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IL CASO

"Basta giudici di linea, vogliamo la tecnologia!"

Alcuni episodi vissuti al Roland Garros potrebbero intensificare l'utilizzo della tecnologia, magari con l'introduzione del VAR e l'uscita di scena dei giudici di linea. Non ci sono controindicazioni, se non il costo di determinate attrezzature. Ma dovrebbe essere solo una questione di tempo...

Riccardo Bisti
8 ottobre 2020

Ne ha parlato anche Novak Djokovic: per questo, l'argomento della tecnologia nel tennis è sempre più attuale. Sempre più importante. Nel corso del Roland Garros, il numero 1 del mondo ha auspicato la scomparsa dei giudici di linea a favore di un utilizzo sempre più frequente dei supporti digitali. “Con tutto il rispetto per la tradizione e la cultura del nostro sport, oggi la tecnologia è talmente avanzata che in questo momento non c'è più bisogno di utilizzare i giudici di linea”. La frase può sembrare interessata, visto che la sua pallata verso una giudice di linea gli è costata la squalifica a New York, ma in realtà il dibattito va avanti da un po'. E si è acceso ancor di più quando – a causa del COVID – al Western & Southern Open e allo Us Open i giudici di linea sono stati quasi interamente sostituiti da occhio di falco. Se il torneo di preparazione è stato interamente digital, allo Us Open hanno mantenuto i giudici in due campi su tredici. Oggi Djokovic sostiene che il sistema debba essere esteso a tutti i tornei.

In tanti la pensano come lui: Dominic Thiem, Stefanos Tsitsipas, Denis Shapovalov e Casper Ruud. Il parere degli ultimi tre è importante perché sono giovani in ascesa, la cui opinione avrà sempre più peso e valore. Ritengono che occhio di falco debba essere utilizzato anche al Roland Garros, sulla terra battuta. Sulle altre superfici l'utilizzo di Hawk Eye è ormai scontato, mentre sul rosso fa ancora fede il segno lasciato dalla palla. Abbiamo visto, tuttavia, come non sempre arbitri e giocatori siano della stessa opinione. Occhio di Falco ha un margine d'errore di 3,7 millimetri, ma pare che sano riusciti a ridurlo a 2. “Non capisco perché non venga utilizzato ovunque – dice Tsitsipas – si tratta di una giusta innovazione. Dobbiamo continuare a rendere il tennis uno sport più equo”. Shapovalov ha condiviso sui social una chiamata sbagliata quando era a due punti dal successo contro Carballes Baena: con occhio di falco, si sarebbe aggiudicato il punto e sarebbe andato a matchpoint. “Quando ci decideremo a metterlo anche sulla terra?” ha esclamato.

"Sento finalmente gli effetti di tutto quello che ho fatto durante il lockdown. Posso giocare tre, quattro o cinque set come se niente fosse" Diego Schwartzman
Casper Ruud, vittima di un errore arbitrale, invoca Hawk Eye anche sulla terra battuta

In realtà, qualcosa si muove. A inizio stagione, l'ATP aveva adottato in via sperimentale la verifica elettronica in tre tornei, affidandosi alla società spagnola Foxtenn, il cui sistema adotta una tecnologia diversa: non la ricostruzione virtuale della traiettoria, bensì il rimbalzo reale. In questo modo, la Volpe promette di azzerare il margine d'errore. Foxtenn utilizza quaranta telecamere ad alta velocità dislocate in angoli strategici del campo, contro le dieci utilizzate da Hawk Eye. La sperimentazione è iniziata col torneo ATP di Rio de Janeiro, poi è arrivato il lockdown. “Io ero presente ed è andata molto bene, spero che possa essere utilizzato in tutti i tornei sulla terra sin dall'anno prossimo” ha detto Dominic Thiem. C'è poi chi si spinge ancora più in là, ipotizzando un utilizzo tipo VAR delle immagini televisive, come accade nel calcio. La prova TV può essere utile per i falli di piede, le invasioni di campo, i doppi rimbalzi e altre situazioni al limite. Il sistema è stato sperimentato alle Next Gen Finals e all'ATP Cup. “Sarebbe fantastico introdurre qualcosa del genere nel tennis – ha detto Kristina Mladenovic – perché impedirebbe situazioni tristi come quella che ho vissuto io”. L'allusione è al doppio rimbalzo sul setpoint contro Laura Siegemund.

Il filmato ha evidenziato come la tedesca abbia intercettato una sua smorzata quando la palla aveva già effettuato il secondo rimbalzo. Uno dei personaggi più attenti all'innovazione è l'ex tennista Jean-Francois Caujolle, oggi direttore dell'Open 13 di Marsiglia, uno dei primi ATP 250 ad affidarsi a occhio di falco. “Dobbiamo ridurre a ogni costo le ingiustizie, o il sentimento di ingiustizia – dice – il nostro compito è avvicinarci il più possibile alla verità. Se questa passa attraverso la tecnologia, va bene così. Elimina ogni controversia. Quanto al VAR, è un problema di interpretazione: prima c'è la decisione dell'uomo, poi della macchina”. Ex numero 71 ATP, non dimentica quando un paio di chiamate controverse hanno compromesso la sua impresa contro Jimmy Connors al Roland Garros. Si trovava in vantaggio 6-3 6-2 5-2 e finì col perdere. Ancora oggi, si domanda come sarebbe andata a finire se la tecnologia gli avesse dato una mano.

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Occhio di Falco sulla terra battuta? L'interessante opinione di Illya Marchenko

“Non voglio che venga eliminata la vocazione all'arbitraggio – prosegue – possiamo mantenere i sistemi tradizionali fino ai tornei Challenger, salvo poi adottare la tecnologia in modo generalizzato nei grandi tornei”. La spinta verso la tecnologia è alimentata anche da una campionessa del passato come Chris Evert. “Ci sono state diverse valutazioni sbagliate sulla terra rossa: quando la palla atterra nei pressi della linea, questa è stata spazzolata e non si capisce bene se è stata toccata – ha detto – è molto difficile fare una valutazione. Gli errori ci sono e li stiamo vedendo sempre di più, anche grazie alla tecnologia. Per questo penso che andrebbe introdotta”. Un po' più diplomatica la visione di Tim Henman, che apprezza la tecnologia ma preferirebbe mantenere un sistema di “challenge” piuttosto che una dipendenza totale dai macchinari.

In sintesi, quello che accade adesso sulle altre superfici: se un tennista ha dei dubbi, può chiedere l'intervento di occhio di falco e ha a disposizione tre errori per ogni set. “Non mi piace che tutto venga chiamato elettronicamente, mi piace l'idea che il giocatore abbia a disposizione la tecnologia ma rifletta su quando sia opportuno utilizzarla. Però il concetto mi piace, la palla viaggia molto veloce e quindi è bene farsi aiutare da una macchina. Tuttavia, manterrei l'utilizzo 'a chiamata'”. Il processo sembra irreversibile, perché la tecnologia è in grado di mettere tutti d'accordo. L'unico problema riguarda i costi e le tempistiche: c'è da credere che il tempo abbatterà i costi, e allora il destino dei giudici di linea sarà inevitabilmente segnato. Ed emergerà un VAR in salsa tennistica. Qualsiasi opposizione al progresso, almeno in questo senso, sembra quantomeno anacronistica.