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IL CASO

Perché Mikael Ymer è stato squalificato

18 mesi di sospensione per Mikael Ymer: lo svedese ha saltato tre controlli antidoping nel 2021. In primo grado era riuscito a invalidarne uno, ma il CAS di Losanna ha definito “alto” il suo grado di colpevolezza. Il tema dei whereabouts è sempre più dibattuto: “Ti senti prigioniero” dice Casper Ruud.

Riccardo Bisti
19 luglio 2023

Questa storia fa ancora più rumore perchè erano riusciti a tenerla nascosta. Al termine di un iter iniziato nel gennaio 2022, Mikael Ymer è stato sospeso per diciotto mesi per aver violato una regola sempre più discussa: ha saltato tre controlli antidoping in meno di un anno. La sentenza del CAS di Losanna è definitiva: in teoria potrebbe ricorrere al Tribunale Federale Svizzero, che però può intervenire soltanto su questioni di forma e non di merito. Non avendo annunciato azioni di questo tipo, il numero 1 svedese (n.51 ATP) potrà tornare a competere il 17 gennaio 2025, con la classifica azzerata. Avrà tempo per ricostruirsi la carriera, visto che avrà da poco compiuto 26 anni. Ma la sensazione resta, per almeno due motivi. 1) La sua squalifica è superiore rispetto a quella di diversi atleti che erano effettivamente risultati positivi a un controllo. 2) Potrebbe (dovrebbe?) aprirsi un dibattito sui discussi whereabouts, lo stretto regime di controlli a cui devono sottoporsi gli atleti d'elite. In sintesi: i top-100 ATP e WTA di singolare, più i top-10 di doppio (e altri giocatori scelti in modo insindacabile) fanno parte dell'International Registered Testing Pool (IRTP), lista di atleti che devono comunicare, 365 giorni all'anno, la loro posizione per permettere di essere raggiunti dagli addetti all'antidoping, il cui nome ufficiale è Doping Control Officers (DCO). Inoltre devono segnalare una finestra di 60 minuti (compresa tra le 5 e le 23) in cui garantiscono la reperibilità per un eventuale controllo. Una volta appresa la squalifica di Ymer, il suo coetaneo Casper Ruud ha detto che il sistema fa sentire “prigionieri”.

“Magari dai disponibilità dalle 21 alle 22, poi ti chiama un amico per andare a cena fuori e devi dire di no perché devi aspettare l'antidoping. Oppure capita che ti chiamino dicendo che hai cinque minuti per raggiungere un determinato posto”. È così: se il DCO non trova il giocatore, lo chiama quando i 60 minuti stanno per scadere e gli concede un'ultima chance per presentarsi. Nessuno discute l'importanza dell'antidoping e la necessità di stanare i truffatori, ma è chiaro che il sistema dei whereabouts è una limitazione delle libertà personali. I giocatori facenti parte dell'IRTP devono comunicare i loro spostamenti su base trimestrale, con un'unica concessione: nel periodo definito “In-Competition”, ovvero quando sono impegnati a un torneo, non sono tenuti a dare i 60 minuti di disponibilità. L'obbligo, tuttavia, scatta sin dal giorno successivo alla loro eliminazione. Per i tennisti è particolarmente complicato, vista la natura nomade del loro lavoro e l'incertezza sulla durata di ogni permanenza. Nessun altro sport presenta tali complessità. E allora può capitare che – di tanto in tanto – il meccanismo salti, specie se l'incombenza di queste comunicazioni è affidata a terze persone (solitamente coach o manager). Sul punto, l'International Tennis Integrity Agency (che gestisce l'antidoping dall'1 gennaio 2022) è chiara: la responsabilità di eventuali errori è esclusivamente del giocatore, che non può trincerarsi dietro alcun tipo di delega.

Lo sapevi che...

Prima della positività, Mikael Ymer era stato al centro di una vivace polemica in patria. Per il secondo anno consecutivo, non ha partecipato al torneo Bastad (uno dei due eventi ATP in Svezia), scegliendo di giocare a Gstaad. Essendo il numero 1 di Svezia, la notizia ha fatto rumore: secondo alcuni avrebbe chiesto un ingaggio più alto di quanto gli avrebbe offerto il presidente del torneo Christer Hult, con il quale è in cattivi rapporti. Lui ha smentito, dicendo che l'assegno era molto alto, ma che la sua voce e la sua integrità "non sono in vendita". Lo scorso anno, quando rinunciò a Bastad, disse che la sua presenza al torneo sarebbe come se Zlatan Ibrahimovic giocasse nell'Allsvenskan (il campionato di calcio svedese, non certo il più competitivo d'Europa). Le sue posizioni hanno attirato le critiche di alcuni personaggi famosi, tra cui Mats Wilander e Kent Carlsson. Durante il recente torneo di Wimbledon ha risposto duramente a entrambi, dicendo che Wilander non lo ha certo ispirato (“E se ha qualcosa da suggerirmi venga a parlarmi, anziché andare sui giornali”) e che le critiche di Carlsson sono soltanto un modo per farsi pubblicità. “So che ha scritto un libro, ma ha venduto dodici copie: otto sono suoi amici, quattro sono copie omaggio. Magari io sarò il primo a comprarlo per davvero”.

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Ma veniamo al caso Ymer. Il 27 gennaio 2022, è stato informato di aver commesso tre Missed Test (situazioni in cui il CDO lo ha cercato per prelevare un campione, ma non lo ha trovato nel luogo e nell'orario stabilito), tutti nel 2021: il 22 aprile, il 10 agosto e il 7 novembre. In questi casi scatta immediatamente il processo che prevede una squalifica tra i dodici e i ventiquattro mesi (che possono diventare quattro anni in caso di recidiva). Il giocatore ha ammesso le prime due violazioni ma ha contestato la terza: il Tribunale Indipendente a cui si affida l'ITF (l'agenzia londinese Sports Resolutions) ha dato ragione a Ymer. Il mancato test si è verificato alla vigilia del Challenger di Roanne (per la cronaca, Ymer avrebbe perso al secondo turno contro Mathias Bourgue): sebbene il DCO abbia fatto tutto il possibile per mettersi in contatto con il giocatore, stabilirono che non poteva essergli attribuita alcuna negligenza perché era stato sistemato in un hotel diverso da quello che aveva richiesto in fase di prenotazione.

Il suo agente (persona preposta ad aggiornare i whereabouts del tennista) non aveva ricevuto notizia di questo cambio di hotel, dunque non l'ha segnalata. Sul punto, è necessaria una postilla: in virtù dei continui spostamenti, i giocatori non possono sapere con tre mesi di anticipo dove si troveranno in un determinato giorno, dunque hanno la possibilità di aggiornare i propri whereabouts. Ci sono tre modi per farlo:
1) Aggiornando la posizione sull'APP dedicata, denominata ADAMS
2) In assenza di connessione a internet o difficoltà di accesso alla piattaforma, possono comunicare lo spostamento via SMS. In quel caso si può inviare un messaggio al numero 0044 7781 480710 e sarà un addetto ad aggiornare il profilo ADAMS.
3) In circostanze eccezionali, laddove non è possibile utilizzare i metodi appena descritti, si può inviare una mail all'indirizzo dedicato Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Nel caso di Ymer non è stato fatto: leggendo il comunicato stampa del CAS, in effetti, ci si stupisce della sentenza di primo grado. Trovandosi in un hotel diverso da quello comunicato, avrebbe dovuto aggiornare la sua posizione o – almeno – comunicarlo al suo agente. E poi, perché non era reperibile al telefono? L'unica spiegazione è che il cambio di hotel fosse avvenuto all'insaputa del giocatore. Non la pensa così l'ITF, che lo scorso luglio ha presentato ricorso presso il CAS di Losanna, chiedendo il massimo della pena (due anni di sospensione). L'udienza si è tenuta lo scorso 25 aprile e il collegio ha stabilito la colpevolezza di Ymer, il quale aveva l'erronea convinzione che qualsiasi cambiamento sarebbe stato a cura del suo agente “o dalle autorità del tennis”. La squalifica è di diciotto mesi perché il suo grado di colpa è stato ritenuto “alto”, pur concedendo l'attenuante generica della negligenza colposa.

A causa della squalifica, Mikael Ymer non sarà a Bologna per il girone delle Davis Cup Finals

La squalifica di Ymer durante il torneo di Lione per le intemperanze contro il giudice di sedia

A informare della squalifica è stato lo stesso Ymer con un accorato post su Twitter, in cui ha definito “ingiusta” la decisione di essere processato di nuovo (evidentemente conosce poco nel norme della giurisprudenza...) e quella di averlo ritenuto colpevole, oltre a trovare di difficile comprensione la portata della squalifica. “Capisco che queste regole siano in atto per proteggere l'integrità del nostro sport e che esistono per una ragione. Tuttavia, non credo di averle infrante e la mia coscienza è a posto, con Dio come mio testimone”. Personaggio controverso, molto discusso in patria (leggi il “Lo sapevi che”), Ymer non ha contestato le prime due violazioni, chiaramente avvenute in periodi in cui era fuori dal circuito, mentre ha provato a contestare quella in cui – in effetti – si trovava nella stessa città del CDO, ma in un hotel diverso. Volendo credere alla sua tesi, rimane comunque la negligenza alla fonte: affidando un compito così delicato al suo agente, si è esposto a un rischio laddove è comunque l'unico responsabile. Il suo caso ricorda un po' quello di Maria Sharapova, che per queste cose si affidava al suo manager Max Eisenbud, il quale non si accorse – quando scorreva le comunicazioni dell'antidoping mentre si trovava in piscina – che il meldonium sarebbe entrato nella lista delle sostanze proibite a partire dal 2016.

Di certo gli è andata peggio che ad Alize Cornet, qualche anno fa protagonista di un episodio simile: dopo due test mancati, si salvò per un pelo perché i giudici ritennero che il CDO (Lina Rossetti) non avesse fatto ogni sforzo necessario per entrare in contatto con lei dopo aver provato a suonare a casa sua, a Cannes. La giocatrice dimostrò che il citofono era rotto e dunque non ha potuto sentire, e di aver trovato soltanto una chiamata persa, da un numero anonimo, senza alcun messaggio vocale o testuale. La decisione non fu unanime, ma tanto bastò per salvarla. Adesso il tennis dovrà affrontare un altro caso simile, quello di Jenson Brooksby, in attesa del processo di primo grado. A differenza di Ymer, tuttavia, ha reso pubblico il tutto e ha accettato una sospensione provvisoria (per lui è più facile, visto che è fermo da mesi per un infortunio al polso). La strategia processuale dell'americano sembra molto simile: invalidare il Missed Test del 4 giugno 2022, prima del torneo ATP di 's-Hertogenbosch: Brooksby sostiene che al momento del tentativo di test di trovava nell'hotel segnalato, nella sua stanza e all'orario preposto. Probabilmente cercherà di dimostrare che il CDO non ha fatto ogni sforzo possibile per mettersi in contatto con lui.

L'americano ha incassato la solidarierà di Holger Rune, il quale ha raccontato di aver vissuto un'esperienza simile quando non sentì suonare il campanello di casa perché dal balcone è impossibile farlo. “A loro non frega niente: devi stare vicino alla porta e aspettare, 365 giorni all'anno. Sono molto stressato per questi obblighi di aggiornamento perché noi tennisti viaggiamo moltissimo”. Si trova in una posizione antipatica anche Fabio Fognini: pare che abbia commesso due infrazioni in un mese (la prima a maggio, la seconda in occasione della finale di Champions League: probabilmente uno dei due casi è stato un Filing Failure, ovvero una comunicazione erronea o incompleta), dunque non avrebbe più jolly da spendere fino alla prossima primavera. Più in generale, il tema delle infrazioni di questo tipo (Missing Tests e Filing Failure) è sempre più sentito. E forse l'ITIA dovrebbe garantire maggiore trasparenza sui numeri, poiché l'ITF (che ha gestito il programma antidoping fino al 2021) forniva più dati.

Intanto dettagliava sul numero di test a cui si erano sottoposti i singoli giocatori (sia durante che fuori dalle competizioni), mentre l'ITIA ha scelto di non rendere più pubblica questa informazione a causa dell'approccio intelligence based per scegliere i giocatori da testare. Ma c'è di più: nel loro report, non forniscono più il numero di Missed Test e di Filing Failure che invece l'ITF rendeva pubblico, pur tutelando la privacy dei giocatori. Se sappiamo che nel 2021 ci furono 88 test mancati (l'1,40% sul totale dei tentativi) e 27 compilazioni incomplete e/o erronee, questo dato non è disponibile per il 2022. Quanto a Ymer, la sua sospensione ci interessa da vicino: la Svezia fa parte del girone dell'Italia alle Davis Cup Finals. Già ritenuta la squadra più debole del gruppo, senza il suo unico top-100 rischia di presentarsi come squadra-materasso. Non crediamo che Filippo Volandri non dormisse la notte pensando a Italia-Svezia del 17 settembre... ma tant'è.