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IL CASO

Che fine ha fatto il progetto PTPA?

Nove mesi fa nasceva la Professional Tennis Players Association. Tante parole, nomi importanti coinvolti, ma anche l'opposizione dello status quo. A oggi non è stato partorito nulla. C'è difficoltà nel trovare una causa comune, come invece era accaduto negli anni 70.

Riccardo Bisti
27 maggio 2021

Non credo che si rendano conto di quanto lavoro sia necessario”. Talvolta Billie Jean King gode di sovraesposizione mediatica, ma stavolta il suo parere è molto prezioso. Fu lei (insieme ad altre otto giocatrici) a dare battaglia affinché il tennis femminile si radunasse in un circuito. Dai e dai, le Original Nine vinsero la loro battaglia con la nascita della WTA. “È un lavoro molto noioso. Avevamo le riunioni alle 4 di notte, dopo aver finito di giocare”. Da allora è passato mezzo secolo e nove mesi non sono bastati per dare concretezza al progetto PTPA (Professional Tennis Players Association). Lo scorso agosto, i fondatori e gli affiliati si sono radunati sul Grandstand di Flushing Meadows per una foto che avrebbe dovuto simboleggiare l'inizio di un progetto rivoluzionario: i giocatori avrebbero dovuto avere più voce in capitolo sugli aspetti gestionali del tennis, a partire dalla suddivisione del paio di miliardi di fatturato complessivo. Non sappiamo cosa succederà in futuro, ma oggi si può sostenere che la montagna ha partorito un topolino. La PTPA vorrebbe rappresentare i primi 500 singolaristi e i primi 200 doppisti, con l'obiettivo che tutti possano guadagnarsi da vivere dignitosamente con il tennis. Per riuscirci, tuttavia, c'è bisogno di tante riunioni e forte impegno.

Dopo l'Australian Open, i due cofondatori Novak Djokovic e Vasek Pospisil non si sono mai incrociati. Il serbo ha giocato solo tre tornei, il canadese è sparito dal circuito dopo i fatti di Miami. È andato a Necker Island per giocare col miliardario Richard Bronson, tornerà nel circuito per i tornei sull'erba. Proclami a parte, cosa è stato fatto di concreto? Prima dell'Australian Open, Djokovic ha scritto una lettera agli organizzatori chiedendo un trattamento migliore per i tennisti sottoposti a quarantena. Paradossalmente, lo ha fatto mentre godeva di maggiore libertà ad Adelaide (non per colpa sua). La maggior parte del dibattito si sviluppa su Twitter, laddove i pensieri si radunano nell'hashtag #playersvoice. Le parole vanno bene, ma poi servono i fatti. “Twittare non è organizzare” dice Billie Jean King. Proprio mentre lei si batteva per creare la WTA, c'è stato il più grande boicottaggio nella storia del tennis. 80 dei migliori giocatori (compreso il campione in carica Stan Smith) non giocarono Wimbledon in difesa di Nikki Pilic, estromesso dall'ITF per non aver risposto a una convocazione in Coppa Davis. Al giorno d'oggi, lo scenario sembra irripetibile.

ASICS ROMA
"Se i tennisti fossero disposti a correre il rischio di perdere qualcosa, potrebbero davvero controllare lo sport. Ma sono disposti a farlo?"
Donald Dell

Vasek Pospisil riassume il progetto PTPA nel podcast di Tennis Magazine USA

“Se i tennisti fossero disposti a correre il rischio di perdere qualcosa, potrebbero davvero controllare lo sport – dice Donald Dell, uno dei fondatori dell'ATP – ma sono disposti a farlo?”. A nove mesi dal lancio del progetto, il New York Times ha chiesto qualche aggiornamento. Il clan Djokovic non ha risposto, mentre Pospisil (che si sta riprendendo da un infortunio alla schiena), ha detto che è in corso la costruzione delle fondamenta. “Speriamo che ci sia un lancio entusiasmante entro fine estate”. Non ha però dato dettagli sulle fonti di finanziamento, sulle persone coinvolte e sulle strategie per non farsi travolgere dagli altri organi di governo, i quali vedono la PTPA come una minaccia. “Poi ha interrotto l'intervista e ha rifiutato ogni richiesta per svolgerne un'altra” ha scritto Matthew Futterman. PTPA prevede di coinvolgere anche le donne, ma non si sa in quante abbiano aderito. In primavera, era circolata voce che il braccio operativo fosse Tara Moore, ma che stesse faticando a trovare adesioni.

Insomma, la missione – lodevole nelle intenzioni – dovrà superare parecchi ostacoli. La natura del tennis non aiuta: si gioca tutto l'anno, in ogni parte del mondo, e i migliori si radunano soltanto quattro volte all'anno, in occasione dei tornei del Grande Slam (o subito prima). Questi giorni pre-Roland Garros sarebbero stati una ghiotta occasione, ma Djokovic ha preferito giocare il torneo di casa a Belgrado, mentre Pospisil non andrà neanche a Parigi. Quando sbarcherà a Bois de Boulogne, il serbo sarà troppo impegnato (giustamente) nelle questioni tecniche. Secondo Cliff Drysdale, primo presidente ATP, l'unico modo per avere successo è trovare una causa comune per cui combattere. Non è così facile, soprattutto quando c'è una naturale spaccatura (leggasi: diverse priorità) tra i top-players e tutti gli altri. A suo tempo, Billie Jean King aveva calvacato il desiderio di avere parità di trattamento con gli uomini. Per Drysdale, la chiave fu la solidarietà a Pilic. “Era giunto il momento di avere libertà dalle federazioni nazionali: non c'era un solo giocatore che non fosse d'accordo”.

Vaek Pospisil non gioca dal torneo di Miami, quando fu al centro di una forte polemica 

Le "Original 9" lottarono duramente per garantirsi parità di trattamento con gli uomini

L'iniziativa ebbe successo: i tennisti dimostrarono di essere pronti a rinunciare al torneo più prestigioso ed ebbero in cambio la loro libertà, concretizzata in un 50% di rappresentanza del Consiglio d'Amministrazione ATP. Il sindacato ha poi preso in mano il circuito nel 1990, ma trent'anni dopo i tornei sono ancora restii a condividere certe informazioni, soprattutto quelle finanziarie. A suo tempo, Billie Jean King era proprietaria di alcuni tornei, aveva un mix tra cultura ed esperienza e poteva negoziare da pari a pari. Oggi i giocatori non hanno tempo, voglia e forse nemmeno la capacità per fare altrettanto. I dirigenti riconoscono che la fetta destinata ai tennisti non è nemmeno vicina al 50% che invece finisce nelle tasche degli atleti di diverse leghe nordamericane (NBA, NFL, NHL), senza contare che la natura degli sport di squadra consente loro di non pagare viaggi, alloggi e pasti. Allo stesso tempo, va detto che i tennisti godono di maggiore indipendenza e possono gestirsi liberamente.

Il duo Djokovic-Pospisil ha ripetuto decine di volte il loro obiettivo: garantire ai tennisti un ruolo attivo nel processo decisionale, in modo da garantire buoni guadagni anche ai tennisti di livello inferiore. È possibile che i top-players non siano entusiasti all'idea di intascare meno soldi per aiutare chi si trova fuori dai primi 100. Senza dimenticare il malcelato fastidio con cui gli uomini vivono le richieste di uguaglianza delle donne. Anche per questo, la ventilata fusione tra ATP e WTA sembra destinata a rimanere una fantasia, almeno per ora. “Gli uomini hanno la percezione che, unendosi alle donne, debbano rinunciare a qualcosa – riconosce BJK – ma la verità è che i tornei combined sono più preziosi”. Difficoltà nel rapportarsi con i dirigenti, qualche divisione interna e problemi nel trovare un Grande Obiettivo Comune: ecco i principali ostacoli al progetto PTPA. Non sappiamo se Djokovic, Pospisil o chi per loro riuscirà nell'impresa. Ma ci sentiamo di dire che Billie Jean King ha ragione. Sarà un lavoro molto, molto noioso.