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LA STORIA

The African Brothers

Non era mai successo che l'Africa portasse due top-20 nella classifica mondiale giovanile. Il sudafricano (nero) Khololwam Montsi e l'ivoriano Eliakim Coulibaly ce l'hanno fatta. Vengono da famiglie povere e situazioni difficili, ma hanno un sogno. E sono ben decisi a inseguirlo fino alla fine.

Riccardo Bisti
21 luglio 2020

Certe storie hanno tutto per diventare favole. Magari resteranno un sogno, ma vale la pena raccontarle. Anche perché la passione può fare miracoli. E quella Khololwam Montsi sembra a prova di bomba. Il baby sudafricano, 17 anni, oggi è numero 13 nella classifica mondiale giovanile. Non sappiamo se si ripeterà tra i grandi, ma è già un risultato degno di nota. Molti lo prendevano in giro, quando diceva di voler diventare un tennista. Troppo piccolo, appena 1.65, per diventare qualcuno in un mondo di super-uomini. “Volevo dimostrare alla gente che si sbagliava – racconta – mi sono detto che avrei lavorato duramente ogni giorno. Batterò tutti quelli che posso. Se perdo, lavorerò ancora più duramente. Ma mi sento in missione”. La sua personale guerra gli ha già fruttato 7 titoli ITF. Lo scorso anno ne ha vinti sei, tre in Sudafrica e tre in Zimbabwe, mettendo insieme una striscia positiva di 28 partite. Come se non bastasse, prima del lockdown si è imposto agli African Junior Championships, giocati a Pretoria. Ma non è da solo. Accanto a lui c'è un altro colored a caccia di un sogno. Eliakim Coulibaly è stato il suo avversario nella finale di Pretoria, ha già messo piede a Wimbledon ed è n.22 ITF. Viene dalla Costa d'Avorio, paese senza alcuna tradizione tennistica. Verrebbe da dire sportiva, non ci fossero stati Didier Drogba e Gervinho.

Montsi e Coulibaly sono amici per la pelle e hanno già scritto un pezzetto di storia: non era mai capitato che due tennisti africani si trovassero contemporaneamente tra i top-20 Under 18. Il Sudafrica ha una grande tradizione, riaccesa dagli ultimi risultati di Kevin Anderson. Ma c'è una bella differenza: è bianco e risiede da anni negli Stati Uniti. Niente a che vedere con Montsi, nero. Per un bambino nero, giocare a tennis in Sudafrica è complicatissimo. Lui ha iniziato un po' per caso, perché la squadra provinciale di East London (sua città natale) aveva bisogno di un nero. Aiutato dal fratello maggiore Siphosothando, ha iniziato la sua avventura. Siphosothando ha tre anni più di lui, è stato tra i top-100 ITF ma adesso ha scelto la via del college. In questo momento frequenta il secondo anno dell'Università dell'Illinois. Anche per questo, Khololwam sente che la sua è una missione. “Ero il più forte tra gli Under 12 e mi sono sempre attribuito un valore per i miei risultati. Non mi sono mai sentito un development player”. Con questo termine, si intendono quei giocatori che usufruiscono del fondo di solidarietà ITF, con il quale vengono aiutati a svolgere attività i giovani più meritevoli, provenienti da paesi in via di sviluppo. “Siamo qui per una ragione, rappresentiamo gli altri neri e non ci sentiamo soli. Giocare con il supporto dei neri è davvero speciale”.

Lo status di tennista nero e sudafricano ha creato un certo interessa attorno a Khololwam Montsi

"In questo momento ci sono 80 tennisti africani con un progetto serio. Ma se fate un salto a Barcellona, ne troverete 5.000" Amine Ben Makhlouf

Da quando il tennis è stato aperto ai professionisti, pochissimi neri africani hanno raggiunto i top-100 ATP. Individuare il motivo è sin troppo facile: i soldi. Il tennis è costosissimo, e richiede risorse e strutture sconosciute a buona parte dei paesi africani. Alcune nazioni hanno poche decine di campi, costruiti in epoca coloniale e mai oggetto di ristrutturazioni o ammodernamenti. Per questo, l'ITF cerca di investire quanto può. Secondo Amine Ben Makhlouf, responsabile dello sviluppo, in questo momento ci sono 80 tennisti africani con un progetto serio. “Ma se fate un salto a Barcellona, ne troverete 5.000”. Ottanta contro migliaia: questi sono i fatti. Ma Montsi è pronto a scalare anche questa montagna. “Quando ho messo piede nel circuito ITF, gli altri ragazzi vedevano questo piccolo sudafricano con un solo coach al seguito... immagino che pregassero di affrontarmi al primo turno”. Ma appena ha mostrato le sue qualità, le cose sono cambiate. Molti gli hanno chiesto di allenarsi insieme. “Una volta, in Giappone, delle ragazze mi hanno visto giocare ed erano molto sorprese. Non erano abituate a vedere un nero giocare a tennis”.

Lo scorso gennaio, ha annusato per la prima volta il sapore del circuito: lo hanno convocato nel team sudafricano di ATP Cup. Non ha giocato, ma ha fatto esperienza prima di giocare l'Australian Open Junior (in cui ha perso al secondo turno). Ha conosciuto il suo idolo Nick Kyrgios e, soprattutto, si è portato a casa un carico di fiducia. “Proveniendo dall'Africa, non avevo mai potuto vivere qualcosa del genere. Il mio obiettivo è vincere uno Slam e diventare n.1 junior. Tra i grandi, mi piacerebbe chiudere l'anno tra i top-750”. Il COVID ha rallentato i suoi progetti, non certo l'entusiasmo. Il percorso di Coulibaly è ancora più emozionante. Molti anni fa, suo nonno era troppo povero per pagare la retta scolastica del padre. Con il cuore a pezzi, Coulibaly Sr si imbatté in un gruppo di ragazzi che giocavano a tennis. Si offrì come raccattapalle, cominciò a giocare ed è diventato un maestro. Oggi è l'allenatore di suo figlio. Ma è dura emergere dalla Costa d'Avorio: lo scorso anno, Coulibaly è uscito per la prima volta dall'Africa. Destinazione, guarda un po', l'Italia. Salsomaggiore, Prato, Santa Croce sull'Arno e Milano per il Trofeo Bonfiglio. Ha impiegato un po' ad adattarsi.

"Quando ho visto giocare alcuni ragazzi europei, mi sono domandato come avrei fatto ad affrontarli. Mi sembravano troppo forti. Anche se qualcuno sembrava alla mia portata, mi sono sempre detto che erano molto più bravi di me" Eliakim Coulibaly 

Un servizio della TV ivoriana dedicato a Eliakim Coulibaly

“Per me era un mondo completamente nuovo – racconta – quando ho visto giocare alcuni ragazzi, mi sono domandato come avrei fatto ad affrontarli. Mi sembravano troppo forti. Anche se qualcuno sembrava alla mia portata, mi sono sempre detto che erano molto più bravi di me”. E i rapporti interpersonali? Difficili. Molti erano gentili, ma altri gli ridacchiavano alle spalle. “Ma non ho perso il mio spirito combattivo: dovevo mostrare chi ero, combattere per quello che desideravo. Non mi sono preoccupato dell'assenza di sponsor. Se ce l'avevano loro, perché non avrei potuto ottenerne uno anch'io?” Detto, fatto. Ha portato a casa la prima vittoria contro un top-20 (Nicolas Alvarez Varona) e raccolto un piccolo sponsor. Come se non bastasse, i suoi risultati hanno avuto una certa risonanza in patria, al punto da regalargli una borsa di studio presidenziale. Gliel'hanno consegnata lo scorso febbraio, per interposta persona: lui non c'era, allora l'ha ritirata mamma Josiane.

Un milione e mezzo di franchi ivoriani (circa 2.300 euro) che lo aiuteranno a pagarsi l'attività e trasferirsi in Francia, lasciando il Centro ITF in Marocco dove per anni ha vissuto insieme ai migliori baby africani. Sia Montsi che Coulibaly hanno ottenuto i 25.000 dollari messi a disposizione dall'ITF Grand Slam Development Fund. “Sono orgoglioso delle mie radici – racconta – se vieni dall'Africa e riesci ad avere successo, significa che non sei una persona limitata. Sai cosa vuoi, sei un adulto”. Quattro anni fa, Montsi e Coulibaly hanno condiviso una stanza d'albergo in Tunisia. Sognavano a occhi aperti, dicendo che un giorno avrebbero giocato il doppio in tutti gli Slam, e che il mondo li avrebbe chiamati The African Brothers. Il percorso è segnato, il sogno è ancora vivo. “Adesso ci guardiamo negli occhi e diciamo: “Siamo tra i top-20, ti rendi conto? All'epoca non eravamo neanche tra i primi 200. Gli ho sempre detto che dovevamo semplicemente crederci”. Ma il difficile viene adesso.

Eliakim Coulibaly ha potuto conoscere Gael Monfils, uno dei più forti tennisti neri in circolazione