando ben 6 match-point di cui 3 consecutivi on-serve!). Era il torneo dell’occasione ed a coglierla alla fine è stato Dominic Thiem (in finale su Zverev) il quale, visto il retaggio lasciato da quella vittoria, col senno di poi può davvero considerarla benedetta. Poteva esserci lui al posto del greco e del tedesco in questa classifica.

GUILLERMO CORIA
Soprannominato El Mago, l’argentino, soprattutto sul mattone tritato era in grado di fare qualsiasi cosa. Era un grande regolarista, un ottimo colpitore dotato anche di una spiccata sensibilità (era straordinario nel giocare la palla corta) e due gambe supersoniche. Ottimo ribattitore, fece registrare tra il 2003 e il 2004 una striscia di 31 vittorie consecutive sulla terra raggiungendo la finale in sei dei sette Masters 1000 che si disputavano sulla superficie fino a Roma 2005 (epica partita persa con Nadal che segnò il de profundis tennistico del Mago). L’occasione della vita, peraltro giocata da super favorito (non solo della partita, ma del torneo), la ebbe all’Open di Francia del 2004 in finale col connazionale dal rovescio d’oro Gaston Gaudio, una delle partite più strane dell'Era Open. Gaudio aveva la fama di gran perdente e il suo palmares non lo aiutava a smentire tale nomea, mentre Coria era in quel periodo era praticamente ingiocabile sulla terra (accreditato della terza testa di serie, nel torneo fece registrare anche un 3-0 pesante nei quarti su un Moya tirato a lucido ma disarmato di fronte alla sagacia tattica e alla rapidità dell’argentino). Come da pronostico Coria comincia come aveva terminato l’ultimo set dell’ultimo precedente tra i due giocato l’anno prima ad Amburgo: 6-0. Anche nel secondo la musica non cambia e “Coriandolo” (cit. Clerici) si portò avanti 6-0 6-3. Nel terzo Coria ebbe la palla per andare a servire per il match ma al termine di uno scambio epico nel quale Gaudio, sballottato da una parte all’altra del campo, rincorse generosamente la pallina a più riprese (come forse mai in carriera) prima di chiudere il punto in maniera incredibile, successe qualcosa: iniziò ad irrigidirsi e fu attanagliato da improvvisi crampi di nervosismo e tensione che lo paralizzarono e lo fecero letteralmente giocare da fermo il resto del match. Gaudio vinse 6-4 il terzo e addirittura 6-1 il quarto ma, nonostante avesse un fantasma di fronte a sé, dovette annullare ben 2 match-point nel quinto prima di chiudere 8-6. “Una finale Slam persa con due match-point a favore non è semplice da digerire contro nessuno, figurarsi contro di me” furono le simpatiche dichiarazioni rilasciate da Gaudio in conferenza stampa, che lo palesarono come il primo dei sorpresi per ciò che era appena accaduto sullo Chatrier. Il Mago finì di estrarre conigli dal cilindro di fatto al termine di quel triennio d’oro (2003-2005) quando misteriosi problemi psicologici lo fecero involvere rapidamente. Terminò ufficialmente i suoi numeri di magia nel 2009.

ROBIN SODERLING
Giocatore silenzioso ed introspettivo, sarà ricordato per aver causato la prima - storica - sconfitta di Nadal a Parigi. Lo spilungone svedese lo detronizzò durante un uggioso pomeriggio di fine maggio durante il quale lo prese letteralmente a sportellate, ispirando un nuovo modo di giocare contro il maiorchino su quei campi (metodo che comunque nessun altro è riuscito a replicare). Il mondo del tennis e non solo tremò, pagine di inchiostro si sprecarono nel cercare similitudini con altre fragorose sorprese nella storia dello sport. Rino Tommasi rievocò un certo Douglas-Tyson (valevole per la cintura per la cintura di campione mondiale dei massimi) che si combatté a Tokyo nel 1990 e che terminò con Iron Mike K.O. per la prima volta in carriera, ma ammise che, dato il dominio incontrastato di Nadal sulla terra rossa, forse quella che si consumò nel teatro parigino era una sorpresa senza eguali. Quella che sembrava la vittoria del caso confermò invece l’ascesa di una nuova stella: Soderling si issò sino alla finale (sconfitto da Federer) che bissò l’anno successivo (sconfitto da Nadal che si prese l’attesa rivincita, ma sconfiggendo durante il torneo proprio Federer) nel quale vinse anche il suo unico Masters 1000 in quel di Bercy e raggiunse la quarta piazza del ranking. Soderling era in grado con le sue leve e la sua apertura alare di sprigionare colpi di inaudita potenza, quando in giornata poteva cancellarti dal campo e renderti inerme. Purtroppo la mononucleosi ce ne ha privato prematuramente e di fatto è scomparso dal tour nel 2011 (il tentativo di rientro più volte enunciato è sempre rimasto tale fino all’abbandono ufficiale nel 2015) a soli 26 anni.