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LA STORIA

La pazza scelta di Benchetrit: diventare marocchino

Capita che un tennista cambi nazionalità, ma di solito avviene per convenienza. Non è il caso di Elliot Benchetrit: il n.223 ATP rinuncia ai privilegi del passaporto francese e giocherà per il Marocco, laddove è nato papà Didier. “È stata una scelta ponderata, ho bisogno di provare cose nuove”.

Riccardo Bisti
26 dicembre 2020

L'avventura poteva iniziare meglio, anche se da un ragazzo di 22 anni non ci si può aspettare un'attenta verifica delle citazioni. Con un post su Instagram, Elliot Benchetrit ha annunciato che dal 1 gennaio (pur continuando a restare francese) giocherà per il Marocco. “Spero che le vacanze siano andate bene e che siate pronti per il 2021 – ha scritto – per quanto mi riguarda, dal 1 gennaio ci sarà un grande cambiamento nella mia vita tennistica. Giocare per il Marocco, Paese di nascita di mio padre, sarà un onore! Rappresentare questo Paese in Coppa Davis e alle Olimpiadi lo sarà altrettanto. Rimango francese, ma sul campo da tennis giocherò con i colori del Marocco. Ringrazio la Francia per il suo aiuto e sostegno nella mia crescita, ma per fare un passo in più qualcosa deve essere cambiato”. Benchetrit chiude con una frase piuttosto nota: La vera follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi, attribuendola ad Albert Einstein. In realtà non era sua, così come non fu pronunciata né da Benjamin Franklin, Mark Twain o Rita Mae Brown.

Molto meno poeticamente, comparve in un documento dei Narcotici Anonimi, realizzato nel 1981. Poco importa. Semmai, impressiona la scelta di lasciare un Paese all'avanguardia per addentrarsi in una realtà ben più difficile. Nato il 2 ottobre 1998, Benchetrit è numero 223 ATP (lo scorso febbraio aveva messo il naso tra i top-200) ed era considerato tra i giovani francesi più interessanti. Il passaporto francese è uno dei migliori documenti possibili per un tennista. La FFT possiede risorse importanti, un Centro Tecnico all'avanguardia e organizza moltissimi tornei, che per un aspirante professionista è sinonimo di wild card e opportunità a costo zero. Benchetrit è stato numero 33 a livello junior e ha giocato a lungo sugli stessi livelli dei suoi migliori coetanei. Adesso, in effetti, è un po' in ritardo. Per dare una svolta alla sua carriera, ha scelto di accomodarsi nel Paese in cui è nato papà Didier, professione biochimico.

ASICS ROMA
"È una scelta matura, ci ho pensato a lungo. Il Marocco è il Paese di nascita di mio padre, i miei genitori potrebbero decidere di venirci ad abitare. Io ci sono andato di recente e mi è piaciuto molto"
Elliot Benchetrit
L'ascesa di Elliot Benchetrit aveva acceso l'interesse della TV pubblica francese

Ci rimetterà sul piano economico, ma sarà l'indiscusso numero 1 al di là del Mediterraneo. Dopo il ritiro di Younes El Aynaoui, Hicham Arazi e Karim Alami, il tennis marocchino è piombato in una crisi infinita. Pur mantenendo il locale torneo ATP (ex Casablanca, oggi Marrakech, unico evento del circuito a giocarsi in Africa), non produce più tennisti di livello. Ci sono appena sette marocchini nel ranking mondiale, guidati dal 25enne Adam Moundir (n.498). Gioca per il Marocco anche Lamine Ouahab (n.635 ma con un passato da 114), algerino di nascita diventato marocchino a fine 2013. Scenario desolante, in cui Benchetrit sarà il nuovo leader. Nel suo post, fa capire che per lui sarà bello giocare Olimpiadi e (quel che resta della) Coppa Davis. Ma davvero è l'unica ragione per spiegare il cambio di nazionalità? In effetti, da francese sarebbe stato molto difficile qualificarsi per Tokyo. Tuttavia, per Parigi 2024 c'è ancora molto tempo. Stesso discorso per la Davis: difficile trovare posto nell'immediato, ma sul medio termine avrebbe avuto ottime chance.

Attualmente è il 22esimo francese nel ranking ATP, ma soltanto Hugo Gaston e Corentin Moutet sono più giovani tra chi lo precede. E Ugo Humbert è suo coetaneo. Prendendo in prestito una frase fatta, sembra la scelta di chi privilegia l'uovo oggi alla gallina domani. Si potrebbe ironizzare, sostenendo che abbia preso questa decisione per far dimenticare un episodio che lo aveva visto protagonista lo scorso gennaio, durante le qualificazioni dell'Australian Open, quando chiese a una raccattapalle di sbucciargli una banana. Il giudice di sedia impedì l'operazione, sostenendo che la ragazzina non era la sua schiava. In realtà, il giocatore sosteneva di non essere in grado di farlo a causa delle vesciche e dei vistosi bendaggi alle mani. La vicenda è ricordata come Bananagate.

La scorsa estate, Benchetrit si è fatto valere all'Ultimate Tennis Showdown, esibizione organizzata da Patrick Mouratoglou
L'esordio Slam di Elliot Benchetrit risale al Roland Garros 2018, quando fu omaggiato di una wild card

Battute a parte, Benchetrit ha spiegato le sue ragioni ai microfoni di RMC Sport: “È una scelta matura, ci ho pensato a lungo. Il Marocco è il Paese di nascita di mio padre, i miei genitori potrebbero decidere di venirci ad abitare. Io ci sono andato di recente e mi è piaciuto molto”. Più interessante la riflessione in cui ammette di aver ricevuto parecchi aiuti dalla Francia. “Ma ho notato che per essere tra i top-100 devi avere il livello. Ho bisogno di un sostegno diverso e provare cose nuove. Olimpiadi e Davis? Progetti super interessanti. Parigi 2024, considerando che rimango francese, è l'obiettivo di una vita. La Davis è una manifestazione folle, l'ho giocata solo una volta con la nazionale giovanile. È stata un'emozione incredibile e spero di riviverla con il Marocco”. Sul piano tecnico, continuerà a farsi seguire da coach Jean Michel Pequery (n.180 ATP nel 2004), ma aggiungerà qualcuno al suo staff.

Insomma, è difficile capire quale sia stata la vera ragione, la molla che lo ha spinto ad abbracciare il Marocco. È comunque una decisione coraggiosa, perché scegliere un paese povero a discapito di uno ricco non è da tutti. E non c'è paragone con la marcia indietro di Aljaz Bedene, che qualche anno fa è tornato sloveno dopo averle tentate tutte per giocare in Davis con la Gran Bretagna. I regolamenti ITF lo hanno respinto, dunque ha scelto di tornare al Paese d'origine proprio in chiave olimpica. Ma nel suo caso c'è una carriera di discreto successo (e guadagni) alle spalle: il ritorno a casa aveva una semplice valenza funzionale. Per Benchetrit, invece, si tratta di un salto nel buio, una scommessa su se stesso. Un tentativo quasi folle. Per questo, meritevole di rispetto. E affascinante.