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TENNIS ITALIANO

Matteo Berrettini è tornato?

Dopo sette mesi di inattività, l'azzurro ha raggiunto la finale al ricco Challenger di Phoenix, persa contro Nuno Borges. La notizia migliore è che ha giocato 11 ore e 23 minuti senza avvertire particolari fastidi. Il livello tecnico non è ancora ottimale (soprattutto nei suoi colpi base, servizio e diritto) ma i segnali sono incoraggianti.

Antonio Sepe
17 marzo 2024

Alla fine c’è perfino delusione in Matteo Berrettini dopo la finale persa nel Challenger di Phoenix, uno dei più ricchi e qualificati della stagione e che ha segnato il suo rientro in campo dopo il ritiro al secondo turno dello US Open dello scorso anno, un’infinità di infortuni e tanti cambiamenti nel suo staff, dal coach (Francisco Roig) alla ex fidanzata (Melissa Satta). La notizia più attesa è che Berrettini ha giocato cinque match per 11 ore e 23 minuti senza avvertire particolari fastidi. Anzi, nei primi tre ha sempre recuperato lo svantaggio di un set, ha battuto tre top 100 (tra i quali Arthur Cazaux, giovanotto francese in grande crescita e che vale ben oltre il numero 77) e si è arreso in finale a Nuno Borges, già capace di raggiungere gli ottavi a Melbourne: in un rollercoaster di opportunità, questa volta a Matteo è stato fatale un tie-break, dopo che ne aveva vinti quattro consecutivi tra quarti e semifinale: 7-5 7-6, con un nastro beffardo che gli ha impedito di servire per il set nel secondo set ma buone sensazioni, come ha confermato lui stesso: «Sono migliorato match dopo match e sono contento di essere di nuovo in campo. E poi primo torneo e subito finale...».

In effetti, nemmeno il più ottimista dei suoi tifosi avrebbe osato sperarci dopo il primo set perso contro Hugo Gaston all’esordio. Poi la prima rimonta, seguite da altre due (contro Cazaux e Atmane), in un tris di francesi niente male. Poi la semifinale contro Vukic, disputata poco dopo le due ore e 53 minuti passate in campo contro Atmane a causa della pioggia che ha rivoluzionato il programma del torneo. Si temeva perfino un ritiro da parte di Berrettini per non rischiare un sovraffaticamento, invece ha vinto altri due tie-break, tornando a meritarsi una finale che mancava dall’ATP 250 di Napoli del 2022.

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I giorni che Matteo Berrettini ha trascorso lontano dai campi a causa di un infortunio rimediato nel match di secondo turno dello US Open contro il francese Rinderknech. Sono ben 511 invece i giorni trascorsi dall’ultima finale raggiunta, nel torneo di Napoli nel 2022.

Però l’aspetto più importante è valutare le condizioni del (quasi) 28enne romano. C’è chiaramente ancora tanta ruggine da smaltire. Dopo mesi di convalescenza non si poteva sperare di rivedere quello della finale di Wimbledon 2021, come lui stesso ha ammesso: «So che posso giocare meglio di così, ma non importa: ciò che contava era lottare». Soprattutto, Matteo è apparso meno incisivo con il servizio, benché sia sempre rimasto sopra il 70% di punti vinti con la prima. Però ha ceduto 13 volte il servizio (in 67 turni, uno ogni cinque) perché ci sono stati veri black out, come negli ultimi game del primo set della finale. Anche il dritto è parso meno esplosivo, mentre col rovescio è sempre più conservativo, prediligendo il back che aiuta a cambiare ritmo allo scambio ma rischia di diventare una soluzione troppo difensiva, soprattutto quando cresce il livello degli avversari. Certo, è un colpo che negli anni ha migliorato notevolmente e che speso gli consente di rallentare il gioco per cercare di spostarsi appena possibile sul dritto; però non è Dimitrov e se finisce col rincorrere diventa molto meno competitivo.

Di contro, pur con una condizione atletica che non può essere ottimale, ha mostrato un atteggiamento notevole, capace di lottare su ogni punto e in ogni situazione di punteggio («Roig è stato tanti anni al fianco di Rafa Nadal e mi può insegnare cosa significa lottare!» ha detto con un sorriso il romano). Non è affatto scontato per un tennista ancora giovane, ma che era abituato a palcoscenici diversi. L'impressione è abbia un sano desiderio di tornare a buoni livelli, anche se è presto per ipotizzare fin dove sarà possibile. «Ho lavorato tanto in questi sette mesi in cui non ho potuto giocare. Ho attraversato tanti momenti tristi e penso che questo mi abbia aiutato a ritrovare la giusta energia. Ora mi sto semplicemente godendo ogni momento in campo» ha detto l’azzurro.  

Nonostante la sconfitta in finale, il bilancio di questa settimana è ampiamente positivo. Ora arriverà la parte di stagione meno favorevole a Berrettini, quella sulla terra rossa, dove spesso ha faticato anche nei giorni migliori. Però sarà essenziale accumulare match, recuperare una condizione sempre migliore e ritrovare le giuste sensazioni. In attesa di giugno, quando il tour si sposterà sui prati. A quel punto si potrà capire se davvero The Hammer in back.