The Club: Bola Padel Roma
ELEZIONI ITF

La ricostruzione della Davis passerà da loro

Domenica prossima si eleggerà il nuovo presidente della Federazione Internazionale. La conferma di Dave Haggerty renderebbe complicata una controriforma della Davis, ben più probabile con il tedesco Dietloff von Arnim (sostenuto dall'Italia). Ma come funzionano le elezioni? E chi è il favorito?

Riccardo Bisti
19 settembre 2023

Tra qualche ora conosceremo l'avversaria dell'Italia nei quarti di finale di Coppa Davis. Dopo mezzogiorno, dunque, analizzeremo a fondo chi ci capiterà tra Olanda e Gran Bretagna. Ma è anche tempo di guardare al futuro, a quello che diventerà la Coppa Davis a partire dal 2024. Un passaggio chiave sono le elezioni ITF in programma domenica a Cancun, Messico, stessa città che a fine ottobre ospiterà le WTA Finals. La Davis è l'unica grande manifestazione gestita direttamente dalla Federazione Internazionale, dopo che le prove del Grande Slam si sono radunate in un comitato autonomo. È dunque l'ITF, tramite i propri affiliati, ad avere esclusiva competenza sul format della competizione. Nel 2018, abbagliate dalle surreali promesse di Kosmos e cadute nel tranello dei voti di scambio, le federazioni approvarono la riforma della competizione. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un evento che non funziona, non ha ritrovato i top-players e ha visto franare il contratto lo scorso gennaio dopo poco più di quattro anni (e pensare che avrebbe dovuto durarne venticinque...). L'attuale presidente ITF è lo stesso che allora appoggiò la riforma, l'americano David “Dave” Haggerty. Si candiderà anche quest'anno per quello che sarebbe il suo ultimo mandato, poiché lo Statuto ITF prevede un massimo di tre quadrienni.

Sul tema Davis, è chiaro che una rielezione di Haggerty renderebbe complicata una controriforma: fu lui a scommettere sul progetto Kosmos, cedendo a un gruppo esterno la licenza della Davis. Non impossibile, per carità, perché l'attuale format (peraltro già modificato in queste poche edizioni) si è rivelato talmente inadeguato (con buona pace del neodirettore Feliciano Lopez, che lo ha vigorosamente difeso) che qualche modifica non è da ritenersi improbabile. È tuttavia chiaro che una vittoria del candidato oppositore renderebbe più facile una riforma. Dunque, chi è l'uomo di rottura? Si tratta di Dietloff von Arnim, classe 1959, attuale presidente della Deutscher Tennis Bund (DTB, la federtennis tedesca). Laureato in amministrazione aziendale presso l'Università di Colonia, ha intrapreso la carriera dirigenziale dopo aver compiuto i quarant'anni, mentre prima era soprattutto un uomo di campo. La sua esperienza è strettamente legata alla storica World Team Cup, evento a squadre (oggi abolito) che radunava otto nazionali nella settimana precedente al Roland Garros. Poco più di un'esibizione, considerata il contesto ideale per rifinire la preparazione in un contesto tranquillo e rilassato. È stato volontario dal 1978 al 1995 e responsabile Marketing e Comunicazione dal 1995 al 2000, salvo poi diventarne direttore nel 2000 fino all'ultima edizione, datata 2012. Nei due anni successivi, il Rochusclub di Dusseldorf ospitò un ATP 250 di cui è stato direttore prima che vendessero la licenza.

Il tweet di Stan Wawrinka mostra gli spalti vuoti per Svizzera-Francia. Lo svizzero ha poi sostenuto che l'ITF paghi dei figuranti per creare atmosfera durante i match

ASICS ROMA
«Se vogliamo i migliori giocatori, dobbiamo chiedere loro cosa vogliono. Vogliono giocare al meglio dei tre set? Dei cinque? Dei sette? Dei nove? Lo dico scherzando, ma è chiaro che dobbiamo coinvolgerli. Dobbiamo promuovere il tennis e restituirlo agli appassionati» 
Dietloff von Arnim

Von Arnim aveva espresso l'intenzione di candidarsi già a gennaio, poi l'ha formalizzata (nel rispetto delle norme ITF) a fine maggio, quattro mesi prima della tornata elettorale. In tutta onestà, il suo programma non appare ancora definito. Lo presenterà direttamente a Cancun, ma in questi mesi ha rilasciato diverse interviste in cui ha lasciato intendere il suo pensiero. “Ci vuole trasparenza e democrazia, una maggiore comunicazione con le federazioni – ha detto – dobbiamo rendere più grande il tennis: è il nostro obiettivo comune, mentre spesso le federazioni sono lasciate sole. In questo momento, soltanto il 7% dei praticanti sono affiliati alle rispettive federazioni. Bisogna raddoppiare questa cifra per avere più risorse”. Il problema riguarda soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Durante i suoi meeting a caccia di consensi, il presidente di una federazione africana gli avrebbe detto: “Diteci voi quello che dobbiamo fare, noi non lo sappiamo. Dalla Germania si può andare in Olanda e in Belgio con la bicicletta, mentre noi dobbiamo spendere cifre enormi per i voli”. Un altro pilastro del suo programma è il rafforzamento di un principio già portato avanti da Haggerty: spingere verso la parità di montepremi. “È un bene che ci sia negli Slam, nei tornei più piccoli è difficile ma dovremmo farlo”. Ha poi sostenuto che l'ITF potrebbe avere seri problemi economici per il mancato introito promesso da Kosmos. Per questo, a suo dire, l'intero sistema andrebbe ripensato. Sul punto è doveroso un inciso: l'ITF ha già spiegato come fronteggiare il mancato incasso di 51 milioni di dollari che sarebbe dovuto arrivare da Kosmos. Annunciando che avrebbero espresso i dettagli a Cancun, in sintesi si sono organizzati così: avevano a disposizione un deposito cauzionale di 25,4 milioni in virtù di una clausola di protezione finanziaria siglata a suo tempo. Inoltre, tutti gli introiti che prima andavano al gruppo Piquè adesso finiscono nelle casse ITF: le tariffe pagate dalla città ospitante, gli sponsor, l'ospitalità e i diritti TV.

I mancati 51,9 milioni, dunque, sarebbero stati sostituiti da 70,8 milioni tra ricavi commerciali e liquidità. Va da sé che c'è stato un notevole aumento di spese, ma la conclusione è che il risultato operativo complessivo dovrebbe restare simile. Hanno poi aggiunto che dal 2024 l'ITF continuerà a produrre la migliore competizione possibile e si baserà sui successi del passato per garantire una futura crescita dei ricavi. Ciò che interessa agli appassionati, tuttavia, è il format. Haggerty ha scelto un basso profilo, ma anche von Arnim rimane prudente. L'unica certezza – a suo dire – è un maggiore coinvolgimento dei giocatori. “Se vogliamo i migliori giocatori, dobbiamo chiedere loro cosa vogliono. Vogliono giocare al meglio dei tre set? Dei cinque? Dei sette? Dei nove? Lo dico scherzando, ma è chiaro che dobbiamo coinvolgerli. Dobbiamo promuovere il tennis e restituirlo agli appassionati. Se dovessimo cambiare di nuovo il format bisogna chiedere anche ai media e ai giornalisti, a tutti coloro che hanno interessi”. Entrando nello specifico, ha poi aggiunto: “Non chiedetemi quale sarebbe il formato ideale perché non abbiamo un click. Credo che ci si possa arrivare ma non lo posso dire ora, perché non conosciamo la situazione contrattuale con le varie città. La scorsa settimana Gran Bretagna-Francia ha avuto grande successo, ma a Spalato il palazzetto era vuoto. I presidenti delle federazioni finlandese, olandese e croata non erano contenti. Adesso ci sarà il problema di giocare a Malaga senza la Spagna, inoltre gli spagnoli stessi potrebbero avere problemi a qualificarsi per l'anno prossimo perché nessuno vuole giocare a febbraio. E allora che facciamo? Violiamo le norme e concediamo una wild card per il secondo anno di fila?”. Dalle sue parole, tuttavia, sembra chiaro che un turno a sedici squadre con il tradizionale format casa-trasferta non gli dispiaccia, anzi.

Dopo quattro mandati di Francesco Ricci Bitti (a destra), Dave Haggerty ha preso il comando dell'ITF nel 2015. Lo Statuto attuale prevede un massimo di tre mandati

Ci si domanda quante chance abbia di vincere. Lui si è detto fiducioso perché avrebbe avvertito una necessità di cambiamento. Ha già incassato il sostegno della federazione italiana, piuttosto risentita con Haggerty per il tentativo fallito (e secondo Binaghi scorretto) di inglobare il padel all'interno dell'ITF, togliendo autonomia alla federazione internazionale del padel, presieduta dall'italiano Luigi Carraro (che è anche consigliere FITP). Difficile capire come andrà, anche perché la candidatura di von Arnim è stata sottoscritta dalla sola federtennis tedesca, mentre quella di Haggerty ha avuto il sostegno di quelle di dodici Paesi: Stati Uniti, India, Costa Rica, Danimarca, Repubblica Dominicana, Giappone, Svizzera, Canada, Sud Africa, Hong Kong e Ucraina. Significa che l'americano parte da un tesoretto di 77 voti contro i soli 12 del tedesco (21, considerando quelli già annunciati dell'Italia). L'affermazione va spiegata: come è logico, i delegati delle varie federazioni voteranno la loro preferenza. Il voto sarà segreto, espresso in forma elettronica, gestito da un ente terzo (LUMI) che curerà la parte informatica, oltre a essere controllato dal Comitato Etico ITF. Ma non tutti i voti avranno lo stesso peso: delle 213 federazioni affiliate all'ITF (comprese quelle sospese), soltanto 160 hanno diritto di voto. A Cancun – per la verità – saranno 156 perché quattro sono sospese: oltre a Russia e Bielorussia per motivi ben noti, non potranno votare i delegati di Zambia e Filippine (quest'ultima federazione chiederà di essere reintegrata proprio nel weekend di Cancun). Ciascuna federazione è inserita in una fascia di influenza che garantisce un tot numero di voti. Le fasce sono così suddivise.

12 voti (5 Paesi: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Australia e Germania)
9 voti (14 Paesi, tra cui l'Italia)
7 voti (9 Paesi)
5 voti (17 Paesi)
3 voti (18 Paesi)
1 voto (97 Paesi)

Escludendo dal conteggio le nazioni sospese, dunque, il massimo di voti possibili sarà 474. Per vincere bisognerà ottenerne 238 (probabilmente ne serviranno di meno, visto che solitamente manca sempre qualcuno tra assenze e schede bianche-nulle). Grazie alle sottoscrizioni alla sua candidatura, dunque, Haggerty ha già in tasca circa un terzo di quello che gli servirà. I meccanismi elettorali di questo tipo, tuttavia, non hanno nulla a che vedere con quelli delle elezioni tradizionali. Molti voti sono trattati in anticipo, spesso a pacchetti di varie nazioni o addirittura intere aree geografiche. È dunque probabile che i due candidati sappiano in anticipo quanti voti hanno in mano. Nella segretezza dell'urna, poi, può succedere di tutto. Difficile dire cosa accadrà a Cancun, anche se la storia dell'ITF racconta che è molto difficile scalzare il presidente uscente. All'ultima Assemblea Elettiva, quattro anni fa a Lisbona (a proposito, qualcuno sostenne che il Portogallo avesse votato a favore della riforma della Davis in cambio dell'opportunità di ospitare l'AGM l'anno successivo), Haggerty trovò ben tre avversari ma vinse alla prima tornata con il 60,5% dei voti con 259 dei 428 voti validamente espressi. Furono nettamente sconfitti l'indiano Anil Khanna (21,7%), l'irlandese Dave Miley (10,8%) e il ceco Ivo Kaderka (7%). A chiudere, a Cancun si voteranno anche i 14 membri del Consiglio Direttivo. Sono in lizza 29 candidati per 14 posti. Tra loro non c'è nessun italiano. Ci sono poi due candiati per la vicepresidenza onoraria: lo svizzero Renee Stammbach e l'americana Katrina Adams, mentre per il ruolo di consigliere onorario concorreranno il discusso Bernard Giudicelli (ex presidente della federtennis francese) e il britannico Martin Corrie. Il futuro della Coppa Davis passerà inevitabilmente da qui.