The Club: Bola Padel Roma
STORIA + INTERVISTA

Welcome to the Darderi Family

I fratelli Luciano e Vito Darderi giocano per l'Italia, ma provengono dall'Argentina e papà Gino rivendica l'autonomia e l'indipendenza del progetto. L'avventura è partita da Villa Gesell, oggi ha il suo fulcro in Italia e c'è un futuro tutto da scrivere. Che finirà in un documentario.

Riccardo Bisti
13 luglio 2022

Papà Gino ci aveva chiesto di tenere la notizia riservata, visto che non c'era ancora nulla di definito. Ma poiché è stata resa nota in Argentina, non c'è più nulla da nascondere. Iniziamo l'affascinante viaggio nel mondo della famiglia Darderi con una curiosità: il regista pugliese Daniele Scorza sta realizzando un documentario sulla vita di una famiglia partita da Villa Gesell, in Argentina, con il sogno di realizzare qualcosa di grande nel tennis. I protagonisti sono tre: papà Gino (classe 1967), ex ottimo giocatore che negli anni '80 è stato tra i top-30 argentini, giocando e vincendo contro alcuni dei migliori dell'epoca (tra cui Daniel Orsanic, capitano della Davis vittoriosa); il primogenito Luciano (classe 2002), che oggi è a ridosso dei top-200 ATP e a New York farà il suo esordio nelle qualificazioni di uno Slam; il più piccolo Vito (classe 2008), che è tra i più forti al mondo della sua età. Il documentario non si limiterà alla vicenda agonistica, ma curioserà anche nella vita privata e nel rapporto tra padre e figli. In effetti, quella dei Darderi è una storia da film, a partire dalla costante ida y vuelta tra Argentina e Italia. In questo momento, accanto al nome dei due ragazzi c'è la bandiera italiana, ma non è dato sapere cosa succederà tra qualche anno.

Abbiamo incrociato il loro mondo durante l'ASPRIA Tennis Cup di Milano, torneo Challenger giocato nell'ultima settimana di giugno. Luciano è giunto nei quarti ed era accompagnato dal papà-coach e dal preparatore atletico, punte di uno staff che si sta formando piano piano, sia pure con qualche ristrettezza economica. L'idea era realizzare un'intervista (che trovate qui sotto) con Luciano, ma siamo stati travolti dall'entusiasmo di papà Gino, motore e cuore pulsante del progetto. Ed è lo stesso Luciano a ricordarlo, sottolineandone i sacrifici che non si limitano all'attività di coach, ma si estendono al ruolo di papà tuttofare: cuoco, incordatore e tutto quello che serve. Lo diciamo chiaramente: né Gino, né Luciano hanno messo in dubbio il loro futuro con i colori dell'Italia. Ma qualche affermazione, qualche sguardo e alcune frasi dette alla stampa argentina fanno pensare che il futuro tricolore non sia scolpito su pietra. I Darderi trascorrono molto tempo in Italia, ma nel nostro inverno tornano in Argentina, laddove lo scorso dicembre hanno trovato una bella sorpresa: il Club L'Equipe di Villa Gesell (25.000 abitanti in riva all'Atlantico, a 100 km da Mar del Plata) ha rimesso a nuovo un campo in cemento che era finito in disuso. Era stato lo stesso Gino a chiedere un intervento all'amministrazione locale, trovando grande disponibilità.

Luciano Darderi non ottiene wild card da due anni. Per questo, la sua progressione è stata rallentata dalla necessità di giocare le qualificazioni o cercare punti nei tornei ITF.
PLAY IT BOX

Da sinistra: il primogenito Luciano, papà Gino e il secondogenito Vito

E poi c'è un dato che è sotto gli occhi di tutti: sebbene sia tra i giovani più interessanti del panorama azzurro (che peraltro è molto florido: nella Race to Milan, valida per le Next Gen ATP Finals, ci sono undici italiani tra i primi trenta: Luciano Darderi è 24esimo), non ottiene wild card da due anni. Per questo, la sua progressione è stata rallentata dallla necessità di giocare le qualificazioni o cercare punti nei tornei ITF. Come è noto, buona parte delle wild card nei Challenger italiani sono gestite dalla Federazione Italiana Tennis. Darderi ne ha ottenute tre, nella seconda parte del 2020: a Cordenons e a Parma, nonché nelle qualificazioni degli Internazionali BNL d'Italia (laddove strappò un set a Joao Sousa). Da allora, neanche un invito. Partito dal numero 1.000 ATP nel dicembre 2020, oggi è in 215esima posizione e lo ha fatto solo con le proprie forze, senza aiuti. Non è dato sapere come mai non siano più arrivate wild card. Papà Gino non entra nello specifico, ma tiene a precisare di non aver mai chiesto nulla di particolare alla FIT.

Allo stesso tempo rivendica l'indipendenza e l'autonomia tecnica del progetto: fino a ora, i risultati gli stanno dando ragione. Da ragazzino, Luciano era tra i migliori argentini nella sua categoria d'età, ma le risorse della Asociacion Argentina de Tenis erano quelle che erano. E così il sostegno andava a chi gli stava davanti, almeno in quel momento. Segnatevi questi nomi: Roman Burruchaga, Santiago De La Fuente, Gabriel Mamanì. In questo contesto – approfittando delle chiare origini italiane della famiglia – la FIT si è inserita. Un articolo pubblicato in Argentina nel febbraio 2021 svela che gli italiani hanno dato una mano ai Darderi con biglietti aerei, strutture di allenamento e spese di viaggio. Nello stesso articolo c'era un virgolettato di papà Gino: “Per adesso rifiutiamo il contratto vincolante con la federazione italiana. Non ci lasciamo manipolare, non voglio comprometterli”. Il giornalista aggiungeva che Darderi Sr. aveva avuto una conversazione con l'ex n.11 ATP Franco Squillari, che oggi è il responsabile del settore giovanile della AAT.

ASICS

Vito Darderi con la maglia azzurra durante la recente Summer Cup

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Luciano Darderi (@luciano_darderi)

I Darderi sono una famiglia incredibilmente unita

Nella nostra chiacchierata informale sui dvanetti dell'ASPRIA Harbour Club, abbiamo detto a Gino che la sua scarsa fiducia nei contratti ricorda un po' quella di Sergio Giorgi, che per anni ha protetto la figlia Camila da proposte di vario genere. “Quando firmi una relazione di dipendenza con un rappresentante, ti mangiano il futuro” aveva detto Darderi Sr. in tempi non sospetti, nell'articolo già citato. Secondo Gino, i contratti sono spesso insidiosi perché contengono molte clausole che non sempre vanno a favore dell'atleta. “Per fortuna c'è la Lotto, rappresentata da una persona fantastica come Veso Matijas, inoltre abbiamo un ottimo rapporto anche con Dunlop” ci ha detto. Non ha ripetuto a noi quello che aveva sostenuto in Argentina: “Non siamo con l'una o con l'altra federazione, il tennis è uno sport individuale. Da un lato gli italiani vogliono che si rimanga sempre là, dall'altro sono amico del presidente AAT Agustin Calleri, che conosce il potenziale dei ragazzi. Non è una questione di bandiere, quello che mi piacerebbe di più è che i ragazzi giocassero per il loro Paese, ma la verità è che qui non ci sono aiuti economici”. Da allora è trascorso un anno e mezzo e non è dato sapere se e come le cose siano cambiate.

A noi ha detto: “Luciano e Vito giocano e continueranno a giocare per l'Italia...”. Non aggiunge altro: bocca cucita, ma i puntini di sospensione aleggiano nell'aria. A Milano non c'era il giovanissimo Vito, che pochi giorni fa ha dato un contributo decisivo al successo dell'Italia nella Summer Cup, il campionato europeo Under 14 a squadre. Il piccolo Darderi ha condiviso le sue emozioni su Instagram, disegnando con un cuore i colori della nostra bandiera. Secondo il padre, è lui ad avere qualcosa di speciale e un futuro luminoso. Secondo gli argentini, il 14enne Vito avrebbe firmato un contratto di sei anni con StarWing, la stessa società che gestisce Jannik Sinner. Insomma, la storia da film è appena agli inizi ma promette un futuro scintillante. In tutto questo, è quasi passata in secondo piano – ed è un peccato – la chiacchierata con Luciano (che ha insistito affinché l'intervista si realizzasse in italiano), la cui crescita negli ultimi mesi è davvero notevole. La sensazione è che il suo primo titolo Challenger sia imminente. E chissà che non arrivi già questa settimana a Iasi, in Romania.

Un'immagine delle riprese del documentario sulla Darderi Family

Come è nato il tuo legame con l'Italia?
Sono arrivato per la prima volta quando avevo 10 anni. Mio nonno è italiano, dunque ho sempre avuto il doppio passaporto. Ho giocato il mio primo torneo all'Aquila e questo mi ha permesso di giocare il mondiale a squadre in Croazia. In quel momento ho iniziato a giocare per l'Italia.

Non hai avuto sostegno dalla federazione argentina perché in quel momento le risorse andavano a chi ti stava davanti. Ricordi chi erano?
I più forti erano Roman Burruchaga, figlio dell'ex calciatore, Santiago De La Fuente e Gabriel Mamanì. Furono loro a vincere il Mondiale Under 14 in Repubblica Ceca.
(Oggi sono tutti nettamente dietro a Darderi: Burruchaga è n.335 ATP, De La Fuente 797 e Mamanì non ha classifica mondiale, anche se di lui si trova su Youtube un'antica battaglia con un 13enne Carlos Alcaraz, ndr).

La scelta di giocare per l'Italia è definitiva?
Sì, stiamo rappresentando l'Italia ormai da 10 anni. Sì, sto giocando per l'Italia.

Tuo padre si è formato con il mitico Felipe Locicero, primo maestro di Guillermo Vilas.
Papà ha grande esperienza nel tennis. Non ha potuto fare direttamente il professionista perché non aveva le risorse economiche necessarie, ma è stato un grande giocatore. A parte il tennis, è la persona più importante per me. Da lui ho imparato tante cose, stiamo facendo un percorso insieme sin da quando sono piccolo. Non mi pare che stia andando tanto male...

Quanto sei orgoglioso di essere arrivato fino a qui senza aiuti, solo con le tue forze?
Abbastanza. Ho giocato tanti tornei ITF, il che mi ha fatto perdere un po' di tempo. Il mio percorso è partito molto dal basso, i tornei Futures sono una delle zone più toste da cui uscire. Sono orgoglioso di averlo superato, ma sono convinto di avere il tennis per andare ancora più avanti.

Parli spesso delle difficoltà economiche per sostenere la vita da professionista. Come procede la ricerca di sponsor e sostenitori?
Ogni giocatore ha i suoi contratti, ma c'è sempre bisogno di un sostegno: la parte atletica e i viaggi sono molto costosi. Come ha detto mio padre, Lotto e Dunlop danno un grande aiuto. Tuttavia è importante trovare qualcuno che aiuti con le spese di viaggio: in questo modo puoi avere sempre il preparatore atletico e il fisioterapista. Ce l'ho da un paio di mesi e credo che il cambiamento sia evidente: ho giocato 6-7 partite al terzo set, ed è stato importante anche a Perugia, nel miglior torneo giocato nel 2022. Avere un team è molto importante, ma ci vogliono tanti soldi per sostenere il lavoro che c'è dietro. Il mio preparatore atletico fa parte del team di Martiniano Orazi, ex di Del Potro e che oggi viaggia con Schwartzman. Ho anche il fisioterapista e il dietologo.

Cosa ti piace di più dell'Italia?
Ogni settimana c'è un torneo. In Sudamerica i viaggi sono complicati, andare da un Paese all'altro è molto costoso. Qui le distanze sono molto più brevi e ci sono tantissimi tornei. Praticamente ogni settimana, noi italiani abbiamo la possibilità di giocare partite e raccogliere punti.

E il resto? La cultura, il cibo...
Il cibo è normale. Forse la carne è un po' meglio in Argentina, qui si mangia di più la pasta... Per il resto è tutto normale, mi trovo bene.

Domanda cattivella: preferiresti una carriera da top-30 con tuo fratello Vito campione Slam, o lo Slam lo vorresti tu?
Se lo Slam lo vinco io, Vito cosa dovrebbe fare?

Diciamo top-50.
(ride, ndr) Ok, dai, mi prendo lo Slam e Vito si fa la sua bella carriera.

Italia e Argentina sono due Paesi con un'immensa tradizione calcistica. Segui il calcio, ti piace?
Onestamente no, non mi è mai piaciuto troppo. Da ragazzino ci giocavo un po', ma non l'ho mai seguito. So che è strano. Mi appassiona soltanto quando ci sono i Mondiali.

Ad oggi hai giocato 115 partite da professionista: di queste, 86 sulla terra. C'è l'idea di giocare di più sul cemento?
Non conoscevo questa statistica. In realtà gioco meglio sul cemento: non a caso, il mio primo titolo l'ho vinto sul duro, in Tunisia. Era il quinto Future della mia carriera, ma il primo in assoluto sul cemento. E l'ho vinto. Sin da piccolo amo giocare sul duro, mi trovo bene e sono convinto che possa essere la mia superficie migliore, devo solo giocarci più partite possibili. A fine agosto c'è lo Us Open: il mio obiettivo non è soltanto entrare nelle qualificazioni, ma anche vincere qualche partita.

Parli spesso di sacrifici: qual è stato il più grande per inseguire il sogno di diventare professionista?
Lasciare la famiglia da piccolo e girare da solo. Nel tennis non hai alternative. Lasci la tua città, le tue amicizie... non è una scelta facile, perdi tutta la vita per il tennis e ti metti ogni cosa alle spalle. Non esco mai, nella vita c'è soltanto il tennis.

Sì, quella dei Darderi è proprio una storia da film. Anzi, da docu-film. Speriamo che ci sia il lieto fine. A prescindere dalla bandiera.