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LA STORIA

Boris is geil

Boris Becker è un uomo libero. Sfruttando le scappatoie della legge britannica, ha lasciato la prigione di Huntercombe ed è già in Germania. La sua storia sarà raccontata in un documentario di Apple TV+. “Ho toccato il fondo, ma non scapperò” diceva prima della condanna. 

Riccardo Bisti
15 dicembre 2022

40-0. 40-15. 40.30. Deuce. Advantage be-be-be-Becker. Boris is ge-ge-ge-geil. Boris is ge-ge-ge-geil.
Bruce Hammond Earlam e Douglas Wilgrove erano due militari britannici di stanza in una base NATO in Germania, nel cuore degli anni '80. Avevano una passionaccia per la musica. In quel periodo spopolava l'austriaco Falco con la sua Rock me Amadeus. La passavano continuamente al juke box, al punto che i due pensarono bene di creare un duo (Bruce & Bongo) e incidere un pezzo con le stesse onde sonore, ma che fosse una provocazione, se non una presa in giro. Aiutati dall'alcol (che non mancava mai), produssero una delle hit più ricordate di quegli anni: Geil, appunto, che in tedesco può significare cool, figo, spettacolare, ma anche arrapato, nel senso più dispregiativo del termine.
Sull'equivoco semantico ci hanno fatto una fortuna, anche se poi il successo di quel pezzo non si è ripetuto. Ancora oggi vengono ricordati come One Hit Wonder, ovvero artisti che hanno avuto fortuna con un'unica canzone.
È probabile che Geil abbia avuto così tanto successo (Italia compresa, al punto da farli sbarcare al Festivalbar) perché hanno menzionato, nello stralcio citato a inizio articolo, un'icona della Germania di quegli anni, Boris Becker. Nel videoclip, un trionfo di trash, si vede persino una persona che accende un cero all'immagine del tennista, raffigurato come se fosse una divinità.

Chissà se in questi sette mesi e mezzo dietro le sbarre, travolto da indesiderato tempo libero, Boris Becker ha ascoltato questa canzone. C'è tanto di simbolico: due inglesi che vivono in Germania e fanno successo con il trash, mentre lui – tedesco residente (e poi detenuto) in Gran Bretagna - a causa di una condotta esistenziale trash ha vissuto l'umiliazione del carcere, peraltro a pochi chilometri da cui era diventato leggenda, il Centre Court di Wimbledon. Perché Boris Becker è stato un campione, certo, ma soprattutto un'icona. Il suo palmares è spettacolare ma non leggendario. Sei Slam, 49 titoli, appena dodici settimane in vetta.
In tanti hanno vinto più di lui, però Boris ha avuto quel mix tra forza scenica e personalità che viene solitamente sintetizzato con una parola: carisma. Durante i suoi anni d'oro, i giornalisti dicevano che era incredibilmente interessante parlare con lui, perché aveva un punto di vista su qualsiasi argomento. Ma non frasi buttate lì, bensì opinioni argomentate. D'altra parte è sempre stato un antesignano: prima ha vinto Wimbledon quando era in età da foglio rosa, poi ha sfidato una società che non era ancora pronta a certe cose quando ha sposato Barbara Feltus, (splendida) modella di colore, in un Paese laddove la suggestione per la razza ariana non era del tutto sfumata. Oggi, per fortuna, un'unione del genere non farebbe notizia. Allora fu così.

Si dice che Boris Becker incassò 250.000 euro per rendersi ridicolo in questa apparizione TV del 2013

ASICS ROMA
«Ho raggiunto il punto più basso della mia vita e non so come affrontarlo. Ma non mi nasconderò e non scapperò» 
Boris Becker, 27 aprile 2022

"Geil", la canzone-cult del 1986 che menziona Boris Becker

Ha sempre vissuto pericolosamente, Boris Becker. L'aneddotica è infinita e non vale la pena ricordarla, specie nel primo giorno di libertà dopo sette mesi di carcere per reati contro il patrimonio. Investimenti sbagliati lo avevano portato a dichiarare bancarotta nel 2017: umiliante, ma niente di illecito. Il problema è che Becker si era abituato a un tenore di vita particolarmente elevato e non è riuscito a farne a meno. Allora ha iniziato a occultare beni e ricchezze per evitare di girarli al curatore fallimentare. Purtroppo per lui l'hanno beccato, anche se è onesto ricordare che è stato condannato per soli quattro capi d'imputazione su ventiquattro. Ma la giustizia britannica non scherza, così lo scorso 29 aprile lo hanno condannato a due anni e mezzo di reclusione, di cui almeno la metà da scontare dietro le sbarre. Le immagini della camionetta che lo trasportava dal tribunale alla prigione hanno fatto il giro del mondo, diventando una delle immagini-simbolo della sua vita. La prima risale al 1985, quando alzò le braccia al cielo per celebrare il suo primo titolo a Wimbledon. Di quel 7 luglio 1985 c'è una foto passata alla storia, una delle sue prime volèe in tuffo, poi diventate un marchio di fabbrica. Chi avrebbe mai pensato che, ventotto anni dopo, la stessa persona comparisse durante uno spettacolo TV su RTL con in testa un fiocco e un paio di scacciamosche? Quell'immagine divenne il simbolo della sua caduta, già simboleggiata da problemi con le donne e con i soldi. A tendergli una mano era stato nientemeno che Novak Djokovic. In piena moda da supercoach, il serbo scelse di affiancarlo a Marian Vajda, nonostante Becker non avesse esperienza. È andata benissimo: nel triennio con Djokovic, al di là di un fisico a pezzi, Becker lo ha aiutato nel vincere sei Slam e sotto la sua guida abbiamo visto una delle migliori versioni di Nole, quella del 2015. È finita per i capricci di Djokovic, affascinato dalle teorie Amor y Paz del guru Pepe Imaz, che mal si sposavano col pragmatismo beckeriano.

Pochi mesi dopo è arrivata la notizia della bancarotta, che però non gli avrebbe tolto la dignità di uomo libero. E una gestione più accorta della sua vita gli avrebbe evitato l'ultima immagine-simbolo della sua vita. I consulenti di Apple TV+ hanno pensato bene di farla uscire nelle stesse ore in cui Becker usciva dal carcere. Il colosso fondato da Bill Gates ha realizzato un documentario su Becker, in due puntate, in uscita prossimamente, di cui è stato rilasciato il trailer. Si vede un Becker distrutto, con gli occhi rossi, segnati dalle lacrime, in un'intervista crudelmente realizzata lo scorso 27 aprile, due giorni prima della condanna. “Ho raggiunto il punto più basso della mia vita – dice un Becker disperato – non so come affrontarlo. Ma non mi nasconderò e non scapperò. Oggi è mercoledì, venerdì conoscerò il resto della mia vita”. Quel venerdì è iniziato con fotografi e telecamere ad accoglierlo all'ingresso del tribunale, è terminato nella famigerata prigione londinese di Wandsworth, destinazione un po' troppo crudele per i reati di cui si è macchiato. Per fortuna lo hanno capito e lo hanno spedito in un penitenziaro più tranquillo, a Huntercombe. Da lì dentro sono filtrate buone notizie: Becker si è distinto come detenuto modello, si è dedicato a yoga e fitness e gli hanno anche permesso di tenere corsi per gli altri detenuti. Da fuori, il suo avvocato Christan Oliver-Moser lavorava per la scarcerazione: missione compiuta. La legge inglese prevede che un detenuto debba scontare almeno la metà della pena in carcere. Come detto, nel caso di Becker sarebbero stati quindici mesi. Tuttavia esiste un programma riservato agli stranieri, il cui obiettivo è svuotare le affolatissime carceri britanniche. Il rilascio può avvenire fino a dodici mesi prima della scarcerazione: Becker ha dunque passato sette mesi e mezzo in prigione, dimezzamento della pena detentiva, e nella mattina di giovedì 15 dicembre ha ritrovato la libertà, salvo poi essere spedito in Germania.

Il periodo migliore nella storia recente di Boris Becker sono stati i tre anni alla guida di Novak Djokovic

Il trailer del documentario Apple su Boris Becker

Molti media pensavano che sarebbe uscito mercoledì, creando un po' di confusione. Qualcuno ha scritto che sarebbe atterrato a Monaco di Baviera a bordo di un jet privato noleggiato da Air Hamburg, poi si era diffusa la notizia che il volo era stato dirottato su Oberpfaffenhofen (piccolo aeroporto bavarese, laddove sorge il centro aerospaziale tedesco) a causa del maltempo, infine è emerso che Becker non era a bordo. Era nella lista dei passeggeri, ma su quell'aereo non è mai salito. Forse è stato un depistaggio per evitare una massa di curiosi e giornalisti, perché Becker – sebbene abbia 55 anni e abbia giocato la sua ultima partita nel 1999 – è ancora una leggenda nel suo Paese. Non a caso hanno girato un film su di lui (che ha generato qualche polemica) e i media hanno coperto in tempo reale la vicenda della sua scarcerazione. In Germania non sarà soggetto a misure restrittive, quindi sarà libero a tutti gli effetti. Salvo deroghe, tuttavia, non potrà tornare in Gran Bretagna fino a quando non avrà scontato la pena (fine ottobre 2024). Non un dettaglio, visto che risiede a Londra da tempo, così come i figli e l'attuale compagna. Ma anche in Germania avrà i suoi problemi: qualcuno sostiene che non abbia saldato tutti i suoi debiti, e la procedura di insolvenza si applica anche nel suo Paese natale. Significa che i suoi futuri partner commerciali dovranno pagare il curatore fallimentare e non Becker, anche se potrebbe aver siglato un accordo che gli consenta di mantenere parte del suo reddito futuro, un sistema per motivarlo a continuare a lavorare.

Gli esperti sostengono che potrebbero esserci ulteriori scappatoie per trattenere più denaro. Esempio? Se la compagna o qualche familiare fondasse un'azienda e lo assumesse, potrebbe poi sfruttarne l'immagine e intascare formalmente il denaro dei futuri contratti. Tuttavia, dopo quello che ha passato, c'è da credere che l'ex Bum Bum eviterà manovre meno che trasparenti. Ma state certi che sentiremo ancora parlare di Boris Becker. Intanto vedremo il documentario (di cui non si conosce ancora il titolo), diretto dal regista Alex Gibney, già premio oscar con Taxi to Hell e che aveva realizzato il noto The Armstrong Lie. Il documentario sarà il frutto di tre anni di accesso esclusivo a Becker, comprese le interviste a vari personaggi del tennis (McEnroe, Borg, lo stesso Djokovic e l'ex rivale Michael Stich). Ma non finirà qui: qualche guardone di professione ha notato il presentatore Steven Gatjen fuori dalla prigione, in compagnia di Lilian de Carvalho Monteiro, compagna di Boris: pare che l'emittente Sat 1 possa pagare mezzo milione di euro per realizzare un'elaborata storia di Becker, ovviamente condita da un'intervista esclusiva. Adesso Boris è di nuovo libero e chissà che il tennis non possa essere la sua fonte di salvezza, come quarant'anni fa fu il passepartout per ricchezza e popolarità. Dopo aver rappresentato la massima volgarità della parola geil, adesso Becker ha la possibilità di ritrovare il senso più nobile del termine. Glielo auguriamo.