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ROMA

Un sogno chiamato Jannik Sinner

Per la prima volta dai gloriosi anni '70, un tennista italiano è tra i favoriti della vigilia per il successo agli Internazionali. Jannik Sinner vale molto di più dell'ottava testa di serie, è partito alla grande e il tabellone – tra urna benevola e prime eliminazioni eccellenti – sembra amico almeno fino alla semifinale. 

Riccardo Bisti (Foto di Felice Calabrò)
13 maggio 2023

Il numero non offre chissà quali simbologie, ma su un punto non ci sono dubbi: da troppo tempo, un tennista italiano non vince gli Internazionali BNL d'Italia. Era il 1976 quando Adriano Panatta trionfò nello stadio che oggi è intitolato a Nicola Pietrangeli, al termine di una finale di quattro set contro Guillermo Vilas. Una finale ricordata (anche) per le battute strappategli da Gianni Minà durante l'incontro, e per l'invasione di campo dei romani dopo l'ultimo punto. Altri tempi, altra società. Oggi Gianni Minà non c'è pù, e forse la suggestione è proprio questa: probabilmente non gli sarebbe piaciuto un tennis così robotico, ingessato, in cui i rapporti umani sono (necessariamente, per carità) filtrati da addetti alla comunicazione e cani da guardia. Un tennis in cui (giustamente, per carità) le invasioni di campo sono vietatissime e quei signori vestiti di nero non sono addobbi umani, bensì guardie del corpo. Un tennis in cui qualche giocatore assume addirittura dei bodyguard privati.

Ma la suggestione rimane: nella prima edizione senza Gianni Minà tra noi, un tennista italiano può sognare addirittura il successo finale. Non accadeva da una vita che uno dei nostri fosse tra i favoriti per la vittoria finale già alla vigilia. Eppure ci sono tutte le premesse affinché Jannik Sinner possa arrivare in fondo, come se i pianeti si fossero finalmente allineati, come suggerisce una foto circolata in queste ore, in cui sono messi a confronto il bambino del 2013 sugli spalti del Centrale e l'aspirante fenomeno del 2023 che, quegli spalti, li saluta. Come se sfortune decennali abbiano deciso di trasformarsi in congiunture favorevoli. Non tanto per il 6-1 6-4 rifilato a Thanasi Kokkinakis in un match giocato alle 11 del mattino, in un campo senza troppo pubblico per una dozzina di ragioni, ma perché Jannik è davvero forte. Intanto è arrivato a Roma freschissimo, peraltro senza la zavorra mentale di una partita persa.

È come se i pianeti si fossero finalmente allineati, come suggerisce una foto circolata in queste ore, in cui sono messi a confronto il bambino del 2013 sugli spalti del Centrale e l'aspirante fenomeno del 2023 che, quegli spalti, li saluta.

Jannik Sinner nel 2013 e nel 2023. Stesso luogo, mondi diversi

Ricordate? A Barcellona si è ritirato prima di affrontare Lorenzo Musetti nei quarti, poi ha lasciato perdere Madrid. Un po' perché non c'entra nulla con le condizioni di gioco romane (e parigine), un po' perché il 2022 gli ha insegnato a gestire il suo corpo. Adesso sa quando può spingere e quando deve fermarsi. Si è riposato, si è allenato per bene e quello di oggi è stato il suo primo match dopo 22 giorni. “Il primo turno non è mai facile, poi c'era un po' di vento” ha sibilato in conferenza stampa, consapevole che dovrà giocare meglio per arrivare in fondo. Ma il tabellone gli è amico, molto amico. Tornerà in campo domenica contro Alexander Shevchenko, un russo che si allena in Austria e ha nove mesi più di lui. Ha messo piede da poco tra i top-100 ATP ed è un lucky loser, ripescato dopo aver perso nelle qualificazioni. Proprio come Jan-Lennard Struff a Madrid, ma non c'è aria di bis. L'esultanza sfrenata dopo il successo contro Sebastian Baez lascia intendere quanto sia già felice di essere al terzo turno.

Per carità, giocherà al massimo, ma Sinner è un'altra cosa. Intanto negli ottavi è già certo di non trovare Khachanov, battuto a sorpresa da Gregoire Barrere. E allora l'avversario più probabile diventa Francisco Cerundolo, uno che non ha il tennis per fargli male. E che evoca un ricordo antipatico da cancellare (il ritiro a Miami 2022). Sarebbe favorito anche nei quarti, indipendentemente dall'avversario. La classifica suggerirebbe Casper Ruud, ma il norvegese sta vivendo una stagione complicatissima, come se stesse pagando le inenarrabili fatiche dell'anno scorso. L'altra testa di serie è già saltata, perché Tommy Paul (che pure avrebbe una buona adattabilità al rosso) è franato alla distanza contro Cristian Garin, che sta provando a vivere una seconda giovinezza con coach Andres Schneiter. Ma Sinner è pù forte di lui, come ha dimostrato lo scorso anno a Vienna. Gli altri candidati sono ottimi giocatori (Djere, Bublik), ma in questo momento nessuno è al livello di Jannik.

Il prossimo avversario di Sinner sarà il lucky loser Alexander Shevchenko (Foto Calabrò)

E allora è possibile sbilanciarsi: sarebbe il terzo italiano a raggiungere le semifnali negli ultimi 45 anni dopo Filippo Volandri nel 2007 (l'anno della vittoria su Roger Federer) e Lorenzo Sonego nel 2021. A quel punto – numeri alla mano – il suo avversario sarebbe uno tra Novak Djokovic e Holger Rune, ipotetici avversari in uno spettacolare quarto di finale. Qui la situazione si complica, almeno in termini di precedenti: Jannik è sotto 2-0 con entrambi, ma ha ampiamente dimostrato di poterli affrontare alla pari. È recente il match perso per un soffio contro Rune a Monte-Carlo, mentre molti ricordano i primi due set del quarto di finale a Wimbledon contro il serbo. L'incontro si giocherebbe tra una settimana, periodo nel quale si può trovare la forma ideale.

Ma Sinner si presenterebbe con le giuste ambizioni, i miglioramenti e la maturità necessarie per provare a vincere... e restituirci almeno una finale, la prima dopo 45 anni (1978, Borg b. Panatta). A quel punto, si potrebbero aprire ulteriori suggestioni. Stiamo sognando? Stiamo facendo il passo più lungo della gamba? Forse, ma mai come oggi c'è la sensazione che un tennista italiano possa fare grandi cose. Quel tennista si chiama Jannik Sinner. Se poi c'è un Fabio Fognini che ha ritrovato improvvisamente se stesso, vincendo due splendide partite (dopo Murray, ha superato un avversario non banale come Miomir Kecmanovic), le pressioni non sono nemmeno tutte sulle sue spalle. Ma Jannik è abituato anche a quelle. E le sa gestire da campione.