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IL PERSONAGGIO

Il più anziano di sempre in classifica ATP

Ricordato soprattutto per la sconfitta contro Roddick all'Australian Open 2003, Younes El Aynaoui è stato il simbolo di un Paese e – forse – di un continente. Oggi lavora nell'accademia di Djokovic, ha appena compiuto 50 anni e racconta come mai è ricomparso nel ranking ATP quando ne aveva 45.

Riccardo Bisti
8 ottobre 2021

Non ci fossero Lloyd Harris e Kevin Anderson, il tennis africano sarebbe in condizioni disperate, almeno in campo maschile. Tra le donne hanno trovato un'aspirante alle WTA Finals (Ons Jabeur) e la stella nascente di Mayar Sherif. In campo maschile, invece, si aggrappano ai due migliori tennisti sudafricani. Per il resto, l'Africa non riesce a produrre giocatori competitivi. L'egiziano Mohamed Safwat è numero 182 e non gioca da due mesi per problemi a ottenere visti di viaggio, mentre Elliot Benchetrit ha vinto ben poche partite da quando ha scelto di giocare per il Marocco. Per il resto, neanche un giocatore di livello. “In Marocco mancano i soldi, la crescita di un giovane è tutta nelle mani dei genitori. Intraprendere una carriera è molto rischioso, le famiglie preferiscono mandare i figli a scuola o al lavoro. In realtà ci sono giovani competitivi, ma una volta arrivati a 15 anni di età diventa tutto complicato. Mi spiace che ci sia un solo torneo ATP in tutta l'Africa. Guardo con invidia alla crescita dell'Asia, il nostro è l'unico continente che non riesce a svilupparsi”. Parola di Younes El Aynaoui, forse non il miglior tennista africano di sempre, ma di certo l'unico che può vantare un rapporto d'amicizia con il Re Mohammed VI, nonché l'unico che è stato nomimato modello di comportamento per la società del suo Paese.

Il sondaggio risale al 2003 (suo anno d'oro) e lo misero addirittura davanti al Primo Ministro e Hicham El Guerrouj, leggenda dell'atletica leggera. Difficile aspettarsi altro da un uomo che ebbe l'opportunità di crescere nell'accademia di Nick Bollettieri, laddove riuscì a mantenersi guidando i pulmini, pulendo la palestra e incordando le racchette altrui. In quei due ha imparato a stare al mondo come Dio comanda. Lo abbiamo visto da vicino quando si è aggiudicato il suo ultimo titolo, il Challenger di Chiasso nel 2008, in un ultimo tentativo di rientro ad alti livelli. Al termine di una finale-amarcord contro Alberto Martin, nel ringraziare tutti, si scusò con i raccattapalle: “Abbiate pazienza se noi giocatori, ogni tanto, siamo un po' str....”. Il marocchino ha da poco compiuto 50 anni ed è stato raggiunto dai tedeschi di Tennis Magazin per un'intervista amarcord, in cui ha fornito diversi spunti e raccontato un po' la sua attività post-ritiro. Ne valeva la pena, perché molti lo ricordano (a torto) solo per l'incredibile quarto di finale dell'Australian Open 2003, quando perse 21-19 al quinto contro Andy Roddick.

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«Guardo con invidia alla crescita dell'Asia, il nostro è l'unico continente che non riesce a svilupparsi» 
Younes El Aynaoui

Lo storico quarto dell'Australian Open contro Andy Roddick: nonostante la sconfitta, Younes El Aynaoui è ricordato soprattutto per quel match

“Quando parlo con qualcuno, quella partita è l'argomento numero 1 – racconta – sembra che abbiano notato solo quello, ma anche se ho perso mi fa piacere. Fu il quinto set più lungo in uno Slam prima di Isner-Mahut, ed è un ricordo fantastico. Erano i quarti, c'era l'atmosfera della sessione serale, avevo una buona chimica con Roddick....”. Quella partita ha tramutato El Aynaoui da fenomeno locale a personaggio globale. E finalmente smisero di confonderlo con James Blake. “Sapete una cosa? Tempo dopo, Roddick mi ha detto di essersi rotto un dito nel penultimo punto della partita (una volèe in tuffo larga di poco, ndr). Per scendere in campo in semifinale ha preso un antidolorofico, ma Schuettler ne ha approfittato”. Come a dire che, forse, in finale avrebbe potuto andarci l'ex bambino di Rabat, che oggi ha un figlio calciatore e risiede in Francia. “Dopo il ritiro ho trascorso molto tempo con i figli, mi sono diplomato cone maestro con la Federazione Francese, poi ho lavorato in Francia e in Qatar e adesso alleno presso l'accademia di Djokovic a Belgrado.

Lui è fantastico, perché trova il tempo di occuparsi della gestione dell'accademia. Io non ci riuscirei. Verifica come vanno le cose anche prima di una partita”. El Aynaoui è stato una leggenda dello sport marocchino e, forse, dell'intero continente africano. Nelle sue parole traspare una viva passione per il gioco (“Il tennis è come un virus, appena lo prendi non ti va più via”) e ricorda con gioia il periodo d'oro del tennis marocchino, in cui ha fatto parte di un trio fantastico con Hichan Arazi e Karim Alami. “Credo che sia stato un bene – racconta – abbiamo fatto conoscere il tennis e adesso c'è un discreto movimento. Abbiamo un torneo ATP sin dal 1984: prima si giocava a Casablanca, poi nel 2016 si è spostato a Marrakech”. Per ringraziarlo del suo infinito sostegno, gli hanno intitolato il Campo Centrale.

Vincitore di cinque titoli ATP, Younes El Aynaoui è stato numero 14 ATP nel 2003

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Allo Us Open 2003, El Aynaoui ha sconfitto Rafael Nadal nella prima partita ripresa dalle telecamere giocata da Rafa a New York

“Ho sempre adorato giocare in Marocco. Nel 1993 ho perso la finale a Casablanca con Perez Roldan, poi finalmente ho vinto il torneo nel 2002. Ho fatto ottime cose anche in Coppa Davis”. Ne sa qualcosa anche l'Italia, che nel 2003 perse proprio a Marrakech. “Quando giocavo in casa c'erano sempre circa 7.000 spettatori” ricorda El Aynaoui, che ancora oggi detiene un record piuttosto curioso: è l'uomo più anziano ad aver avuto un ranking ATP. Aveva 45 anni e mezzo quando si recò in Bahrein per un torneo ITF a Manama. Lavorava per la federtennis del Qatar e accompagnava alcuni ragazzi, ma quando lo video gli offrirono subito una wild card. “L'ho rifiutata perché non mi sembrava giusto togliere un posto a un ragazzo giovane, ma accettai di giocare le qualificazoni. Le ho passate, poi ho vinto una partita nel tabellone principale”. Il successo con Bernd Kosslen (ventidue anni più giovane di lui, all'epoca n.866 ATP) gli permise di prendersi gli ultimi titoli di giornale, poi da allora in pochi si sono ricordati di lui. Un po' perché ha scelto un basso profilo, un po' perché negli ultimi due anni il torneo ATP di Marrakech non si è giocato a causa della pandemia.

Meno di un mese fa ha compiuto 50 anni ed è bello ricordarlo, non fosse perché può essere una grande fonte d'ispirazione per un continente che non riesce a trovare un modo per emergere, nonostante gli importanti investimenti dell'ITF. Kevin Anderson è americano d'adozione, i genitori di Felix Auger Aliassime e Frances Tiafoe hanno dovuto abbandonare Togo e Sierra Leone per dare un futuro ai figli, e in Egitto è dura anche solo uscire dal Paese. Basti pensare che il vecchio Malek Jaziri è ancora oggi il quarto migliore africano nel ranking ATP. Per trovare il primo vero marocchino bisogna scendere addirittura al numero 666 ATP, laddove si trova il 26enne Adam Moundir. Qualche giovane c'è, ma sono tutti abbondantemente oltre i primi 1.000 ATP. Magari un giorno Younes El Aynaoui farà il suo viaggio di ritorno, mettendosi alle spalle la ricca Francia e la rampante Serbia, per dare una mano al Regno di Marocco. Sognare, in fondo, non costa nulla. Lui lo fece e ha finito per battere sia Federer che Nadal.