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AUSTRALIAN OPEN

Irrompe Cazaux... nel nome di Kobe

Giocava a pallamano, ha i parametri fisici di un biathleta, ma il destino ha scelto il tennis per Arthur Cazaux. Seguace della Mamba Mentality di Kobe Bryant, ha cancellato Holger Rune in un match spettacolare. Con lui, Fils e Van Assche, la Francia del tennis ha un futuro d'oro. Sarà uno di loro il prossimo slammer transalpino?

Riccardo Bisti
18 gennaio 2024

“Credo di essere simpatico”. Guardando bene Arthur Cazaux, e osservando la sua impresa contro Holger Rune, viene da crederci. A partire dalle sue parole in conferenza stampa: quando un giornalista danese gli ha parlato della delusione causata al suo Paese, ha risposto da vero gentleman. “Voglio scusarmi con i danesi. Conosco bene Holger, abbiamo giocato molto da junior, anche se le partite vecchie non contano. Adesso è una superstar, però spero di affrontarlo ancora e mettere in piedi una rivalità”. Era ancora ebbro di gioia dopo il 7-6 6-4 4-6 6-3 che ha sigillato la sorpresa di giornata all'Australian Open. E che evidenzia – ancora di più – il periodo d'oro che attende la Francia del tennis. Non soltanto Arthur Fils o Luca Van Assche, ma anche questo 21enne di Montpellier che conquista al primo sguardo, un po' per la sua esuberanza fisica, un po' per il suo modo di porsi. È genuino, spontaneo. Quando si è scusato con i danesi, diceva il vero. Tra i tanti tatuaggi che decorano il suo corpo, c'è una bussola scandinava. “È una mitologia della loro cultura, significa restare concentrati sul proprio viaggio e sul proprio destino” dice Arthur, che sulla spalla si è fatto tatuare la scritta resilienza: un modo come un altro per ricordare i tanti infortuni. Nel bagno di popolarità australiano, li ha pazientemente ricordati: frattura al gomito a fine 2016, a cui si è accompagnata una tendinite a spalla e polso (sette mesi di stop), frattura al piede nel 2018 (cinque mesi), strappo allo psoas nel 2019, addominali nel 2021 e una fastidiosa pubalgia con cui ha dovuto convivere per otto mesi nel 2022.

“Il 2023 è stato il primo anno in cui ho giocato libero da infortuni” racconta Cazaux, che ha effettuato un balzo di quasi 300 posizioni, portandosi a ridosso dei top-100 (ci entraerà di slancio dopo l'Australian Open). Ha giocato tre finali Challenger, vincendone una (Nonthaburi), e si è qualificato come riserva per le Next Gen Finals. A Jeddah non ha giocato, ma si è tolto una bella soddisfazione: In quei giorni, tutti i partecipanti si sono sottoposti a un basecamp di test fisici di vario genere: sprint di 10 metri, salto verticale, 5-0-5 e altri esercizi. Risultato? Cazaux è sempre risultato il migliore. “Ho una buona genetica, quei risultati sono stati interessanti ed è bello vedere che sono stato tra i migliori”. In fondo, non è stata una sorpresa: qualche tempo fa, il responsabile dei test atletici della federtennis francese, stupito dai suoi risultati, gli disse chiaramente: “Se smetti di giocare a tennis, ti portiamo subito a fare biathlon. Le nostre eccellenze fisiche sono lì”. Una forza della natura, radunata in 183 centimetri di altezza per un peso forma di 73 chili. Un po' più piccolo degli standard attuali, ma lui compensa con prestazioni fuori dal comune. Contro Rune ha dimostrato di essere forte, veloce e resistente.

E c'è anche Clara Burel

La giornata d'oro del tennis francese si è estesa al settore femminile. In precedenza, la 22enne Clara Burel (n.51 WTA) aveva eliminato Jessica Pegula con un netto 6-4 6-2, siglando la sua più importante vittoria in carriera. Già finalista nella prova junior nel 2018, aveva giocato proprio su quel campo semifinali e finale. "Splendidi ricordi" dice la Burel, che al terzo turno troverà la connazionale Oceane Dodin. Sono dunque certe di avere una giocatrice negli ottavi, senza considerare che è ancora in gara anche Diane Parry.

“Sapevo di poter esprimere questo livello, mantenendolo sulla lunga distanza . Durante la offseason ho giocato partite di cinque set contro Fils e Kotov, inoltre mi sono allenato con Dimitrov e Murray. Ho visto che ero in grado di sostenere il loro livello, ma lo dovevo dimostrare in partita”. Detto, fatto: omaggiato della wild card di scambio a disposizione della federtennis francese, ha aperto il 2024 vincendo il Challenger di Noumea, in Nuova Caledonia. Significa che è ancora imbattuto: sette partite, sette vittorie. A Melbourne aveva superato in cinque set l'ostico Laslo Djere, poi ha fatto un capolavoro contro Rune. Lo rispettava, ma non poteva avere alcun timore reverenziale: lo aveva affrontato tre volte da junior, con due vittorie, a Tlemcen (Algeria) e in finale a Plovdiv (Bulgaria), perdendo soltanto al terzo turno del Roland Garros 2019. Poi le loro strade si sono separate, ma certi ricordi valgono di più degli status, dei numeri e delle classifiche. Lo ha dimostrato nelle 3 ore e 22 minuti della Margaret Court Arena, laddove ha contenuto il furibondo tentativo di rimonta di Rune, seguito a bordocampo dai supercoach Boris Becker e Severin Luthi. Lui si deve accontentare di Stephane Huet, ma tutto è cambiato la scorsa primavera, quando ha scelto di assumere un fisioterapista e portarselo a ogni torneo.

Un investimento in piena regola. “Ci pensavo da tempo, credo che sia il modo migliore per evitare gli infortuni. Anche se non sono ancora tra i top-100 ATP e non guardagno troppi soldi, mi sono detto che era il momento giusto per investire. Mi aiuterà a raggiungere più velocemente i miei obiettivi”. I risultati gli stanno dando ragione, premiando una mentalità presa dal suo idolo, quel Kobe Bryant venuto a mancare quattro anni fa, proprio durante l'Australian Open. In quei giorni, un 17enne Cazaux raggiungeva la finale della prova junior. Grande appassionato di basket NBA (passione che condivide con Gael Monfils), ha dedicato un tatuaggio proprio a Kobe: si tratta di un serpente, simbolo della Mamba Mentality, la filosofia di crescita personale sdoganata proprio da Kobe, fondata su alcuni pilastri: non temere di sbagliare, l'ossessione per i dettagli, il desiderio di conoscenza, l'allenamento ossessivo e la fiducia per gli sforzi. Lui ne ha fatto una filosofia di vita: non poteva essere altrimenti, visto che il tennis non era nel DNA di famiglia.

Quando gli hanno chiesto la chiave del suo successo su Rune, Arthur Cazaux non ha avuto dubbi: "La mia testa, la mia mentalità"

Un allenamento di Arthur Cazaux e Arthur Fils, le due stelline del tennis francese

Montpellier è terra di pallamano, sport praticato (con ottimi risultati) fino agli 11 anni di età. C'è uno dei migliori centri sportivi della Francia, lui faceva parte di un fortissimo team giovanile. “La pallamano è il motivo per cui sono così forte. Mi ha aiutato a essere sciolto con la spalla e per questo servo così bene. Ho giocato in una delle migliori squadre della Francia, mi divertivo molto e mi piaceva l'ambiente”. Poi, come capita a ogni ragazzino particolarmente dotato, ha dovuto scegliere. Aveva 11 anni quando ha optato per il tennis. “È stata dura abbandonare la pallamano, ma ho scelto il tennis perché in campo sei da solo, è una sfida che mi affascina”. Lo aveva scoperto per caso, quando era un bambino di tre anni e suo padre stava vedendo una partita di Rafael Nadal al Roland Garros. Ma c'era comunque l'Australia nel suo destino: la prima partita di cui ha memorie precise è la semifinale dell'Australian Open 2008, quando un suo connazionale (Jo-Wilfried Tsonga) ha rifilato una delle peggiori sconfitte allo spagnolo.

“Tifavo per Jo, ma Nadal era il mio idolo... Jo è stato una vera ispirazione, ho avuto modo di conoscerlo a abbiamo spesso parlato di mentalità. Anche se sono giovane, ho già avuto tanti infortuni: lui ha vissuto qualcosa di simile. Ne abbiamo parlato molto, è stato fantastico”. Sono trascorsi oltre 40 anni dall'ultimo Slam conquistato da un uomo francese, quel grande showman che risponde al nome di Yannick Noah. Ormai conclusa l'epopea dei Quattro Moschettieri del nuovo millennio (ulteriormente simboleggiata dall'uscita di Richard Gasquet dai top-100 ATP), adesso possono sognare di nuovo. Prima dell'Australian Open, il nome su cui puntare era Arthur Fils. E adesso? Forse qualcosa cambierà, a partire dalla percezione della stampa internazionale nei confronti di questo ragazzo che trasmette allegria e vitalità. “Quando siamo a Parigi, ci alleniamo spesso con Arthur e Luca. È una cosa positiva, ci spingiamo. Adesso lo loro sono più bravi di me”. I conti si faranno alla fine del percorso. Il duro lavoro paga sempre, come insegnava Kobe Bryant.