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LA STORIA

“Mamma, ce l'abbiamo fatta”

La morte per cancro dell'adorata mamma ha trasformato la carriera di Li Tu in una missione. A due settimane dal funerale, ha vinto il suo primo Challenger ed è entrato tra i top-200. “Prima di ogni partita, guardavo in cielo e ho visto il suo viso”. Atleta formidabile, rovescio a una mano, nel 2014 aveva smesso. È tornato dopo sei anni e mezzo.

Riccardo Bisti
18 ottobre 2022

Basterebbe la foto qui sopra a rendere superflua ogni parola. Nello sguardo della madre di Li Tu c'è tutto. Lui l'avrà riguardata diverse volte, segno più tangibile di un legame che è rimasto nell'anima ma è svanito nella sua fase terrena, lo scorso 24 settembre. Si allenava con le lacrime agli occhi, ha partecipato al suo funerale e il giorno dopo è dovuto partire per la Corea, laddove lo avrebbero portato gli impegni di tennista professionista. Aveva già rinunciato a due mesi di tornei per restarle accanto. A poche ore dal compleanno della madre, il 26enne australiano ha firmato un'impresa clamorosa: partendo dalle qualificazioni, ha vinto il ricco Challenger di Seul, il primo in carriera. E lo ha fatto battendo giocatori veri come Christopher O'Connell, James Duckworth e Yibing Wu in finale. Nell'impianto che ha ospitato il torneo olimpico del 1988, ha esultato come se avesse vinto uno Slam. Nemmeno Miloslav Mecir aveva celebrato la sua medaglia d'oro gettandosi per terra, anche se - in quell'alba (ceco)slovacca di fine settembre - le sirene di Bratislava suonarono in segno festa. Per una volta, le fabbriche Skoda avrebbero tollerato il ritardo degli operai. Tu si è gettato per terra e le sirene erano dentro di lui, nel ricordo viscerale della mamma, che ha ricordato poche ore dopo con un post su Instagram.

“Mamma, oggi è il tuo compleanno. Sono stati i due mesi più duri della mia vita. Ti osservavo combattere il cancro, lottare ogni giorno e tenere duro mentre perdevi lentamente i sensi. Ma continuavo ad allenarmi perché eri irremovibile sul fatto che dovessi andare avanti, e che stavo migliorando. Sono rimasto al tuo fianco quando hai esalato il tuo ultimo respiro, il 24 settembre 2022, circondato dalla nostra famiglia che ti vuole tanto bene. Pochi giorni prima della tua morte, mi hai detto: “Ci vediamo in Corea” è sono scoppiato in lacrime. Viaggiando il giorno dopo il tuo funerale, non ero sicuro di potercela fare. Ma prima di ogni partita alzavo gli occhi al cielo e non potevo fare a meno di sorridere quando ti vedevo. Ce l'abbiamo fatta, mamma”. E un cuore che significa tutto, corredato da quelli di tanti amici e colleghi che hanno commentato. Intervistato dal podcast “The First Serve”, ha poi aggiunto: “Ho avuto per davvero la sensazione che sarebbe stata lì a supportarmi. Prima di ogni partita guardavo verso il cielo e ho visto il suo viso. Mi ha aiutato a calmarmi e avere fiducia interiore, anche durante le partite. Quando avevo bisogno di energia o sostegno, guardavo sempre verso l'alto”. Una fiaba a cui si può credere o meno, ma che sa emozionare. Anche perché la storia di Tu non è banale. Anzi, è una favola. Com componenti decisamente più razionali, ma pur sempre una favola.

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«Viaggiando il giorno dopo il tuo funerale, non ero sicuro di potercela fare. Ma prima di ogni partita alzavo gli occhi al cielo e non potevo fare a meno di sorridere quando ti vedevo. Ce l'abbiamo fatta, mamma»
Li Tu
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Il commovente messaggio dedicato da Li Tu alla madre scomparsa

C'era un bel movimento, alla Cooperativa Tennis Livorno, nella primavera 2010. Quel torneo Under 14 passerà alla storia come il primo evento internazionale mai giocato da Matteo Berrettini. Perse al primo turno contro Thanasi Kokkinakis. In quei giorni c'era anche Tu: ok, perse al primo turno in singolare contro Oliver Nagy, ma in doppio giunse in finale insieme a Kokkinakis. Batterono coppie mica male: Coric-Serdarusic, Ciorcila-Zverev (sì, proprio Sascha) e Brechemier-Quinzi (n.1 del draw). Un'amicizia, quella con Kokkinakis, che non si è mai spenta. Tu faceva parte del team australiano che nel 2012 giunse in finale alla Davis Cup Junior, perdendo contro l'Italia di Quinzi e Baldi. Le loro strade si sono separate qualche tempo, quando Tu ha smesso di giocare a diciotto anni. L'impatto con il professionismo era stato traumatico: dieci sconfitte al primo turno prima di vincere una partita, poi ne giocò un'altra decina e scelse di smettere. Niente di strano: semplicemente, non gli piaceva più la vita da tennista. “Mi sentivo solo, non mi godevo la vita. Pensavo solo alla vittoria e alla sconfitta. Ho iniziato a giocare a 5 anni, e a 10 il tennis era già tutto per me. Per qualcuno funziona, per qualcun altro no”. Lui faceva parte della lista dei no. Comunicò la decisione a suo padre via e-mail. E così si è iscritto all'Università di Adelaide, riprendendo la racchetta in mano nelle sole vesti di allenatore.

Ha fondato un'accademia insieme a Ben Milner e per qualche anno ha fatto il maestro-studente. La pandemia ha cambiato il paradigma di molte persone: in Tu, ha alimentato il desiderio di riprovarci con l'agonismo. Nell'estate 2020 si è gettato nel circuito UTR, ottimo per testare il suo valore. Risultato? 45 vittorie e 2 sconfitte. Numeri che non sono passati inosservati a Wally Masur e Darren Cahill. Quest'ultimo, in particolare, è stato il suo grande sponsor al momento di stabilire le wild card per i tornei australiani. “Non ti inviteremmo se non fossimo certi che tu possa dire la tua”. E così, a sei anni e mezzo dall'ultimo torneo, lo hanno spedito nel tabellone principale di un torneo ATP a Melbourne. Perse 6-4 7-6 contro Pedro Sousa. Ma non è finita qui: una positività al Covid di Andy Murray (a cui era destinata una wild card per l'Australian Open) gli ha spalancato le porte del suo primo Slam. “Credo di poter battere almeno la metà dei giocatori in tabellone” disse con spavalderia. Rimase in campo per quasi tre ore contro Feliciano Lopez, sconfitto ma consapevole di potersela giocare. Allora si è radunato con il suo team e ha effettuato una preparazione intensa, tre mesi full-time, per costruirsi la corazza del professionista. A credere in lui, soprattutto il preparatore atletico Daniel Bubers. Un giorno lo ha invitato a prendere un caffè. Dopo qualche convenevole, gli ha detto che bisognava mettere in atto un piano. Come fanno i protagonisti dei film americani.

Li Tu guarda verso il cielo dopo il successo a Seul

La spettacolare finale del Challenger di Seul: guardate che punto ha vinto sul 15-30 nell'ultimo game...

Il progetto prevedeva un volo per la Tunisia, nell'agosto 2021, in cui è entrato nel ristorante low cost del tennis professionistico dopo che a febbraio aveva assaporato quelli stellati di uno Slam. “Era un sogno a cui avevo onestamente rinunciato – scriveva nel diario aperto di Instagram mentre era in volo per Monastir – sono tornato a fare ciò che amo e so che ci saranno tempi difficili, ma è la vita giusta. Alla fine di ogni giornata, vittoria o sconfitta, non avrò rimpianti”. Risultato? Tre tornei vinti a Monastir più un altro a Saint Dizier, in Francia. Ha approcciato il 2022 da numero 500 ATP e si è trovato a giocare la sua prima stagione intera a 26 anni. Ancora vittorie nel circuito ITF, ma a un livello ancora più alto: titoli a Bendigo, al Cairo (sulla terra rossa) e di nuovo a Monastir. Esattamente un anno dopo il primo volo per la Tunisia, ha fatto il punto della situazione. Stava tornando in Australia dopo una trasferta negli Stati Uniti, in cui aveva assaporato per la prima volta il circuito Challenger. “Sto riflettendo sull'anno passato. 52 settimane e 30 tornei dopo, mi trovo nella mia miglior classifica di sempre, al numero 252 ATP. Ci sono stati molti bei momenti e altri da cui ho dovuto riprendermi. Non ho rimpianti, ho incontrato persone fantastiche e mi darò sempre un pizzicotto per il fatto di vivere questa vita”. E poi un hashtag premonitore, anche se non pensava in modo così forte. Intenso. Totalizzante. #jobisnotfinished, il lavoro non è finito. 43 giorni dopo, la sua mamma sarebbe venuta a mancare.

Quel lavoro avrebbe dovuto farlo da solo. Con un grande aiuto da lassù, ma da solo. Per questo, la vittoria a Seul è una fiaba che spruzza stelline di magia nella realtà. La nuova classifica esordito a Busan, poi tornerà in Australia per chiudere la stagione con i Challenger di Playford e Sydney, salvo poi prepararsi per l'estate australiana, laddove è ripartito tutto, un paio d'anni e un centinaio di partite fa. Sognare è lecito, poi a 26 anni è più bello che farlo a 18. E ci sarà una donna al suo fianco: la mamma non c'è più, ma a novembre convolerà a nozze con la sua Kimberley, a cui ha chiesto la mano – in modo decisamente romantico – lo scorso giugno. Si sono messi insieme nel dicembre 2020, ma hanno capito presto di essere fatti l'uno per l'altra. Neanche la lontananza geografica ha bloccato la crescita di un amore che lo condurrà a presentarsi nel 2023 da uomo sposato. Tra i top-100 ATP sono rimasti soltanto in otto, a tirare il rovescio a una mano: Stefanos Tsitsipas, Denis Shapovalov, Lorenzo Musetti, Daniel Evans, Grigor Dimitrov, Dusan Lajovic, Richard Gasquet e il rientrante Marco Cecchinato. Il prossimo, incredibilmente, potrebbe essere un ragazzo australiano dagli occhi a mandorla. Un ragazzo che ha scoperto sulla sua pelle la potenza della più famosa frase di Chuck Palahniuk: “Non sai mai quanto sei forte, finché essere forte è l'unica scelta che hai”.