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ROLAND GARROS

Severo ma Giust(in)o

Fantastica impresa di Lorenzo Giustino: il napoletano trapiantato a Barcellona vince un match epico contro Corentin Moutet, prendendosi il suo giorno di gloria. Ma c'è da credere che sia un punto di partenza, perché coach Gianluca Carbone è convinto: “Sono sicuro che valga i top-50”. E pensare che anni fa aveva rischiato di rappresentare la Spagna....

Riccardo Bisti
29 settembre 2020

Quando aveva 12 anni, Lluis Bruguera pensò bene di chiedergli di giocare per la Spagna. I successi ai campionati giovanili di Spagna e Catalogna avevano attirato l'attenzione del papà-coach di Sergi, volto pieno di rughe nascoste dalla barba. Ottenne un no, ma la disponibilità a lavorare nella sua accademia nei pressi di Barcellona. È lì che si è formato Lorenzo Giustino, protagonista di giornata al Roland Garros. Non solo per noi, ma per tutti. La sua folle vittoria contro Corentin Moutet (0-6 7-6 7-6 2-6 18-16) è durata 6 ore e 5 minuti, diventando l'ottavo singolare più lungo dell'Era Open, il secondo al Roland Garros. Fatiche spalmate su due giorni, per questo ancora più intense. Nemmeno Lorenzo pensava che si sarebbe sviluppata l'epica, quando domenica sera hanno scelto di interrompere il match per pioggia, freddo e qualche piagnisteo di Corentin Moutet, il tennista-rapper che ama la filosofia ma in campo diventa ruvido, antipatico. Anche nel prosieguo di lunedì ha alternato grandi giocate e lamentele inutili, tocchi di classe e smorfie poco simpatiche.

Ma alla fine è stato sportivo nell'accettare la sconfitta, facendo i complimenti a Giustino via Twitter e dando appuntamento a venerdì, quando uscirà il suo primo albun in formato EP. Durante il periodo di lockdown, c'è stato un momento in cui ha scritto una canzone al giorno. Forse ne scriverà un'altra su questa partita, una battaglia infinita in cui si sono scontrate due filosofie, due approcci diversi. L'ha spuntata Giustino ed è giusto così, perché a 29 anni non ha molto più tempo per entrare nel tennis che conta, mentre Moutet sarebbe ancora in tempo per giocare le Next Gen Finals. E pensare che il primo set era stato un incubo. Ma con il suo tennis di pressione, con le movenze che ricordano alla lontana Juan Carlos Ferrero, lo scugnizzo che vive a Barcellona era riuscito a girare la partita. Alla ripresa, tra mille sofferenze, aveva vinto anche il terzo set. Nel quarto si è disunito, poi nel quinto è successo un po' di tutto. Avanti 3-0, poi sotto 4-3 (e servizio Moutet), poi di nuovo sopra 6-5. Il match scendeva di qualità ma saliva di emozioni, sensazioni, umanità. Moutet disseminava trappole sotto forma di palle senza peso, invitando Giustino a presentarsi a rete. L'azzurro non era sicuro del suo gioco di volo, e faceva il possibile per restare a fondo.

"Lorenzo legge tanto e si informa ancora di più. Quando gli spiego un concetto vuole spiegazioni accurate e spesso mi chiede se ci sono ricerche scientifiche a supporto di quello che dico" Gianluca Carbone
Lorenzo Giustino nel 2015: "Il mio torneo internazionale preferito? Il Roland Garros"

Venivano fuori scambi disordinati, tra belle giocate ed errori grossolani. Moutet serviva per il match sul 7-6: sprangato. Sull'8-7, Giustino aveva un matchpoint annullato con un dritto sulla riga. Sull'11-10, il napoletano si portava a due punti dal match ma bruciava tutto con una volèe da arresto. Ormai era un thriller in salsa tennistica: avanti 13-12, Giustino aveva un improvviso crollo e perdeva otto punti di fila senza muoversi. Sembrava finita, invece trovava energie nascoste in fondo al barile e restava a galla. Non una, ma due volte. Poi era lui a trovare la zampata finale, prima di sdraiarsi sulla terra del Campo 14, ormai una maledizione per Moutet (lo scorso anno ci perse un'altra battaglia contro Juan Ignacio Londero). Felice, stremato, forse un po' commosso. I francesi saranno pure sciovinisti, ma conoscono il tennis. E gli hanno tributato un giusto applauso. Un po' mesto, ma sincero. Quello che non sanno, invece, sono i sacrifici compiuti da Giustino per arrivare fin lassù. Quando aveva sette anni, andò in vacanza con i genitori a Barcellona... e lì sono rimasti. Avevano capito, i Giustino, che la Spagna era una bella occasione per entrambi i figli. Geri ha trovato la sua strada nel mondo della medicina (si è specializzato in cardiologia), mentre Lorenzo ha insistito con il tennis.

Ha vinto tanto a livello locale, fino a incrociare la sua strada con la famiglia Bruguera. Ormai si è stabilito a Barcellona, ma il legame con l'Italia non è mai venuto meno. Si è intensificato nel 2016, quando ha conosciuto Gianluca Carbone, coach giovane e motivato, dall'importante base culturale. All'epoca Giustino si allenava nell'accademia di Diego Nargiso, e aveva bisogno di un coach che lo seguisse per i tornei. Fu individuato Carbone, già direttore tecnico del TC Treviso, e tra i due si è creata un'alchimia importante. La collaborazione terminò perché Giustino si è ormai stabilito in Spagna, ma nel 2019 si sono ritrovati perché il napoletano era convinto di aver trovato il coach giusto. E non lo voleva perdere. E poi lo stesso Carbone aveva realizzato un interessante studio sul Metodo Spagnolo, oltre a essere un attento studioso del nostro sport. “Lorenzo legge tanto e si informa ancora di più – dice Carbone – quando gli spiego un concetto vuole spiegazioni accurate e spesso mi chiede se ci sono ricerche scientifiche a supporto di quello che dico”. E allora hanno trovato un ottimo equilibrio: Giustino sta a Barcellona, Carbone a Treviso e si ritrovano in giro per il mondo.

Lorenzo Giustino è stato al massimo numero 127 ATP. Per ora è certo di risalire intorno al n.137
La simpatia di Lorenzo Giustino

Come a Parigi, laddove il coach pugliese era talmente emozionato che – a un certo punto del quinto set – ha preso a seguire la partita in piedi. Ma la collaborazione con i coach spagnoli è totale: adesso Giustino ha base presso l'accademia di Pere Riba (ex n. ATP) ed è seguito da Eduardo Lopez.”Carbone e Lopez si sentono spesso e sono fortunato ad avere un coach come lui, con mentalità all'avanguardia. Ha compreso le difficoltà logistiche e abbiamo trovato una soluzione”. Il compimento di questa storia è arrivato in una fresca serata parigina, ma per Carbone è un punto di partenza. In tempi non sospetti, diceva che il suo allievo possiede tutte le qualità per entrare tra i top-50 ATP. “Ne abbiamo affrontati diversi, e il livello è simile. Non arrivo a dire top-30, ma per i top-50 sono sicurissimo”. La strada è ancora lunga, i margini di miglioramento si vedono a occhio nudo, ma se anche l'obiettivo non fosse raggiunto, Giustino è passato alla storia il 28 settembre 2020. Una vittoria del genere, in un match del genere, non si dimenticherà mai. E porta con sé un assegno da 100.000 euro (lordi, ok...), stessa cifra che papà Giustino aveva investito anni fa sul figlio. “Poi un giorno i soldi sono finiti e lui mi disse che, se volevo continuare a giocare, avrei dovuto iniziare a lavorare. E così è stato”. Anche per questo si è affacciato più tardi di altri al professionismo. Senza fretta, con cura e attenzione quasi maniacali.

Dove si trova un tennista che ogni mattina si incorda le racchette? O uno che dedica moltissimo tempo alla prevenzione degli infortuni? Eppure i risultati hanno tardato ad arrivare. Lo scorso anno, una volta raggiunto il best ranking, si è infortunato durante un Challenger e ha chiuso l'anno con nove sconfitte di fila. Nessun problema, di nuovo testa bassa e pedalare. Dai e dai, la pazienza è stata premiata. Lo merita, Lorenzo. Lo merita per la dedizione, il coraggio, una capacità analitica fuori dal comune e un sorriso contagioso, traccia più bella delle sue origini partenopee. Adesso potrà divertirsi, affrontando Diego Schwartzman, giocando senza pensare troppo al risultato. Il suo posticino nella storia lo ha già conquistato, ma c'è da credere che l'avventura sia appena cominciata. I punti raccolti a Parigi non gli garantiranno il best ranking (a meno che non vada ancora avanti...), ma rappresentano il bottino giusto per partire, più deciso che mai, verso quegli obiettivi che sogna sin da piccolo, quando trascorreva ore e ore a guardare il tennis in TV, idolatrando tutti i campioni che filtravano dallo schermo. Quegli obiettivi che Gianluca Carbone è convinto che siano nelle corde del suo allievo. La sua avventura parigina, intanto, ha permesso di scodellare la sua storia nell'informazione mainstream. Hai detto niente.